27 - Appunti di Caster

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Durante il primo minuto di lettura iniziò a prendere appunti delle informazioni rilevanti.

- Individuazione strutture idonee ad ospitare da 1000 a 1400 persone. Strutture già esistenti 3 di cui solo 1 già disponibile.

Strutture convertibili 8, strutture da creare da 9 a 12.

Siti già individuati 6 più 4 eventuali. Siti da trovare da 3 a 6.

[... ... ...]

Man mano che prendeva nota dei dati e delle informazioni rilevanti Ronald sentiva che nella testa gli si formavano domande sempre più pressanti. Ad un tratto dovette interrompere la lettura. Spostando lo sguardo dai fogli posati sulla sua scrivania agli occhi del suo interlocutore cercò di trovare le parole giuste: voleva ottenere risposte senza apparire turbato.

- Agente Migat che cosa può dirmi in generale di tutto questo elenco di richieste e dati? Di cosa stiamo parlando? - chiese con tono quasi distaccato.

- Purtroppo le mie competenze in merito si limitano a quanto riportato nei documenti che le ho sottoposto - rispose meccanicamente l'agente Owen Migat, come se fosse stato preparato a quella domanda.

- Quindi mi sta dicendo che l'hanno mandata qui solo per portarmi queste... - sollevò i fogli, pinzati tra loro in alto a sinistra, per contarli, con due dita come se fossero appena caduti in una fossa biologica - cinque paginette? Ci sono le mail per queste cose, o i postini... - ora Caster era serio e sapeva di rivestire ufficialmente un ruolo che gli permetteva di non essere così cauto nell'esprimere la sua opinione.

Migat non fece una piega, non parve minimamente toccato da quanto appena detto da Caster.

- In effetti ha ragione, dopo 14 anni di servizio per il governo mi sentirei quasi offeso dall'eventualità di svolgere mansioni da postino. Sono qui per accertarmi che lei legga tutto, per chiarire eventuali dubbi strettamente collegati a quanto riportato nei documenti ed eventualmente ricevere una risposta, positiva o negativa che sia. - le parole dell'agente Migat più che scandite sembrava fossero recitate a memoria.

Caster si rassegnò davanti a quel muro di gomma e riprese la lettura e la contemporanea stesura di qualche appunto. Giunto al termine aveva le idee ancora più confuse: in sintesi, pensava, gli stavano richiedendo di organizzare, con nove anni a disposizione, un sistema di strutture per mettere al sicuro poco meno di 30000 persone, e mantenerle per quasi due anni. Era stupito e preoccupato, si chiedeva perché queste persone, che non riusciva ad identificare solo come appartenenti al governo, avevano questa esigenza. Facendo mente locale di tutto ciò che gli era passato sotto mano, cercò qualche elemento che fosse collegabile, una qualche minaccia che potesse, da lì a nove anni, richiedere una tale rete di salvataggio ma non trovò nulla. Si chiese anche da dove fosse stato calato quel numero, minimo 22500 massimo 30000. Era qualcosa di concreto, di preciso, di definito nel tempo, nello spazio, nelle modalità e nelle proporzioni.

- Hanno un piano... - disse a voce alta ma rivolto a se stesso. Nella sua testa le varie sfaccettature della sua personalità erano in subbuglio, sentiva domande di tutti i tipi:"ci sarò anche io?", "quanto cibo sarà necessario?", "cosa succederà a tutti gli altri?", " è uno scherzo?", "perché 9 anni?", "perchè un giorno solo per accedere alle strutture?", "chi sono queste persone e che idee hanno?", "perché?", "come gestire tutto ciò senza fa trapelare informazioni?". Sapeva che una buona parte di quelle domande avrebbero ricevuto risposte più che esaustive, ma anche che alcune altre, forse le più pesanti, non ne avrebbero avute.

- Bene, ho letto, ma sicuramente capirà che non posso dare una risposta in nessun senso solo leggendo una lista della spesa. Ora so di cosa avete bisogno, ma ho molte domande, e vorrei avere alcune risposte. - Caster era sicuro che anche questa sua osservazione fosse stata prevista da Migat e da chi l'aveva istruito. Iniziava a vederlo ora come un pappagallo piuttosto che come un postino.

- Signor Caster, che programmi ha per questo pomeriggio? - chiese prontamente l'agente Migat.

- Perché me lo chiede, agente Migat? - Caster non si aspettava quella domanda.

