⚓9⚓ Anime pure

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Arthit

Vent'anni tra luci e ombre, vent'anni stretto tra le mura gelide e le onde del mare. Cinque erano gli anni di cui si serviva quella maledizione prima di punire un'altra vita, così alle prime luci dell'alba dell'equinozio o del solstizio un'altra anima veniva divorata dalle onde, una sorte che un tempo aveva colpito anche la mia famiglia e di cui ero rimasto vittima...

Il mare e la sabbia le conducevano a me, prima di lei era toccato ad altre anime pure, ma quegli occhi azzurro terso non li avrei mai dimenticati, lì nel suo sguardo si specchiava il cielo e le sue striature lattee.

I suoi piedi scalzi correvano senza sosta lungo la sabbia scottante, un piccolo vestito con ricami bianchi e verdi si liberava nel vento così come alcuni dei petali che adornavano i suoi boccoli ricci

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I suoi piedi scalzi correvano senza sosta lungo la sabbia scottante, un piccolo vestito con ricami bianchi e verdi si liberava nel vento così come alcuni dei petali che adornavano i suoi boccoli ricci. Il suo sguardo era rivolto verso il promontorio e i suoi pensieri erano immersi tra i piccoli granelli di sabbia, finché in lontananza non sembrò vedere qualcuno. Una dolce donna le veniva in contro con le braccia spalancate e pronta ad accoglierla in un caloroso abbraccio.

" Elaine vieni a vedere cosa ho fatto" urlava a gran voce e radiosa correndo verso la donna e aspettando il suo abbraccio.
Tra le mani aveva un piccolo vaso di terracotta, i pennelli avevano tinto l'argilla ormai asciutta e la fantasia della sua mente, erano lì adagiati sulla sabbia intrisi d'acqua di mare e di svariati colori che ricordavano le sfumature di un tramonto; le infinite tonalità della tempera si mischiavano con quelle dei fiori che la piccola aveva raccolto per la donna.

La donna la cullò tra le sue braccia e la strinse a sè sussurandole il ritornello di un'antica canzone popolare. In quella voce fioca, in quel sussurro melodioso si nascondeva il coraggio di amare e la paura di perdere un bene così prezioso.

In un abbraccio smetti di avere timore, ti senti al sicuro, ti spogli delle tue fragilità, delle tue lacrime, dei tuoi demoni interiori, ti senti libera di essere te stessa.

I nostalgici pensieri di Arthit sembravano essere avvolti in quell'abbraccio, in fondo era un uomo dall'indole buona, ma il dolore lo aveva trasformato in un mostro, in un carnefice dall'aspetto mutevole.

Come poteva liberarsi di quella bambina, era così simile alla sua piccola, i folti ricci e il corpo esile ed aggraziato le ricordavo la sua Indah.

Era una notte di agosto quando vide tra le spiagge per l'ultima volta il sorriso della sua bambina, il suo sari verde reseda e nero le avvolgeva il suo minuto  corpo, i suoi capelli erano un piccolo ammasso di riccioli che Arthit accarezzava spess...

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Era una notte di agosto quando vide tra le spiagge per l'ultima volta il sorriso della sua bambina, il suo sari verde reseda e nero le avvolgeva il suo minuto corpo, i suoi capelli erano un piccolo ammasso di riccioli che Arthit accarezzava spesso e adornava con piccoli fiori arancio.

Nonostante gli dei gli avessero concesso il dono di altre due vite all'interno della sua famiglia non era mai riuscito a dimenticare la sua Indah , i suoi piccoli passi e il suo modo dolce di chiamarlo paus, ovvero papà.

Non gli rimaneva più niente di lei se non flebili ricordi, pian piano aveva paura di dimenticare il timbro della sua voce, quella voce che lo aveva tormentato e cullato tra incubi e sogni.

