🔞capitolo 40

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Piego di lato la testa e lo bacio con tutta la forza presente nel mio corpo. Non riuscendo a respirare a causa del suo peso, lo spingo di lato facendolo cadere sul letto e mi metto a cavalcioni sopra di lui.

Questa volta sono io a imprigionarlo, o almeno è quello che mi piacerebbe pensare, ma sono sicura che anche da ubriaco saprebbe farmi fare un volo di trenta metri con un solo braccio.

Intreccio le dita con le sue e le porto sopra la sua testa. I muscoli delle braccia guizzano sotto le maniche lunghe della giacca e formano delle semilune nitide e dure.

Lo bacio come se fosse la mia vita dipendesse dalle sue labbra, mentre con le anche sfrego il sedere contro il suo basso ventre. Il rigonfiamento continua a crescere a vista d'occhio e questo mi sprona a muovermi più velocemente riuscendo a strappare dei gemiti, soffocati dalla mia lingua nella sua bocca.

«Piano fiorellino.» Ansima contro la mia bocca e io gemo all'ultima parola.

Ha questa abitudine di chiamarmi fiorellino quando vuole prendermi in giro e generalmente mi manda in bestia, ma sentirlo chiamarmi così in questa situazione mi manda in completa estasi.

Non riesco a contenere la mia eccitazione. Vorrei potermi liberare di questi dannati pantaloncini e mutandine e sfregare il mio sesso gonfio contro di lui fino al bruciore, fino a consumarci totalmente, fino al dolore e fino a perdere la sensibilità.

L'idea che probabilmente l'abbia fatto con quella Violet prima di venire qua mi manda su tutte le furie. Il pensiero che qualcun'altra possa toccarlo come faccio io consuma ogni briciolo di razionalità.

Con una mano mantengo ferme le sue mentre con l'altra gli afferro il volto e stringo quelle guance rosse dalla sbronza.

«Chi hai scopato prima di venire qua?»
«Cosa?» Domanda confuso.
«Non fare il confuso, lo sappiamo tutti che sei peggio di una puttana. Adesso rispondi e basta.» Sorride difronte al mio linguaggio scurrile, ne sono sorpresa anch'io ma attualmente non riesco a pensare razionalmente.

«Tutte. Me le sono fatte tutte, dalla prima all'ultima. Da quella mora a quella bionda, da quella più magra a quella in carne. Ce n'era una che ti assomigliava tanto. Lunghi capelli castano scuro come la terra bagnata dalla pioggia, occhi marroni chiaro come le foglie autunnali, intrepidi e curiosi, piccole labbra piene e rosa come petali di azalea, le guance perennemente arrossate dall'emozione.»

Succhia il mio labbro inferiore mentre mi guarda dritto negli occhi, ogni molecola del mio corpo freme sotto quello sguardo penetrante e una immagine malsana appare nella mia mente in cui lui mi guarda esattamente così ma con la testa tra le mie gambe.

«Stai delirando.»
«Forse. Eri ovunque. Anche il barista aveva la tua faccia, pensavo di essere andato completamente fuori di testa e quindi mi sono scolato una bottiglia intera di vino ma la situazione sembrava andare sempre peggio. Che incubo.» Scoppio a ridere difronte alle pazzie che sta blaterando.

«Sei completamente pazzo»
«Di te»
«Cosa?» Domando facendo finta di non aver sentito. Voglio sentire di nuovo quelle parole, pur essendo consapevole che anche se le dicesse mille volte non riuscirei comunque a crederci.

«Sei in ogni mio pensiero, non ce la faccio più. Non ti sopporto più, vattene via.» Il mio cervello si gonfia di mille pensieri, molti dei quali deludenti, ma solamente uno spicca più di tutti: voglio farlo mio, anche solo per questa notte.

È disteso sotto di me completamente alla mia mercé, con gli occhi lucidi e persi in qualche sogno e incapace di formare frasi di senso compiuto.

Inizio a sbottonargli la camicia bianca e mi guarda confuso, ma decide di rimanere in silenzio per una buona volta. Gli sfilo la cravatta nera e la uso per legargli le mani alla testiera del letto in metallo dorato.

«Cosa stai facendo?» Chiede perplesso ma per niente spaventato.

L'idea che sia abituato a queste cose mi portano a stringere con maggiore impeto il nodo, facendolo sussultare dal dolore.

Sorrido alla sua reazione.

Quanto vorrei infliggergli altro dolore per levargli da quel bel musetto quella espressione di perenne apatia.

Le mie mani vagano lungo il suo addome scolpito e non posso far altro che pensare che il mio perverso sogno, nascosto tutti questi anni nei cunicoli più profondi della mia mente, si sta finalmente avverando.

Finalmente posso toccarlo a mio piacimento. Un mio desiderio nato l'anno scorso durante il corso di volontariato da bagnini che avevamo fatto per ottenere crediti.

Era uscito dagli spogliatoi con solo un paio di short neri aderenti da piscina che lasciavano poco all'immaginazione.

Avevo perso la capacità di pensare per dieci minuti buoni finché uno dei bambini a cui stavo mettendo la cuffietta non ha deciso darmi una testata sul naso, facendolo sanguinare.

Sono totalmente contro la violenza verso i bambini come strumento di educazione, ma in quel momento lo avrei gentilmente strangolato con le mie stesse mani.

Le mie mani scendono dai pettorali solidi agli addominali marmorei fino ad arrivare a tracciare le vene verdastre che si diramano dall'orlo dei pantaloni come i rami di un albero invernale.

Sbottono i pantaloni e abbasso la cerniera, scoprendo il gonfiore dato dalla sua erezione crescente. Abbasso l'orlo anteriore dei boxer e tiro fuori il pene granitico e massiccio. Dal glande pulsante colano già le prime gocce di liquido pre-eiaculatorio e senza pensarci due volte le lecco e succhio la punta facendolo sussultare. Solleva i fianchi spingendo il suo membro più in profondità nella mia bocca finché non raggiunge il retro della mia cavità orale e facendo ingresso nella parte superiore della mia gola. Cerco in tutti i modi di combattere il riflesso del vomito stringendomi il pollice tra le dita e sembra quasi funzionare.

«Merda. Potrei venirti in bocca anche così. È la prima volta che non te lo devo infilare io giù per la gola.»
Lo tiro fuori dalla mia bocca risucchiando per ultimo la punta e generando un suono schioccante.
《Cos'è? Stai iniziando a pensare che il consenso in fin dei conti non è poi così male?》Sorride e alza gli occhi al cielo.
《Sto iniziando a pensare che non potrò più farmelo succhiare da nessun altro se non da te.》
《Mmmh, interessante. Quindi ti ho reso selettivamente impotente...va benissimo così.》Sorrido maliziosamente e mi rimetto a lavoro.

Le vene in prominenza, sotto la pelle vellutata e calda del pene, pulsano incessantemente contro la mia lingua, che si abbassa per far spazio al suo membro cercando di prendere dentro la mia bocca tutta la sua lunghezza.

Il problema non risiede solo nella lunghezza spropositata ma anche nella sua circonferenza massiccia. Mi salgono le lacrime agli occhi. Dovrei essermi abituata essendo la mia terza volta, eppure la sofferenza di prenderlo fino alla gola è sempre come se fosse la mia prima volta.

Ogni volta che solleva le anche per venirmi incontro mi allontano da lui, lasciandolo sospeso in uno stato compreso tra frustrazione ed eccitazione. Grugnisce chiudendo gli occhi, e strattona la cravatta cercando di liberarsi. Stringe il labbro inferiore tra i denti per non lasciarsi andare alle suppliche, ma a me basta osservare la sua espressione di frustrazione per essere appagata.
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Nota autore: Non ho finito di correggerla ma la posto comunque, giusto per dirvi che domani do l'ultimo esame della sessione dopodiché sono libera per una settimana e cercherò di postare tutti i capitoli restanti così ho finitooooo (comunque zia domani va a dare l'esame sapendo metà delle cose e probabilmente finirà fuori corso. Fatemi gli auguri, preferibilmente di morte, grazie.)

Hate x3: Primo PostoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora