21. In compagnia della piccola Ayla

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Al crepuscolo della sera, i pensieri contagiati dai soavi e teneri canti della natura, si addolcirono e, non pareva un'illusione effimera ma, il principio di una giovane era.
Distesa su quei ciuffi d'erba felpata, accudivo il mio spirito assorto, con gli occhi serrati, in attesa di entranti novità.

"Mamma, mamma dove sei". Una mielata vocina echeggiava alle mie spalle. Una bambina errava senza meta, in cerca della sua mamma. Rimasi sconcertata dall'arrivo di quella avvenente e piccola creaturina, si aggirava impaurita e in solitaria, sembrava aver smarrito la mano della mamma.

-Ehi piccolina, ti sei persa? Stai cercando la tua mamma?- mi avvicinai lentamente per non intimorirla ulteriormente.

-Hai per caso visto la mia mamma?- Mi chiese con voce tremante...

-No tesoro, come si chiama la tua mamma? Sei sicura che sia qui?-.

-La mia mamma si chiama Sophia e non riesco a trovarla, mi puoi aiutare?-.

-Oh piccola mia, ma tu come ci sei finita qui, qual è il tuo nome?-.

-Io mi chiamo Ayla!-

-Ayla? Ma che bel nome, molto, molto bello, così come te. E ascolta, ti ricordi dove hai visto l′ultima volta la tua mamma?-.

-No, io non ricordo quasi niente-.

-E l'ultima cosa che ricordi, sai qual è piccolina?-.

-Io ricordo che ero insieme alla baby sitter, lei si chiama Karola, con lei ci sto quasi tutti i giorni per mezza giornata, la mia mamma lavora, fa l'infermiera nell′ospedale di Berlino -.

-Ah sei Tedesca allora. Quindi non eri insieme alla tua mamma, eri in compagnia di questa Karola!-.

-La mia mamma è Tedesca, il mio papà Turco. Comunque si ero con lei ed era anche abbastanza strana!-.

-Strana dici? In che senso? Che cosa intendi per strana?-.

-Ma... fino a ieri era normale, io ero seduta sul divano a guardare i cartoni animati, è venuta a sedersi accanto a me e accarezzava i miei lunghi capelli piangendo e, allora le avevo chiesto se avesse bevuto perché lo faceva sempre ma io, alla mamma non avevo detto niente, perché dopo aver bevuto, se ne andava sul letto a dormire e potevo guardare i cartoni finché non mi riaccompagnava a casa, invece di aiutarla a raccogliere il bucato!-.

-Il bucato? E dimmi, quando le hai chiesto se avesse bevuto, ti ha fatto del male?-.

-No, lei mi diceva che piangeva perché non poteva avere bambini e che voleva tenermi a casa sua anche oltre l'orario di lavoro della mamma ma io non volevo, volevo tornare a casa mia, sembrava un po' pazza!-.

-E poi? Cos'altro ricordi?-.

-E poi niente, non ricordo niente, solo che correvo per casa, dicendole che non volevo stare più con lei perché volevo tornare da mamma e papà e mi sono addormentata. Poi, mi sono svegliata a casa mia, ho cercato la mia mamma e il mio papà ma non c'era nessuno. Sono uscita fuori e una signora, mi ha detto di venire qui. Mi sento tanto sola...-

-Una signora dici? Comunque non sei sola piccola mia, come puoi pensarlo, ci sono io adesso qui con te...-.

-Si ma io voglio andare a casa mia. Tu come ti chiami?-.

-Il mio nome è Iris-.

-Iris? Che nome buffo!-.

-Ah si? Sarebbe buffo il mio nome? E perché lo trovi buffo?- Le feci il solletico per tirarla su di morale, era così triste...non mi spiegavo come fosse possibile far del male a una bambina così piccola, perché fu quello che mi venne in mente sin da subito, con quale coraggio!

Iris - Storia Di Un FemminicidioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora