Capitolo 35

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Evie 

Un rumore che fatico a identificare disturba improvvisamente il mio sonno. Apro gli occhi girandomi sul fianco e notando Nicholas al bordo del letto vestirsi. È già mattina? 

Sbuffo e faccio leva sui gomiti, notando che il rumore che ha spezzato il silenzio è la vibrazione del mio cellulare. Tenendo le lenzuola avvolte al mio corpo mi alzo sospirando. Sullo schermo la scritta "Papà" cattura la mia attenzione. 

«Pronto?», rispondo con voce impastata dal sonno. 

«Bambina mia! Buongiorno! Ti sei appena svegliata? Di solito sei mattiniera!», esclama mio padre dall'altro capo del telefono. Mi giro notando Nicholas infilarsi la maglietta e lo sguardo si abbassa sulla sveglia. 

«Papà, sono le cinque e mezza», sospiro. 

«Oh Santo cielo, com'è possibile?». 

«In Montana siamo due ore indietro rispetto a New York». Improvvisamente qualcosa – anzi, qualcuno – mi avvolge la vita. Nicholas comincia a baciarmi il collo solleticandomi e facendomi ridere. 

«Va tutto bene lì, tesoro?», mi domanda mio padre nel frattempo. Copro il microfono del cellulare e mimo un "smettila" a Nicholas, che invece non intende smettere. 

«Tutto bene, papà! Sai che ho fatto nascere un vitello?», esclamo trattenendo le risate mentre Nicholas continua a baciarmi e mordicchiarmi il collo. 

«Nick, piantala!», mormoro allontanando leggermente il telefono. 

«È meraviglioso, bambina! Sono contento che ti stai godendo la vacanza!», risponde mio padre con un tono un po' incerto. 

«Beh, non sono proprio in vacanza...», affermo ridacchiando e mordendomi il labbro per trattenermi. Nicholas cerca di liberarmi dal lenzuolo mentre mi tiene stretta a sé. 

«Infatti, a proposito, non mi hai più mandato aggiornamenti per quanto riguarda il progetto», mi fa notare mio padre, «va tutto bene? Sento dei rumori», aggiunge poi. 

Allontano nuovamente il telefono e do una gomitata a Nicholas, divincolandomi dalla sua presa. «Sei in ritardo per il lavoro, cowboy». 

Lui mi strappa un bacio a stampo. E poi un altro. E un altro. E un altro.«Mi piace se mi fai fare tardi», mormora tra un bacio e l'altro. 

«Non piacerà a Josh», ribatto ridendo. Nicholas alza gli occhi al cielo e si sistema il cappello in testa. 

«Ci vediamo dopo, piccola», dice baciandomi ancora. 

«Contaci, Nick», mormoro sorridendo e guardandolo uscire. 

La notte che abbiamo trascorso è stata speciale. E non tanto per il sesso, con cui comunque mi sarei voluta anche svegliare, ma perché è stata per me la prima volta in cui ho parlato di mamma dopo la sua morte. 

Non mi è piaciuto ricordare il suo peggio, ma in qualche modo ne avevo bisogno. E avevo bisogno che Nicholas lo sapesse. Volevo che anche lui fosse consapevole che qualcosa in comune lo abbiamo, seppur doloroso. E lui mi ha ascoltata proprio come avevo fatto io, in quel silenzio comprensivo che io trovo molto più utile di tante parole. 

Qualcosa temo sia cambiato tra di noi. Ho paura che stiamo diventando più di due semplici persone che condividono qualche orgasmo. Ho paura di star provando qualcosa di troppo profondo. Ho paura di come mi sento a casa guardando nei suoi occhi. Ho paura di come il mio cuore accelera tra le sue braccia. Ho paura, perché non posso innamorarmi di Nicholas Harrington. 

«Evie? Ci sei ancora?», sento dire dal telefono. Scuoto la testa e lo riporto all'orecchio. 

«Scusami, papà, mi sono distratta», rispondo, «comunque il progetto... credo che sia...», sospiro, «diciamo che è a un punto morto», mormoro. 

La Valle dei SospiriWhere stories live. Discover now