VELVET Capitolo 21. Chiringuito 🌶️⚠️🔞

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Erano le due di notte. Da quando conoscevo Farren, o almeno da quando vivevo da sola, facevo una cosa tremenda, una di quelle cose che, se facessero i miei figli, che ancora non ho, mi preoccuperei davvero molto della loro salute mentale. Ma a quel tempo, ero così dipendente da Farren da non rendermi conto di quanto tutto ciò fosse assurdo e malato: mettevo una sveglia ogni venti minuti dal momento in cui andavo a dormire fino alle cinque, così che potessi controllare i messaggi ogni venti minuti per vedere se lui mi avesse cercato. È patetico, ora lo so. E ricordarlo dopo anni è doloroso, mi fa capire davvero quanto tutto questo fosse sbagliato, quanto l'amore non sia in realtà così, anche se poi l'amore non l'ho più trovato, ma non era quello. Quanto ero stupida.
Driin Driin
Mi svegliai di soprassalto, come ogni venti minuti. Ogni volta mi spaventavo per la sveglia e poi mi ricordavo ben presto di prendere il telefono in mano e controllarlo.
Niente.
Mi rimisi a dormire, per fortuna non mi era difficile riaddormentarmi ogni volta ma ero comunque esausta ogni mattina dopo aver passato la notte così, stupida.
Driin Driin
Guardai l'ora. Le due e venti. Sbloccai il cellulare e apri la sua chat.
Ehi.
Me lo aveva mandato alle 2.05 pochi minuti dopo essermi riaddormentata. Fui presa dallo sconforto pensando che in quel quarto d'ora avesse già trovato un rimpiazzo... quanto potevo essere triste.
Ehi.
Risposi subito.
Dormivi?

No.
Brava Velvet. Complimenti.
Ti porto in un posto.
Mi porti in un posto? Io e te non andiamo mai da nessuna parte insieme.
Dove?

Non ti interessa. Comunque andiamo solo a bere qualcosa. Mettiti una giacca che fa freddo.
Certo, papà.
Sbuffai. Ero addormentata e certo uscire non era stato nei miei piani quella sera.
Mi infilai un paio di pantaloni, un maglioncino azzurro e il cappotto pesante. Riguardai il telefono.
Sono sotto. Scendi.
Mi tremavano le gambe, era forse l'emozione per uscire finalmente allo scoperto (certo Velvet, alle tre di notte, ma chi vi vede?) o il fatto che avevo comunque ancora paura di lui?
Scesi le scale di corsa, aprii il portoncino e lo vidi parcheggiato davanti al mio vialetto con il suo SUV da migliaia di dollari comprato da mamma Holden, ma era troppo orgoglioso per ammetterlo.
Sapevo che sicuramente non sarebbe sceso ad aprirmi la porta, non ero la sua fidanzata, non ero niente.
Aprii la portiera e salii affianco a lui.
«Buonasera.» e i suoi occhi di ghiaccio scesero a perlustrare come fossi vestita.
«Buonanotte direi.» risposi un po' stizzita.
«Non vuoi andare?»
«Certo.»
«Bene allora mettiti la cintura e sta' zitta.»
Sempre carino.
Prima di partire prese il telefono e fece partire una canzone, con il senno di poi avrei dovuto studiare lo spagnolo all'università, perché se solo avessi capito prima le parole di quella canzone, l'avrei messo alle strette, sarebbe stato tutto diverso. Tutto. Non l'aveva scelta a caso, era voluta, ma io non lo sapevo.

Te presto mis ojos
Para que veas lo hermosa que eres,
Te presto mis manos
Para que toques las nubes si quieres,
Te presto mis dedos para que recuerdes
Todo lo que hicimos esa noche del viernes
Te presto mis besos y me los devuelves
Así tengo una excusa para volver a verte
Yo no te pido que te enamores
Seamos eternos sólo esta noche
Yo no te pido que seamos novios
Si siendo amigos ya nos damos de todo
Amigos con derechos
Y todos tus despechos
Te los quitas conmigo
Como nadie lo había hecho
Amigos con derechos
Que sea nuestro secreto
Que sólo las paredes
Sean testigos de lo nuestro

