Il pendolo

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                                                                                                                                                      Salve, ho trovato tra i documenti di un archivio, deturpata da polvere e anni, una pagina scarabo...

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Salve, ho trovato tra i documenti di un archivio, deturpata da polvere e anni, una pagina scarabocchiata a mano e mi sono sentito in dovere di pubblicarne un pezzo, almeno la parte comprensibile. Viva in eterno il ricordo del suo autore.



Anna,
non so come spiegartelo. Non tornerò a casa, inutile negarlo o mentirti. Lo so, nelle altre lettere ho promesso troppe volte il contrario. Sono parole senza significato, abbandonate sulla carta da un uomo incapace di dimostrarsi sincero. Ti amo. E non posso provartelo, non più.
Ricordi lo scienziato? L'amico di Howard.
Era al matrimonio. Non ho dimenticato un dettagli di quel giorno. Tu?
Ti dissi il suo nome e ti si riempirono gli occhi di domande.

- Era tra gli invitati?
- No. Howard mi ha pregato di poterlo portare con sé.
- E tu hai accettato?
- Se è qui.
- Senza avvisarmi? -

Mi tenesti il muso un paio di minuti e lasciasti stare.
L'ho incontrato alcune sere fa, al pub di Horace; quel mio cugino squattrinato a cui la fortuna ha dato un bacio e regalato la lotteria. Mi ha chiamato un paio di notti fa farfugliando cose indecifrabili su un locale di sua proprietà, così ho pensato di fare un salto. Non è lontano da qui e la birra vanta un prezzo ridicolo.
Non divaghiamo.
Horace mi stava illustrando, dando tanta attenzione ai dettagli, gli ultimi orrori della sua vita; il divorzio, i lutti, i pranzi senza più un significato. Mi ha fatto un po' pena. Ero sul punto di commuovermi e di spalancare i rubinetti, privo di un'idea su quando li avrei chiusi, e apparve lo scienziato.

- Jack!
- Amico di Howard! - Sebbene lo sapessi, non ricordavo il nome e ( avevo bevuto ) me lo lesse in faccia.
- Come stai? - Ma fece finta di nulla.
- Bene; sono lontano da casa da mesi ma non manca molto al mio ritorno. -  Horace s'era allontanato per sfamare un cliente con la bava alla bocca. Davanti a lui non l'avrei ammesso. Vedermi conciato male lo rassicurava, credo.
- Lavoro?
- Sì. Non ne hanno voluto sapere. - Horace stava tornando. - Tu come te passi?
- Tutto sommato non ho motivo di lamentarmi.
- Buonasera.
- Salve! - Strinse la mano a mio cugino. - Lei è?
- Il proprietario. - Fece, vanitoso.
- Ah, mi porta un sorso?
- Due birre, offro io. - Misi una mano sulla spalla di Horace e lo scienziato mi sorrise.

La sera ci scivolò tra le dita, distratti da risa e scherzi infantili.
La mattina dopo il mondo mi parve opaco. Avevo alzato troppo il gomito?
Accesi lo sguardo e feci fatica a capire i contorni delle cose. La stanza era sbiadita. Poi il tutto prese colore. I vestiti sporchi del sudore della sbornia arenati in giro, la giacca a terra e le scarpe disperse.
Una luce fioca e pigra languiva a terra, smorzata dal tessuto delle tende. E una radio parlava ad alta voce con i tipi del piano di sopra; una famiglia appena nata, tanti bimbi piccoli e i genitori incapaci. Mi ricordano un po' come eravamo noi, due o tre anni fa. Mi manchi.
I capelli mi tremavano sulle guance, danzavano come su un'altalena, spinti dai miei sospiri stanchi; sembrava non avessi dormito. Invece, era già mezzodì.

Il mio 2024Where stories live. Discover now