- Semplicemente perché se non ha nulla in contrario, ho la possibilità di dare risposte alle sue domande. - Migat accennò un microscopico sorriso di compiacimento. - Possiamo raggiungere in pochi minuti uno dei miei superiori che sicuramente sarà felice di soddisfare le sue curiosità. -

Caster non perse tempo e, dopo aver comunicato alla sua assistente Janet di rinviare tutti gli impegni del pomeriggio, prese la giacca e seguì  l'agente Migat fino al parcheggio. Lì Caster fu fatto salire su un'auto con vetri oscurati e Migat si mise alla guida. Dopo pochi minuti furono nel parcheggio sotterraneo di un grattacielo nel centro di Washington. Migat parcheggiò in un posto riservato e una volta scesi fece strada a Caster verso un ascensore al quale si poteva accedere solo tramite un badge. Caster conosceva quel sistema, e quando vide che non erano presenti i tasti dei piani ne ebbe la conferma: il badge dava accesso all'ascensore e al piano senza però indicare quale. Era una prassi per gli edifici dell'NSA. Pensò che forse nemmeno Migat era a conoscenza del piano. Mentre rifletteva su questi dettagli le porte si aprirono e si trovò in quella che a prima vista gli parve lo stereotipo da telefilm anni '90 di un ufficio di polizia, o redazione di giornale, ossia una serie di mini postazioni di lavoro divise da pareti basse composte da scrivania, sedia ergonomica, PC,  telefono, portamatite a cilindro, moquette grigia, un odore di nuovo e tessuti sintetici. Deserto. Non c'era nessuno tranne loro due, e dall'aspetto di quei locali Caster fu sicuro che nessuno avesse mai lavorato in quegli uffici. Non c'erano finestre, ma la cosa non lo stupì perché era direttamente collegata all'ascensore senza piani. L'NSA era l'agenzia più agguerrita ma anche più paranoica.

- Prego mi segua signor Caster - lo chiamò Migat, che ovviamente non si era soffermato a guardare quelle postazioni vuote. Caster prese a seguire Migat verso il fondo del grande locale dove, dietro ad una porta a vetri, altro stereotipo dell'ufficio del capo, scorse alcuni uomini seduti attorno ad un tavolo.

Quando Migat aprì la porta per farlo entrare gli uomini seduti si voltarono in sincrono verso Caster, che di colpo si sentì a disagio senza però capire subito perché. Gli sguardi che si erano posati su di lui, senza contare Migat, erano tre: due erano cordiali, uno no. Ed era proprio quello sguardo tutt'altro che accomodante a renderlo meno sicuro di sé stesso. Quell'uomo sulla sessantina lo fissava serio e impassibile, catalizzando la sua attenzione al punto da non fargli capire il nome del primo uomo che allungando la mano si era presentato: era Noel Dannen, il numero undici. Caster assimilò il nome durante l'incontro, non avrebbe mai chiesto di ripetere la presentazione. Il secondo a presentarsi fu Samuel Tevray. Ufficialmente Tevray era un pezzo grosso del dipartimento della difesa, Caster ricordava il suo volto ed era sicuro di averne già letto il nome su qualche documento.

Sostanzialmente Tevray era uno dei dieci, il suo ruolo operativo era la gestione della cosiddetta fase B. Di indole molto loquace, fu lui l'interlocutore principale di Caster. La terza persona, il signor D., non aprì bocca né cambiò espressione per tutta la durata dell'incontro.

- Bene, signor Caster, si accomodi. - disse Tevray sedendosi pesantemente sulla poltrona. Caster valutò che potesse pesare oltre i 120 kg.

I quattro uomini, Migat rimase fuori dalla stanza dopo aver fatto entrare Caster, erano seduti ai quatto lati del tavolo collocato al centro di quello che pareva essere un locale ancora da arredare: di fronte a lui sedeva Tevray, alla sua sinistra Dannen e alla sua destra il signor D. che dopo la prima parte dell'incontro, durante la quale lo aveva caricato di ansia e quasi distratto, sembrava quasi un elemento ridicolo e fuori luogo, come il fratello ritardato da ignorare qualsiasi cosa combini.

- Siamo molto felici di averla qui con noi, non speravamo di ottenere un riscontro così rapido da parte sua. - disse sorridente Tevray.

- Bè il riscontro in tempi rapidi in realtà è stato da parte vostra... -  anche Caster sorrise - ma andiamo al dunque: avrei alcune domande. - dicendo questo si mise comodo appoggiandosi allo schienale della sedia, incrociando le braccia ed esibendo un sorriso. La sua intenzione era quella di far parlare loro, probabilmente sarebbe stato Tevray, in modo da avere una panoramica più completa rispetto a ciò che gli stavano proponendo.

- Ovviamente, signor Caster, siamo qui per questo.  Ma prima di domandare, mi permetta di raccontarle una storia. - disse Tevray.

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