«Conosci il chiringuito?» mi chiese.
Lo conoscevo. Era un American Bar a qualche miglio da Sunriver, allestito con arredamento tipico del Centro America, Messico o da quelle parti. Era uno dei pochi locali aperti a quell'ora della notte, un posto tranquillo in cui bere qualcosa da seduti con musica latina in sottofondo.
«Certo. Stiamo andando là?»
«Sì.»
«Perché?»
«Dio quante domande. Sei sicura di volerci andare?» disse stringendo le mani intorno al volante.
«S-sì. È solo che... noi non usciamo.»
«Non è un appuntamento.»
Lo so. Come sempre, lo so.
«È solo strano ecco...»
«Forse... - non toglieva gli occhi dalla strada - o forse ho qualcosa in mente.» gli spuntò un ghigno sulla faccia che mi fece venire i brividi.
Parcheggiò a pochi passi dal Chiringuito e mi precedette sulla strada, teneva le mani nella tasca del cappotto che era evidentemente troppo stretto nelle sue spalle.
Mi aprì la porta e mi fece entrare per prima. Incredibile.
Entrò anche lui e un paio di uomini al bancone lo salutano con esagerato entusiasmo. Io mi fermai dandogli le spalle, non volevo parlare con quegli uomini; due uomini soli in un bar alle tre di notte non mi porteranno a nulla di buono.
Mi diede una leggera spinta con la mano e io avanzai fino alla zona in cui si poteva bere seduti su comodi divani di velluto fatti a ferro di cavallo intorno ad un tavolo da quattro persone.
Nella sala non c'era nessuno, gli unici clienti erano i due uomini al bar, c'era una barista dietro al bancone e un altro uomo che pensai potesse essere il proprietario.
Farren ordinò alla barista due shot di tequila e due cocktail mentre si toglieva la giacca e la buttava sui divanetti. Io posai il cappotto accanto a me e mi sedetti sul divano vicino a lui, ma non troppo.
«Quindi...» volevo sapere perché mi avesse portato lì.
«Ma cos'hai stasera?» mentre aspettavo una spiegazione la barista posò i quattro bicchieri sul tavolo. Mi avvicinai e feci per prendere lo shot di tequila così da smettere il prima possibile di farmi tutte quelle domande, ma la mano di Farren mi strinse il polso e mi fermò prima che potessi afferrarlo.
«No, no, no. - la sua voce, quella che arrivava direttamente dall'inferno - quello lo conserviamo per dopo. Bevi l'altro se vuoi.» indicò il cocktail.
Perché dovrei conservarlo per dopo? Dopo cosa?
Presi il cocktail e me lo portai alle labbra buttando giù un sorso abbondante. Mi resi conto che lui continuava a fissarmi, stava con la schiena contro il divano e teneva le gambe aperte, quasi come se fosse sul divano di casa sua.
«Che c'è?»
«Toccamelo.» rispose a bassa voce ma pur sempre in modo spaventoso.
«Qui?! Adesso?!» il mio corpo indietreggiò inconsciamente.
«Qui. Adesso.» l'inferno.
«M-ma...»
«Oh, pensavo fossi più divertente di così...» sapevo che lo dicesse solo per mettermi alla prova ma, cazzo, funzionava.
«I-io» guardai gli uomini al bancone che si intravedevano dalla porta che univa le due stanze.
«Dai Velvet. Non ci vede nessuno.»
Mi avvicinai a lui e posai una mano sui suoi jeans accorgendomi subito che stavano faticando a contenere la sua erezione.
Lui si portò una mano alla cintura e la slaccio, tirò giù i pantaloni e i boxer di qualche centimetro e lo tirò fuori.
«Che cazzo fai Farren?!» potevano vederci, ne ero sicura.
«Dai Velvet. Voglio vedere fin dove puoi arrivare. Dove la tua vergogna ti frena.»
«Non qui...»
«Perfetto andiamocene.» tentò di alzarsi ma io non volevo andarmene e fui più veloce di lui ad abbassarmi e iniziare a passare la mia lingua su tutta la sua lunghezza.
«Brava bambolina...» ansimò sotto la mia bocca che lo risucchiava con forza premendomi il palmo della mano sulla nuca.
Mi alzai almeno tre volte a controllare che nessuno ci stesse guardando.
Continuai a spingere la mia gola oltre lo stremo per accoglierlo tutto, sapevo che non avrebbe resistito ancora a lungo e affondai con più forza. Lo sentivo ansimare silenziosamente mentre persisteva il vociare di sottofondo dei due uomini.
«Aspetta.» mi fermò un attimo prima di venire spingendo via le mie labbra dal suo membro. Prese in fretta il bicchierino della Tequila e... lo riempì fino all'orlo del suo sperma.
Ma che cazzo...
Quello era troppo, anche per lui, sicuramente per me.
Si richiuse i pantaloni, prese il bicchiere pieno di tequila e del suo seme e allungò la mano verso di me.
«Bevi.»
«Cosa?! No! I-io» Non potevo farlo, non era mai neanche stata raccontata per goliardia una perversione di quei livelli, niente aveva senso.
«Bevi. Così saprò fino a dove puoi spingerti per me...»
«N-no Farren...»
«Velvet! - la voce che arrivava dall'inferno, di nuovo - Bevi!» me lo sporse ancora una volta, io lo presi tra l'indice e il pollice, lo fissai per un secondo e poi pensai che non era di certo la prima volta che...
Presi fiato e lo ingoia in un sorso solo notando la sua faccia compiacersi ogni secondo di più.
«Sei perfetta Velvet. Meriti un premio stasera.»

Amethyst - La porta dell'inferno (dark romance)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora