The Story

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Louis era a letto, seduto sopra il piumone a guardare un punto indefinito tra il pavimento e il battiscopa mentre mordicchiava la pellicina attorno l'unghia del pollice.

Che devo fare? Sono ancora in tempo, posso ancora raggiungerli? No, non posso. Sanno che sto male, non sarei credibile

Passò poi all'indice

Ma forse posso farlo lo stesso, se rimango qui peggioro solo le cose tra me e Harry. Non è detto che mi facciano l'interrogatorio solo perché ho cambiato idea all'ultimo, di nuovo; no?

Adesso il medio

Che faccio? Dai messaggi non ci capisco niente, devo vederlo negli occhi. Devo "uscire le palle e andargli a parlare"

«Aargh! Perché Niall ha sempre ragione?!» si abbandonò completamente al proprio peso, lasciandosi rimbalzare un po' contro il materasso. Le mani incrociate sull'addome con le dita che giocavano tra loro, dando un ritmo incalzante ai propri pensieri.

«Tanto peggio di così non può andare...»

Continuava a parlare da solo nel frattempo che si rimetteva le scarpe.
Si mise il telefono nelle tasche e fece per andarsene ma, quando arrivò all'ingresso, vide dalla finestra i fari di una macchina che sembrava essersi fermata davanti casa sua. Si allontanò dal mobiletto lì vicino — dove solitamente abbandonava le chiavi dell'auto — per prendere il cappotto e uscire di casa indossandolo.
Era buio e la controluce data dalla macchina non gli avrebbe dovuto permettere di capire chi stesse scendendo dal veicolo, eppure riconobbe subito quella figura.

«Harry?»
«Louis...»

Si piegò leggermente di lato salutando, alle spalle di Harry, Anne al volante.
Era imbarazzato, non era quello il prospetto della sua serata: doveva decidere come agire durante il tragitto verso la discoteca. Ritrovarsi Harry sotto casa sua — e per di più senza alcun preavviso — gli aveva congelato la mente, bloccando quei neuroni in movimento che stavano cercando di far arrivare degli input al proprio cervello.

«Posso...entrare?»
«Sì. Sì, certo» annuì freneticamente, gli output che si mostravano in una comunicazione verbale e non simultaneamente.

Entrarono in casa senza fiatare, silenziosi finché non raggiunsero la camera di Louis.
«Vuoi un po' d'acqua? Vado a prendere un po' d'acqua» non aspettò che rispondesse, stava già cercando di scappare via, la mano sulla maniglia della porta.
«Non — non credo che sia quello che serve al momento...» sospirò Harry, sedendosi sul bordo del letto. Quindi, si appoggiò alla porta, lasciando andare la maniglia e tenendo la testa bassa. Un bambino in attesa della sua punizione, consapevole di aver sbagliato per non aver fatto niente.

«Mi eviti»
«Mi menti»

Era stata la sua giustificazione. Si era messo dritto contro il legno ma non lo stava guardando negli occhi mentre ribatteva a quell'affermazione. Perché Harry era piegato in avanti appoggiato coi gomiti sulle ginocchia, le mani unite con solo i pollici liberi da quella presa salda, che però se ne stavano appoggiati al ponte del naso. Distante.

«Perché mi eviti?» si raddrizzò leggermente alzando il capo, ma con gli occhi ancora bassi a fissare quelle dita lunghe e affusolate in preda ad un tic nervoso.

Avevo paura
«Avevo bisogno di pensare»
«Potevi dirmelo» quello del riccio non era un tono accusatorio: la voce era rimasta leggera come sempre, tuttavia, Louis sentì i battiti accelerare e un calore fastidioso partire dal collo fino ad arrivare alle guance.
«Ero confuso, ho agito di conseguenza»

Non gli staccava gli occhi di dosso ed era buffa come cosa, dato che per giorni — e fino a qualche istante prima — non aveva fatto altro che evitarlo, sopraffatto dalle preoccupazioni.

Wish you were soberWhere stories live. Discover now