CAPITOLO 23. PRECIPITARE, INSIEME. -EPILOGO-

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Pov Sana. 


 Dopo la nostra discussione non avevo più incrociato Akito per i corridoi, e di colpo l'università mi sembrava così vuota. Sapevo che, dopo un paio di giorni, mi sarebbe sembrata ancora più vuota, perchè la sua laurea era vicina e con lei anche la fine di tutto. Ero stata io a volerlo allontanare e, quando avevo visto la sua espressione quel giorno, mi ero rassegnata ad accettare ciò che era successo. Ero libera. Ma, come dice una famosa frase, se nessuno ti aspetta, se nessuno ti da attenzioni, se torni a casa e nessuno ti sorride, come la chiami: libertà o solitudine? 

*

Il giorno della laurea di Akito era vicino, e io non ero certa di cosa avrei fatto. Beth mi aveva spiegato che, per l'evento, Akito e Tsu avevano deciso di dare una festa e lei avrebbe voluto che io partecipassi, ma non ne avevo alcuna intenzione. Temevo che non sarei mai riuscita a lasciarlo andare. Fondamentalmente ero un'egoista, perchè lo amavo così tanto da volerlo vicino ma, allo stesso tempo, lo odiavo così tanto da non voler stare con lui. Non riuscivo neanche o a capirmi, eppure nella mia testa avevo tutto chiaro. Il problema, in realtà, non era la mia testa perchè era facile zittirla, il problema stava poco più in basso e il mio cuore, al contrario, non era capace di tacere. Io avrei voluto solo che i miei pensieri fossero spariti, che tutto si fosse spento perchè stavo per impazzire.
 Mentre studiavo, poi, quei pensieri non erano di certo d'aiuto e, allo stesso modo, non fu d'aiuto Beth che spalancò la porta della nostra stanza urlando come se avesse appena visto un fantasma.
«Tu... hai... fatto...» aveva il fiatone, i capelli totalmente scompigliati e il viso aveva preso un colore vicino al rosso del suo maglione.
 «Hei B, rilassati, che succede?». Ripresi a guardare il mio libro di storia del teatro, avevo un esame da lì a poco e, anche se ne avevo fin troppe, non potevo permettermi distrazioni.
 «Tu hai fatto... un grandissimo errore!» urlò infine. Quale altro errore avevo fatto oltre agli ultimi mille?
«Sentiamo...». Mi girai a guardarla e lei si buttò sul mio letto, legandosi i capelli in una coda di cavallo nel frattempo.
 «Hayama...»
 «No. Non voglio sentire un altro discoro sulla sua festa d'addio.». Mi voltai di nuovo verso il mio libro e sperai che Beth capisse l'antifona e accantonasse l'argomento ma, ovviamente, non sarei stata così fortunata.
 «Tu non capisci! Quella ragazza, quella per cui è successo tutto questo casino... è un'attrice! E' stata assunta per sedurre Hayama!».Il mondo mi cadde addosso in un millesimo di secondo. Tutto. Avevo perso tutto per un'attricetta da quattro soldi. Guardai Beth e mi sembrò di stare per svenire. Cercai di calmarmi, mi ripetevo di inspirare ed espirare, perchè il mio corpo non reagiva più ai miei comandi. «Che cosa vuol dire che è stata assunta?». Ma soprattutto...
 «Chi l'ha assunta?!».
Provai ad analizzare ogni possibilità, ogni ragazza che avrebbe voluto rovinarmi la vita che avrebbe voluto distruggere Akito, ma nessuno mi sembrava capace di una cosa del genere. Pensai ad Arimi, la ragazza che Akito aveva allontanato quando eravamo diventati amici, ma era stata quasi buttata fuori per una bravata all'interno del dormitorio, non avrebbe fatto qualcos'altro per cacciarsi nei guai. Non mi veniva in mente nessun altro.
 «Sei sicura di volerlo sapere?». Mi preoccupai immediatamente, perchè doveva essere qualcosa di molto vicino a me. Annuii e feci un respiro profondo per prepararmi alla notizia.
 «Naozumi.»Non avevo parole. Non riuscivo a trovare una frase che racchiudesse il mio stato d'animo. Non potevo crederci. Come aveva potuto farmi una cosa del genere?
«Lo devi uccidere, lo sai vero? Lo devi distruggere.»Non prestavo attenzione alle parole di Beth, stavo cercando di collegare ogni frase incompresa durante le riprese del film, ed improvvisamente fu tutto chiaro.
 Aveva organizzato tutto non solo per farmi soffrire ma soprattutto perchè, senza la mia partecipazione, il film non sarebbe stato finanziato, quindi avrebbe di certo perso il lavoro. Mi veniva la nausea a pensare che mi aveva ripetuto mille volte quanto avesse avuto ragione su Akito e spesso gli avevo anche creduto. Che stupida che ero stata, ero caduta nella sua trappola senza neanche accorgermene.
Quante volte Akito aveva provato a spiegarmi, quante volte io l'avevo respinto senza neppure dargli la possibilità di parlare.
 «Akito lo sa?».
 «Si, era lì quando Ashley lo ha confessato. Sono mesi che cerco di diventare sua amica per capire cosa l'ha spinta a fare una cosa del genere e anche perchè volevo vendicarmi al posto tuo. Solo oggi lei mi ha spiegato, pensava di confidarsi con la sua più cara amica, quando Akito è sbucato fuori dalla sua stanza stava per svenire. Lui voleva ucciderla, ma credo abbia spostato il suo obiettivo su un ragazzo con gli occhi azzurri.»
Akito lo avrebbe ammazzato davvero, e tutto per colpa mia. Scattai in piedi e cominciai a correre verso la mia auto, non avrei perso tutto senza neppure aver provato a rimediare.
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Pov Akito.