L'incubo era ricorrente: tumultuosi flutti neri di acqua marina ricoprivano i piccoli sandali intrecciati con cui adorava danzare, il suo sari bagnato si appesantita sempre di più spingendola tra l'abbisso, per poi vedere scomparire il suo sguardo dolce e castagnino.
L'oceano gli aveva strappato sua figlia, l' aveva vista correre verso il mare ed essere inghiottita come in una voragine. Era stato inutile lanciarsi tra le acque gelide della notte, il nero tetro delle onde non gli aveva permesso di ritrovare le sue mani e quella notte il faro brillò illuminando tutta Nusa Penida.

Non era passato giorno in cui le acque avevano accolto il suo corpo immergersi per cercare la sua piccola, finché non fu spinto ad avvicinarsi alle mura del faro.

Si sarebbe lasciato l'intera sua esistenza alle spalle, non avrebbe rivisto il volto della moglie Kasih per molto tempo, non avrebbe udito più la fragorosa risata dei suoi piccoli gemelli Hadi e Ismail, la sua abitazione e il piccolo tempio vicino alla casa sarebbero rimasti lì abbandonati, quelle mura calde del suo rifugio sarebbero state sostituite con mura imbrattate di salsedine e sangue.

I fulmini si specchiavano nelle acque dell'oceano, il cielo era marchiato dai bagliori dell'incombente temporale invernale che si stava per abbattere su Nusa Penida.

Quella notte fu l'ultima in cui sentì il calore di coloro che amava, ma il suo corpo a gran voce sembra essere chiamato dalle onde, come un'insaziabile bisogno di sapere cosa si nascondeva dietro quella maledizione di cui aveva sentito bisbigliare...

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Quella notte fu l'ultima in cui sentì il calore di coloro che amava, ma il suo corpo a gran voce sembra essere chiamato dalle onde, come un'insaziabile bisogno di sapere cosa si nascondeva dietro quella maledizione di cui aveva sentito bisbigliare tra le coste del litorale.

Nuotava contro corrente, le acque gelate imperversano nelle sue membra, si muoveva velocemente, sobalzava contro le onde che colpivano il suo viso, desiderava ribellarsi, voleva la sua vendetta, ma i suoi arti si intorpidivano sempre di più, il ghiaccio tratteneva lo scorrere dal sangue caldo, del suo battito. Poche bracciate e riuscì ad avvinghiarsi a uno degli scogli da cui si ergeva l'imponente faro...

Le acque cercavano di impossessarsi del suo corpo, ma la forza d'animo riusciva a oltrepassare la corrente, piccoli e sicuri passi, le mani insanguinate affondavano e si aggrovigliavano tra le rocce, finché non si trovò a pochi passi dell'immenso varco, la porta in legno figurava lunghi serpenti squamosi.

Corse, convinto che il suo peso sarebbe riuscito ad aprire quel maestoso portone, ma dopo si sentì solo un fragoroso boato, un fulmine sembrò colpire il faro, le onde gli annebbiarono la vista, si sentiva sopraffatto, affogare e senza respiro, un formicolio attraversava il suo corpo, sembrava quasi essere avvolto da una coda. Trasalì. Tornò a sentire il suo battito accelerare e poi una dea sul fondo delle acque sembrò catturare il suo sguardo.

Sarebbe stata meglio la morte, sarebbe stato meglio affogare. Forse non era poi l'unico modo per riabbracciare la sua Indah? Forse non era l'unico modo di smettere di essere divorati dagli incubi?

La crudeltà delle onde di inverno decise di punirlo in altro modo, la sua vita sarebbe stata avvinghiata alle onde del mare, il ricordo dell'annegamento di Indah avrebbe continuato a farlo sobbalzare nel cuore della notte...

Angolo autrice:
Avete capito chi è la piccola nella prima immagine?

Che ne pensate di questo lato tenere di un padre che ha perso la sua bambina?

Chi è la dea sul fondo del mare?

Sono curiosa di sapere se avete delle ipotesi❤️

Buona lettura 🌊

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 17, 2023 ⏰

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Sotto l'ombra di un faro ( IN PAUSA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora