Vis-à-vis

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NOTE: 

Nella LIS non si usa la stessa struttura della frase dell'italiano, ma scrivere i dialoghi in quel modo sarebbe stato (a nostro parere) poco fruibile, quindi abbiamo scelto di scrivere i dialoghi segnati di Arturo e Mimmo come una vera e propria traduzione (pensateli come sottotitoli), sono in corsivo e con la struttura italiana. Ovviamente rimaniamo aperte a qualsiasi tipo di pensiero/critica su questa scelta, ma speriamo non venga vista come offensiva !!

Fortunatamente non hanno avuto problemi a trovare parcheggio — Mimmo è silenziosamente grato del fatto che è autorizzato a parcheggiare nel posto dei disabili, ma troppe volte sono occupati pure quelli, e da macchine senza l'adesivo.

Tira fuori il telefono e controlla Google Maps un'altra volta, poi girano l'angolo e si ritrovano davanti al ristorante: è più piccolo di come Mimmo se l'era aspettato, ma dentro sembra accogliente. Ha le porte a vetrate, e riesce a scorgere i tavoli e le sedie in legno scuro e delle piantine aromatiche appese alle pareti.

Arturo gli dà un buffetto sul braccio, e indica l'insegna che legge Carpe Diem, il nome del ristorante. È chiaramente divertito e gli segna, originale, questo professore.

Mimmo già sa che dovrà tenerlo a bada perché non ha filtri e commenta – spesso in negativo – qualsiasi cosa, ma almeno la lingua dei segni gli evita le figure di merda. Spera che nessuno la conosca.

Il nome fa un po' ridere pure a lui, però. È molto da Dante.

Fai il bravo, gli segna pure lui, e Arturo gli fa un sorrisino che Mimmo conosce fin troppo bene.

Quando fanno per entrare, è chiuso. In effetti è tutto spento. Mimmo sospira. Vabbè che sono cinque minuti in anticipo, però che cazzo.

Forse stanno dentro, gli fa il fratello. Chiama... come si chiama?

Mimmo chiude la mano a pugno, la alza e libera il pollice, S, poi continua, lettera per lettera, I M O N E. Devono trovargli un segno-nome al più presto, perché se c'è una cosa che lo stanca della lingua dei segni è fare 'sta tiritera ogni volta che parlano di qualcuno. Non sa perché è proprio l'alfabeto che lo irrita.

E com'è? Chiede, corrugando le sopracciglia.

Mimmo alza le spalle. Secondo me gli sto sul cazzo.

Arturo esita, poi fa: "Ua." Che è effettivamente intraducibile. Di già?

Che ti devo dire.

Arturo non fa in tempo a rispondere, perché la porta si apre. È un tizio coi capelli ricci e un po' lunghi, con addosso una divisa che sembra quella del personale di sala, le maniche alzate e vari tatuaggi sulle braccia. Ha una faccia antipatica, e li squadra entrambi da capo a piedi. "Uno de voi è Mimmo, giusto?"

Che cortesia. "Sono io." Mimmo spera che non sia Simone. La voce sembra completamente diversa da quando l'ha sentito a telefono. Gli tende la mano, e lui la stringe con più forza del necessario.

"Io sono Arturo," si presenta il fratello, anche se il tizio non l'ha minimamente cagato.

Appena sente la voce lo guarda storto, poi Mimmo vede che si accorge degli apparecchi. "Manuel," dice. "Che c'hai, le cuffie?"

Mimmo vorrebbe intervenire, ma reprime il suo istinto di protezione e si ricorda che Arturo è una persona che può parlare per sé.

"Sono apparecchi acustici."

Ecco, infatti. Niente di cui preoccuparsi.

"Ah!" Urla di botto Manuel. "Nun ce senti?"

Arturo fa una smorfia, e lui e Mimmo si scambiano uno sguardo esplicativo. Se Simone è come questo... "Ci sento. Per questo li porto."

La Cuenta - Mimmo & SimoneWhere stories live. Discover now