20 - Murray Clevon

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Il signor Murray Clevon era sempre stato una persona creativa, una macchina da idee, progetti che spesso però rimanevano sulla carta se non addirittura nella sua testa.

Professore di matematica presso il liceo statale della sua città, Daltonfort in Arizona, era rimasto vedovo all'età di 48 anni. La perdita della moglie dopo lunghe sofferenze  lo aveva fatto sprofondare in quella che lui ricordava come la peggiore Estate della sua vecchia vita. Era il 1998. Con l'arrivo dell'Autunno e di conseguenza con la ripresa della sua attività  di professore, Murray iniziò lentamente a crearsi una nuova routine solitaria che comprendeva: sveglia, bagno, colazione, auto, lavoro,  pranzo, lavoro, auto, lavoro a casa (preparazione test o correzione test), cena, bagno, letto.

Dopo alcune settimane trascorse in modo quasi robotico, con l'eccezione delle domeniche impegnate sostituendo la voce lavoro con la voce giardinaggio, Murray si rese conto che si era trasformato in qualcuno che non era più lui. Il fatto che nessuno se ne fosse accorto al liceo non lo stupiva: aveva sempre ostentato sia coi colleghi sia con gli alunni un carattere silenzioso e schivo, senza un motivo preciso, se non quello di mantenere un distacco tra vita privata e lavoro.  Ma lui non era così, e quando si accorse che stava rischiando di diventare quello che aveva sempre finto di essere, decise di dare un taglio netto a quella monotonia in cui stava precipitando. Finché la moglie Gladys aveva goduto di buona salute lui trascorreva ore ed ore nel suo studio leggendo. E quando non leggeva scendeva in garage ad armeggiare con qualche "invenzione strampalata che non finirai mai" come era solita dire Gladys quando voleva punzecchiarlo. In effetti le sue invenzioni erano decisamente lontane dall'essere utili o realizzabili, ma per Murray smontare e rimontare, provare  ad aggiustare o a migliorare qualche marchingegno era una passione  che si portava dietro da quand'era bambino.

La tristezza che lo stava attanagliando lasciò  rapidamente spazio all'entusiasmo ritrovato nelle sue passioni che aveva abbandonato ben prima della morte della moglie: quando lei aveva iniziato a stare male si era trovato in un labirinto di impegni lavorativi, che mai prima di allora avevano rappresentato un peso, di notti insonni a causa delle sofferenze che tormentavano Gladys, e di tutte le piccole e grandi cose che fino a poco prima costituivano il lavoro di casalinga della moglie. Era precipitato in un inferno di stress, stanchezza fisica e straziante dolore che lo rodeva dall'interno, portandolo anche a pensare di farla finita con una dose massiccia di sonniferi per lui e Gladys. Aveva comunque tenuto duro, Murray nonostante l'apparenza era un duro, e quando la moglie se ne andò si trovò svuotato emotivamente, combattuto tra il dolore per la perdita dell'amore della sua vita e il sollievo per lei e per sé stesso.

Qualche mese di apatia, pensò dopo aver preso coscienza del fatto che doveva in qualche modo uscirne, è accettabile, dopotutto c'è chi non ne esce più. Ma Murray ne uscì tornando alle sue passioni, alle sue letture e alle sue ore passate tra il garage e i centri di bricolage, o le ferramenta, o qualsiasi altra rivendita di quello che riteneva utile al suo progetto.

E proprio durante una bella mattina della primavera del 2019 di ritorno dal WalMart di Flagstaff  ebbe il suo primo incontro con la fine del mondo. Sull'interstatale 40, popolata da poche auto a quell'ora, vide qualcuno attraversargli la strada correndo come un pazzo. La velocità di crociera era quella di un professore di matematica in pace ormai con sé stesso che viaggia verso casa alle 10:38 di una fresca e serena - meteorologicamente parlando - Domenica mattina di fine Aprile: 59 km/h. Murray stava ascoltando un vecchio e rigato CD dei Coldplay perché dalla sera precedente radio e TV avevano problemi, pensava lui, probabilmente causati da una qualche tempesta solare.

