Il malessere di uno specchio

20 5 8
                                    



- Sam, si sta facendo tardi! - Alcune porte sbadigliavano. - Hai lavato i denti?
- Lo sto facendo, mamma, - spazzolino alla mano e dentifricio tra le rughe dei denti, - sono quasi pronto!
- Datti una mossa. Ma - sbadigliò, affacciandosi sul bagno, - sei in pigiama?
- Sì ma mi manca poco. - Le sorrise.

Sam aveva il sonno a rigargli lo sguardo, ad allentare l'attendibilità delle goffe risposte con cui ribatteva.

- Non sei credibile, Sam.
- Forse.
- Dai, papà parte tra qualche minuto. - Si scostò una ciocca impicciona da davanti al muso. - Ti lascia a piedi, sai?
- Non lo farà.
- Intendi correre il rischio? -

Sam posò lo spazzolino e le fece la linguaccia.
Abitavo nel loro bagno da anni e mi capitava di assistere a scene simili una mattina sì e l'altra anche.

- SAMUEL! -

La vita di uno specchio non è sempre semplicissima. A volte vedo cose di cui mi vergogno e arrossisco, ma nessuno se n'è mai accorto. Mi sono spesso commosso (ho la lacrima facile). Ma nessuno mai ci ha fatto caso.
Sapere cosa significhi vivere ai margini dell'esistenza di qualcun altro e conoscere i suoi segreti più intimi, ed essere ignorato di giorno in giorno, non è affatto piacevole.
E le occasioni non sono mancate!
Invitavano amici, nonni, zii e gente qualunque, raccolta dalla strada, ma a me non hanno mai proposto una cena, o una colazione!

- Eccomi! - Si era vestito e infilato le scarpe nel battito d'ali di una farfalla. - Ciao, mamma.
- Aspetta! Non - lo prese per il cappuccio, ridendo - devi andare in bagno? Poi a scuola si aspetta l'intervallo.
- Ah, giusto. - Cacciò la madre e chiuse la porta. Rimanemmo soli, io e lui. Della famiglia, Sam era il mio preferito. Non un chiacchierone (sua sorella o sua madre), ma più loquace del padre. Il fratello mi spaventava.
Erano gemelli ma sembravano i poli opposti. Ed erano agli antipodi. Una stella e un buco nero.
Sam era un bambino solare, due diamanti negli occhi e un arcobaleno rovesciato nel sorriso. Il beato incrocio tra Spongebob e Patric. 
Jack era un uragano col broncio. Pallido e malaticcio, era un maledettissimo genio. La sua immaginazione non conosceva limiti. Se si poteva inventare un dispetto nuovo, metteva su il suo palcoscenico e recitava per portarti nella trappola. Sua madre aveva imparato a non rispondergli più, se chiedeva aiuto.
D'altronde, non aveva mai avuto bisogno di niente, scaltro com'era. E ne era ben consapevole.
A cena, non ringraziava per il piatto (non l'ho mai sentito, ma ammetto di essermi perso una o due serate; se chiudono la porta del bagno rimango da ascoltare i gorgoglii del gabinetto), e sembrava schernire la madre con lo sguardo, come se potesse  procurasi da sé ogni cosa.

Stamani ne aveva in mente un'altra. A scuola non ci sarebbe andato; lo avevano espulso per recenti marachelle imprecisate. "Sospeso". I suoni e le sillabe di quella parola inquinavano l'aria di casa, macchiavano le pareti e intasavano le conversazioni degli adulti. Non ho chiaro cosa abbia scatenato l'ira del preside. Eppure, non ho difficoltà a temere si tratti di un brutto scherzo. Ai bidelli? Al corpo docenti? Al primo povero disgraziato capitatogli per le mani?

Era da un paio di settimane chino su uno strano prototipo. Non ho idea di dove ne abbia preso i pezzi. Ma penso abbia passato pomeriggi interi a lavorarci.  Lo teneva sempre nei pensieri. Persino in bagno. Lo spazzolino in una mano e il cacciavite nell'altra, lo sguardo indagatore proiettato a inganni futuri.

Sam stava facendo le sue cose. Fischiettava, ignaro, contento di cose e gioie indecifrabili, sul suo sorriso era impossibile leggere le ragioni del suo umore; era ottimo in ogni caso.
Sporco e rugginoso, era pronto e attendeva con ansia, sul mobile davanti a me, il macchinario assemblato dall'ingegno (e dalla pazzia) di Jack. Il furbo non aspettava di meglio. Sam si alzò, si portò a un passo dal lavandino e adagiò l'occhio su di me. E il suo sorriso si piegò alle deformità di un'espressione disgustata, ibrida tra delusione e paura.

Su di me (mi sento oltraggiato) apparvero i lineamenti  allucinati di Jack; una felpa nera e una pistola, a risaltare il pallore della sua pelle e il buio nel suo sguardo, le labbra sformate dalla cattiveria di un sorriso sordido e intriso di malizia. Il suo braccio mi trapassava  le carni e puntava al petto di Sam. E le ombre e gli artigli e le onde del male s'infrangevano percuotendo le pareti della stanza.
Il rubinetto era svenuto e l'acqua scorreva lungo le viscere delle tubature. Alcune mattonelle erano sbiancate.
Sam (teso e serio come mai l'avevo visto) si era coperto il volto con la mano. Sperava sparisse tutto, se non avesse visto altro.

E scomparve tutto.
Con la risata acida di Jack si aprì la porta.

- Sam, sei un tonto!
- No! Non ci ero cascato! - Penso fosse sincero - Tu, piuttosto, ma sei normale?
- No, non lo sapevi? -

La sera ripetè l'allegra burla col padre e (penso) non rivide più la sua creazione
Infatti, i genitori mostrarono l'apparecchio a un tizio in giacca e cravatta e (credo abbiamo preso da lui dei soldi) si stanno trasferendo. Cambiano casa (e specchio).
Io? Resterò qui, a tenere d'occhio i prossimi inquilini. Spero siano simpatici.

You've reached the end of published parts.

⏰ Last updated: May 09 ⏰

Add this story to your Library to get notified about new parts!

Il mio 2024Where stories live. Discover now