46 - Randy sull'isola

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Il ritorno a casa fu tranquillo, ma Randy trovò il parcheggio nuovamente invaso dagli zombie, ed ebbe l'impressione che fossero ancora di più, sia quelli sul retro, quasi un centinaio, sia quelli assiepati davanti all'entrata. Non ebbe difficoltà a raggiungere la pila di bancali che usava come scala per accedere al tetto, il grosso camion aveva potenza a sufficienza per avanzare anche senza slancio in quel mare di corpi. Si arrampicò tenendo il cane in braccio, temendo che questi si agitasse, ma fortunatamente rimase tranquillo e non creò problemi a Randy che raggiunse rapidamente il tetto. Quando fu nei suoi appartamenti, così li definiva scherzosamente quando parlava con Fuster, si procurò due ciotole che riempì una con acqua e l'altra con della carne in scatola. Il cane, ormai a suo agio con Randy, non fece complimenti e si fiondò sull'acqua. Randy si sarebbe aspettato di vederlo attaccare prima il cibo, ma capì che in quei giorni Wolke aveva patito soprattutto la sete. Quando il cane si fu rifocillato si accucciò in un angolo, Randy lo accarezzò qualche minuto e prima che si addormentasse uscì dalla stanza, in modo che Wolke lo vedesse: non voleva che si svegliasse trovandosi solo in un luogo sconosciuto. Fuster rimase per tutto il tempo nascosto a spiare il nuovo arrivato da in cima ad uno schedario. Randy era preoccupato per il numero crescente di zombie che lo stavano assediando, ed una volta tornato sul tetto decise di studiare un piano per liberarsene. Decise che la soluzione migliore era quella già adottata per salvare Wolke, e non perse tempo. Scese dal tetto e senza particolari problemi risalì sul camion. Dopo alcune manovre e sobbalzi, i corpi di diversi zombie finirono sotto le ruote, riuscì a girarsi e ad uscire dal vicolo, vedendo dagli specchietti che i supersiti erano già al suo inseguimento. Quando fu nuovamente sulla via principale fu letteralmente colpito sul lato destro da un'ondata di corpi, che come una raffica di vento fece oscillare di qualche centimetro il camion. Quella sensazione gelò il sangue nelle vene di Randy che per la prima volta da alcuni giorni a quella parte si sentì in pericolo. Nonostante quello scossone psicofisico riuscì a svoltare a sinistra immettendosi nel viale principale, evitando di sbattere contro il marciapiede che delimitava il parco. Il grosso camion, pesante svariate tonnellate aveva retto l'impatto dell'orda che ora lo inseguiva, ma Randy, che ne aveva apprezzato la sensazione di potenza e sicurezza che emanava poche ore prima, aveva le gambe molli e si sentiva tutt'altro che al sicuro. Procedendo lentamente verso sud si guardò attorno, notando che dal parco alla sua destra stavano confluendo molti altri mostri, che allargavano le fila del corteo al suo inseguimento. Erano diverse centinaia, forse più di mille, ed il numero era in costante e rapido aumento, cosa che fece riflettere Randy sulla strategia da tenere: pensò che avrebbe potuto non solo allontanarli ma anche provare a sbarazzarsene in modo più efficace, ma non sapeva ancora come. Pensò a varie opzioni, dal fare retromarcia per schiacciarne più possibile, oppure usare il compattatore del camion per stritolarli, oppure spingerli giù da qualche dirupo, ma erano tutte irrealizzabili: aveva paura di rimanere bloccato in mezzo a quella massa, non sapeva azionare il compattatore e non esistevano dirupi nel raggio di decine di chilometri. Intanto, procedendo a passo d'uomo, il camion era la lepre per ormai più di millecinquecento zombie, che ora venivano anche incontro al mezzo, con Randy che dopo l'esperienza di poco prima alternava momenti di ansia a mometi di lucidità. Ora alla destra della strada il parco aveva lasciato posto ad una serie di edifici commerciali, outlet di arredamenti, concessionarie, grandi negozi di vestiti, qualche fast food; alla sinistra invece continuava regolare l'alternanza di vie di accesso a piccoli condomini, come quello dove Randy viveva fino a pochi giorni prima, villette a schiera e piccole aziende artigiane. Finalmente Randy si ricordò che poco oltre c'era una buona soluzione, o una risposta alle sue preghiere, o entrambe le cose: il centro sportivo polivalente della città. Quando fu davanti al modesto comprensorio si sentì sollevato, il cancello d'accesso era aperto e senza grossi problemi, abbattendo solo qualche sagoma barcollante, condusse il camion nel parcheggio di terra battuta costellato di pozzanghere più o meno grandi. La struttura era composta da un edificio principale che ospitava il campo coperto, fortino della locale squadra di pallavolo maschile: un altro edificio basso sede della palestra e della piscina; una tensostruttura eretta a copertura del campo da calcio a cinque; un campo da calcio. Quando il mezzo fu nel parcheggio Randy poté guardare alla sua sinistra e vedere la processione che si era creata al suo seguito, e ne fu terrorizzato: gli zombie erano migliaia, sembravano un'unica macchia di sporco, densa e compatta. Come un pastore - preda doveva far entrare quel ributtante gregge nel recinto, si addentrò quindi nel piazzale cercando di non farsi accerchiare, provando a capire se sarebbe riuscito a girare attorno al comprensorio col grosso e poco agile camion, ed intanto guardando il fiume di corpi che si riversava al suo seguito nel grande spiazzo ancora bagnato di pioggia. Decise di provarci, puntando dritto verso il passaggio tra l'edificio principale e la recinzione, sperando che questo proseguisse fino al campo da calcio senza ostacoli: dovette schivare alcuni grossi cassoni di metallo ma riuscì ad arrivare al campo. Qui, come aveva fatto nel piazzale, fece un ampio giro per dare la possibilità ai suoi inseguitori di stargli dietro e nel giro di un paio di minuti passati a fare su e giù per il campo come nel vecchio gioco per telefono "snake" il campo fu pieno. Arrivato quasi in fondo decise che era il momento di cambiare registro scappare, chiudendo del comprensorio tutti quegli zombie; si diresse quindi verso il passaggio sul lato opposto a quello da cui era passato poco prima e si ritrovò nuovamente nel piazzale del parcheggio ma le cose non stavano come si era immaginato: il piazzale era ancora invaso da un mare di zombie, i ritardatari che erano arrivati lì seguendo il rumore della motore mentre Randy era già dietro agli edifici. Randy pensava che quelli nel campo fossero tantissimi, nel piazzale ce n'erano almeno altrettanti e fuori ancora altri: era circondato. Decise di provare comunque a sfondare quel muro di corpi, puntando dritto verso il cancello d'entrata, che nei suoi intenti avrebbe dovuto agevolmente chiudere scendendo tranquillamente dal camion: ora era come l'apertura in una diga, che vomitava un fiume inarrestabile di zombie. Se la sensazione provata all'uscita dal vicolo l'aveva scosso, l'ondata di corpi che faceva oscillare il camion, l'impatto con quell'orda fu un'altra di quelle sensazioni che Randy non avrebbe mai dimenticato. Il camion, contro quella massa di carne e ossa ebbe la meglio, la sola forza di inerzia lo fece affondare come un coltello caldo nel burro, ma a pochi metri dal cancello, proprio mentre Randy stava realizzando di avercela quasi fatta, viaggiando ad una cinquantina di chilometri orari, con qualche sobbalzo dovuto alle buche ed ai corpi schiacciati, ci fu un enorme black out. La ruota anteriore sinistra non faceva più parte del camion. Il possente mezzo era poggiato sul fianco destro con il motore ancora acceso. Randy riprese conoscenza un senso alla volta: il primo fu il tatto, sentiva qualcosa che gli pungeva la guancia, l'orecchio e parte della spalla destri, oltre ad una serie di dolori non meglio identificati; a seguire l'olfatto, il sangue che gli usciva dalla testa e dal naso stava colando anch'esso verso la sua destra, formando una piccola pozza; quasi contemporaneamente arrivò il gusto, sempre di sangue, che gli usciva dal labbro tagliato dagli incisivi; l'udito arrivò in modo diverso, si rese conto di sentire una sorta di sibilo forte e lontano, acuto e sommesso, e questo suono lasciò spazio prima ad un suo lamento, poi al motore ancora acceso, poi ai colpi ed i versi degli zombie; infine arrivò la vista, prima sfocata, confusa, frustante, poi sempre più chiara e nitida, ma non meno avvilente. Era nella cabina, non più al suo posto ma, per così dire, sul sedile del passeggero, praticamente gambe all'aria e faccia a terra, sui vetri del finestrino rotto sull'asfalto. Rimase in quella posizione per secondi, forse minuti, in totale confusione psicofisica, finché non si decise a cercare di uscirne. La prima cosa che notò era che anche il parabrezza era sfondato, ma per sua fortuna il mezzo si era fermato contro la recinzione del centro sportivo, cosa che impediva agli zombie di raggiungerlo. Nella difficile impresa di girarsi identificò uno ad uno tutti i punti dolenti del suo corpo, aveva l'impressione di essere stato shakerato in quella cabina da una mano gigante. La calma che lo aveva accompagnato in quel lento risveglio lasciò rapidamente spazio alla paura; non appena se ne rese conto spense il camion ma il ruggito del motore venne subito rimpiazzato da un rumore altrettanto forte ma molto più spaventoso: i versi gutturali degli zombie che lo circondavano erano così forti e profondi da dargli l'impressione di sentirsi vibrare le ossa. Randy era spaventato, era nel panico ma sapeva che non appena avrebbe messo la testa fuori dal camion lo spettacolo sarebbe stato ben peggiore. Col respiro affannoso e il corpo dolorante si arrampicò nella cabina fino al finestrino sinistro che ora puntava verso il cielo; una volta trovata una posizione stabile lo aprì e senza pensarci troppo si affacciò. Il camion era un'isola circondata da un mare agitato e ostile, che alla vista di Randy venne scosso da un impulso rabbioso. Fortunatamente per Randy Flin quel mare riusciva solo a lambire l'isola su cui era naufragato, cosa che però lo confortò ben poco, dopotutto non vedeva vie d'uscita da quella posizione; pensò a Fuster, a Wolke ed al destino che li avrebbe attesi se lui non fosse riuscito a tornare da loro. A parte la paura che provava nel guardarsi attorno, non si sentiva in una situazione di immediato pericolo, finché sarebbe rimasto sul fianco del camion gli zombie non sarebbero riusciti a raggiungerlo, ma rimanere lì equivaleva ad una condanna a morte, di fame o di sete. Il cielo tutto attorno era basso e le nuvole parevano cariche di altra pioggia, la luce che diffondevano su quella massa di carne quasi morta era grigia e triste, Randy si issò fuori dalla cabina e come un rocker che sale sul palco scatenò un ulteriore ondata di eccitazione nella folla che lo circondava. Il camion era stato rovesciato dall'impatto contro uno dei dissuasori d'acciaio cementati vicino al cancello, posti in serie per impedire alle auto di parcheggiare nel raggio d'azione dei due grandi porte. Randy non aveva visto quell'ostacolo immerso nella folla che si stava riversando nel piazzale, e centrandolo ad una sessantina di chilometri orari era riuscito nella non semplice impresa di ribaltare un mezzo pesante oltre quindici tonnellate. Per la prima sentì la puzza che si diffondeva dal retro del camion, che mischiata al fetore di quei corpi quasi morti gli fece venire la nausea. Doveva ragionare, non voleva rimanere su quel dannato camion dell'immondizia a morire di fame; guardandosi attorno vide che l'unica via di fuga, se così si poteva chiamare, era rappresentata dalla recinzione contro cui si era scontrato, che però era larga pochi centimetri e gli zombie, alzando le braccia avrebbero potuto afferrarlo per le caviglie: quasi impossibile. Iniziò a pensare di uccidere tutti quegli zombie, per la prima volta Randy Flin entrò nell'ordine di idee di eliminare gli zombie in modo sistematico, trovare un metodo efficace e rapido per ucciderli definitivamente. Capì che aveva due possibilità: sperare nel camion e sperare nel suo machete. Erano due scelte molto semplici, la prima era usare il compattatore per stritolarli, la seconda era ucciderli uno ad uno ad colpi di machete. Doveva sperare di avere fortuna e riuscire a far partire il sistema di presse del camion, rientrò calandosi nella cabina e riaccese con qualche fatica il motore, dopodiché si mise a cercare sul pannello di controllo I comandi per il compattatore. Ci vollero quasi dieci minuti di prove, ma alla fine il rumore e le vibrazioni provenienti dal retro del camion fecero capire a Randy che c'era riuscito. Si fiondò fuori e vide con soddisfazione, e disgusto, che il meccanismo stava già dando risultati, diversi zombie si stavano accalcando all'imbocco di quel gigante tritacarne con impazienza, spingendo per essere i primi a farsi dilaniare. Dopo pochi minuti, da quello che era il tetto del compattatore e che ora era uno dei lati dell'isola su cui Randy aveva trovato rifugio, iniziò a fuoriuscire una grossa macchia di sangue scurissimo e altre parti dei corpi straziati, come un viscido blob, resti di zombie calpestati da altri zombie. L'odore era quasi insopportabile e Randy dovette mettersi un fazzoletto su naso e bocca per mitigare quel fetore; quasi mezz'ora di duro lavoro, tra conati e momenti in cui si sentiva come un mandriano che conduce il bestiame al macello, e poi il camion si spense miseramente. Si rese solo in quel momento conto del fatto che era già stato un miracolo che il mezzo, inclinato di 90 gradi rispetto all'assetto per cui era stato progettato, si fosse acceso e che fosse rimasto in funzione così tanti minuti. Lo spettacolo, ora, oltre che spaventoso era anche raccapricciante: alla marea di zombie, che fortunatamente si era leggermente ridotta, si era aggiunto sul fianco del camion un lago di sangue era resti umani macellati. Randy aveva solo ridotto il numero di assedianti, che rimaneva comunque troppo elevato ed insormontabile; sudato prese un fazzoletto dalla tasca e si asciugò con calma, una calma manifestata solo dalla lentezza nei suoi movimenti, fronte, collo e polsi, cercando di pensare con lucidità e sforzandosi di staccare gli occhi da quell'orrendo panorama. Si guardò attorno, in cerca di qualcosa, e quando posò gli occhi sul cancello che era riuscito a raggiungere privo di sensi con il camion ribaltato notò una cosa che incredibilmente gli era sfuggita fino a quel momento: dal camion poteva accedere alla recinzione, che pur essendo larga solo tre o forse quattro centimetri, era alta a sufficienza per non essere raggiunto dalle mani degli zombie. Se fosse caduto sarebbe finito tutto, ma doveva provarci, recuperò lo zaino e studiò il percorso, che fondamentalmente era rettilineo, lungo una cinquantina di metri, al fondo dei quali avrebbe potuto saltare su alcuni furgoncini che aveva visto parcheggiati in bell'ordine mentre raggiungeva il centro sportivo. Dopo alcuni minuti di esitazione si decise e partì, gattonando, sforzandosi di mantenere l'equilibrio e di fare più in fretta possibile; come aveva immaginato sia dall'interno sia dall'esterno era oggetto delle sgradevoli attenzioni della massa ringhiante, e quando fu finalmente alla fine di quella strettissima via di fuga non perse tempo e si fiondò sul tettuccio del primo furgone, poi il secondo e così via finché senza quasi crederci poté saltare a terra e voltarsi vedendo la schiera, ovviamente ancora al suo inseguimento, ad una decina di metri di distanza. Pensò di vedere stupore negli occhi dei primi zombie, come ad esprimere incredulità per essersi lasciati sfuggire una preda, ma non perse tempo e partì con la vera fuga, di corsa, machete nella mano sinistra, sguardo che rimbalzava da una parte all'altra alla ricerca di qualsiasi movimento, pensando ai tre chilometri che lo separavano da casa, da Fuster e da Wolke.

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