 «Tsu, hai finito di chiamare gente? E' la festa per la mia laurea, non il mio funerale.». Erano giorni che Tsuyoshi non si staccava dal telefono, aveva invitato almeno cento persone alla mia festa, mentre io ero quasi indeciso sul cancellarla totalmente. Non avevo voglia di festeggiare, nonostante avessi sudato veramente per quella laurea; per di più aveva appena scoperto di aver perso Sana senza un motivo reale e solo per colpa di quel coglione di Naozumi Kamura.
Lo avrei ucciso, avevo anche pensato ad un modo per far sparire il cadavere. Mi venne quasi da ridere, mi dispiaceva per lui, non avrebbe dovuto mettersi in mezzo. Mi buttai a letto, con l'intenzione di rivedere la tesi dopo aver riposato un po', ma un ciclone vero e proprio piombò nella mia camera nel momento stesso in cui avevo chiuso gli occhi.
Li riaprii immediatamente, perchè il suo profumo di vaniglia invase la stanza. Sana era in piedi, proprio davanti alla porta della mia camera. Il petto le si alzava ed abbassava con un ritmo velocissimo, e la vena del collo le pulsava in un modo che non avevo mai visto prima.
 «Ciao..» sussurrò. Beth le aveva sicuramente detto cosa avevamo scoperto. Mi guardò come se fosse stupita e io le feci un cenno per ricambiare il saluto. «Pensavo di trovare casa tua distrutta.»
«Ho superato quella fase quando mi hai lasciato, non preoccuparti.».
Volevo ferirla, non perchè volessi vederla soffrire ma semplicemente perchè volevo farla sentire come mi ero sentito io.
 «Beth mi ha raccontato tutto...»
«E ora sei venuta qui a fare cosa?». Lei sgranò gli occhi, non si aspettava di certo di trovare il vecchio Akito ad aspettarla.
 «Sono venuta qui per scusarmi, tutto qui. Mi dispiace di non averti creduto, mi dispiace di non essermi fidata di te.». Cominciai a battere le mani, consapevole che si sarebbe infuriata. «Un'interpretazione da Oscar, veramente. Mi dispiace, non ho una statuetta d'oro per premiarti, prova a vedere se Kamura è più fortunato.»
Non avrei voluto dirle quella frase ma, per un attimo, il filtro cervello-bocca era andato a farsi fottere. L'avevo pensato e, immediatamente, l'avevo detto.
 «So che perdonarmi sarà difficile, e so anche che non è colpa tua... ma non è nemmeno mia.»
«Tu non ti sei fidata! Tu non hai avuto fiducia in me. Hai lasciato che i tuoi dubbi rovinassero tutto.»Anche solo guardarla in quel momento mi dava la nausea, perchè non riuscivo a concepire come avesse potuto lasciarsi condizionare dal passato, quando le avevo sempre dimostrato quanto le cose fossero diverse con lei.
 «Hai ragione, non mi sono fidata. Ma non posso tornare indietro e cambiare le cose... posso solo chiederti scusa, e aspettare che ti passi.»
«Allora credo che dovrai aspettare molto.». Il suo sguardo si posò prima sulla nostra fotografia sul mio comodino e, immediatamente dopo, sulle mie mani. Non capivo cosa stava provando, sicuramente neanche la sua era una posizione facile, ma di certo non poteva pretendere che io dimenticassi da un momento all'altro. L'avrei perdonata, l'amavo fin troppo per poter immaginare una vita senza di lei, ma non riuscivo a farlo in quel momento.
 «Aspetterò... non ho alcuna fretta, non sarà di certo il tempo a spaventarmi.».
Mi sorrise, aprii la porta e, dopo aver salutato Tsuyoshi, lasciò casa mia. Quanto era difficile amare qualcuno?!
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Pov Sana.

 Non avevo più sentito Akito dal giorno in cui mi ero presentata a casa sua, avevo saputo da Beth che non aveva intenzione di uccidere Naozumi, ma io non ero altrettanto magnanima.
Avevo chiamato Rei, chiedendogli di procurarmi anche il peggiore dei giornalisti per un'intervista, in cui avrei rivelato tutti i casini orditi da Naozumi. Molti fan l'avrebbero presa come una ripicca per l'essere stata mollata, ma non mi importava, chi mi amava avrebbe saputo che ciò che dicevo era la verità. L'articolo era appena uscito e, stranamente, nulla era stato distorto o modificato e la storia della rottura tra me e Akito era finita in prima pagina.
Probabilmente si sarebbe innervosito, odiava mettersi al centro dell'attenzione ma, superata la fase iniziale, avrebbe capito che era un gesto come un altro per farmi perdonare. Beth era preoccupata per me, era piena di dubbi, mentre io ero relativamente tranquilla. Akito mi avrebbe perdonata, ne ero certa, non sapevo ne quando ne come, ma l'avrebbe fatto.
E io avrei aspettato, avrei aspettato tutto il tempo possibile per lui, perchè era l'unico per cui ne valesse la pena. Mancavano tre ore alla festa di laurea e Beth continuava ad insistere perchè io andassi con loro.
Ma come potevo? Presentarmi lì, a quale titolo? Io e Akito avevamo spesso persino di essere amici, non avevo alcun diritto di festeggiare con lui. E poi, cosa avrei dovuto festeggiare? Avrebbe abbandonato l'unico luogo che ancora ci teneva legati, che mi permetteva di averlo ancora vicino. Non riuscivo a sopportare l'idea di perderlo e guardare Beth andare alla festa sarebbe stata una tortura, quindi presi le chiavi della macchina e decisi di andare a fare un giro. Guidare mi avrebbe calmato e speravo che mi avrebbe anche schiarito le idee, altrimenti la serata si preannunciava disastrosa.


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