Mentre iniziava il ritornello di Yellow la sua attenzione fu catalizzata da, come detto, un uomo che a pochi metri dal muso della sua auto si lancio in mezzo alla carreggiata apparentemente senza preoccuparsi delle macchine che procedevano in entrambi i sensi. Murray, stupito, ebbe tutto il tempo per frenare ed evitare l'uomo che pero non arresto la sua corsa attraversando anche la corsia delle auto che procedevano in senso contrario. E qui la corsa dell'uomo si fermò. Contro il cofano di una Ford che, seppur inchiodando, non poté evitare l'impatto. La scena lasciò pietrificato Murray che, mani sul volante, testa girata verso sinistra, bocca aperta come un ebete, assistette all'investimento e ai primi momenti dei soccorsi senza riuscire a sbloccarsi.

La donna che, scesa dalla Ford, si era precipitata affianco al corpo steso a terra era una dottoressa, lo disse con una insolita, per la situazione, calma.

- Mi sente? Sono la dottoressa Hatwood, non si muova.

La donna si guardò intorno ed il suo sguardo incrocio quello di Murray che era ancora fisso sulla scena.

- Ehi lei, venga qui presto, ho bisogno di aiuto!

La voce della donna ebbe sul corpo rigido di Murray l'effetto di una scarica di corrente,

che lo fece scattare fuori dalla macchina. Coprì i pochi metri che lo distanziavano dall'uomo steso a terra correndo, e riprendendo il controllo del suo corpo solo quando si fu abbassato affianco alla dottoressa.

-- Ha perso conoscenza e temo che il battito stia rallentando, faccio fatica a sentirlo - disse la donna mentre con indice e medio premeva sul collo dell'uomo privo di sensi.

- Sta morendo? Io l'ho evitato per un soffio ma che diavolo gli è preso per correre così in mezzo alla strada? - Murray aveva il fiatone per l'agitazione e si sentiva in totale confusione; guardandosi intorno vide alcune persone sbucare dalla boscaglia da cui probabilmente era arrivato l'uomo steso davanti a lui, ma non prestò  loro alcuna reale attenzione.

- Presto chiami un'ambulanza, presto! Sta perdendo sangue e non so come arrestare l'emorragia!

Murray tornò alla macchina, vi si tuffò dentro per prendere il borsello e ne riemerse con il cellulare in mano. Mentre componeva il numero si voltò a guardarsi intorno e così facendo rivide le persone che ora erano a metà strada tra la boscaglia e la strada. Camminavano in modo stentato, e puntavano verso il luogo dell'incidente, avevano qualcosa di strano che Murray non riuscì a cogliere. E poi un urlo, l'urlo di una donna, della dottoressa, riempì l'aria e le orecchie di Murray,  che si girò e la vide china sul corpo dell'uomo, ma ora era l'uomo stesso a tirarla a sé in uno strano abbraccio dalla quale lei cercava di divincolarsi.

Murray si lanciò verso quel groviglio di corpi in soccorso della donna, pensando che l'investito la stesse aggredendo per vendicarsi di quanto subito. Quando, non con poca fatica, riuscì a liberare la dottoressa Hatwood, Murray vide cosa realmente era accaduto: l'uomo,  ora una maschera di sangue ringhiante, aveva morso la donna al collo o alla faccia, sfigurandola in modo orribile.

- Che hai fatto schifoso pazzo bastardo? - Murray ora era sotto l'effetto di un fiume di adrenalina.

Prese quasi di peso la dottoressa e la portò  verso la propria auto mentre  l'aggressore, investito, pazzo, rianimato si stava rialzando. Murray depose la donna sul sedile del passeggero della sua auto, operazione che richiese molta fatica perché intanto lei pareva aver perso i sensi. Quando il professore alzò  lo sguardo per vedere  se l'aggressore si stava rifacendo sotto, con la coda dell'occhio non poté ignorare la presenza, fino a poco prima praticamente ignorata, di tutte quelle persone, almeno una dozzina che ormai stavano arrivando sulla strada. Ed in quel momento Murray capì che quello che stava succedendo non era normale, non era qualcosa di gestibile, e senza pensarci su girò intorno all'auto, trovandosi a due metri dal pazzo che ora era in piedi e barcollava faticosamente verso di loro, salì al posto di guida e accese la macchina. Quando l'auto iniziò a muoversi il barcollante sbatté contro la sua portiera, emettendo un grugnito gutturale che terrorizzò Murray al punto che quasi gli fece imballare la macchina. Per sua fortuna iuscì a tenerla accesa e partì a tutta velocità verso l'ospedale più vicino. E più lontano possibile da lì.

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