CAPITOLO 10. TOTALMENTE E PROFONDAMENTE.

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Pov Sana

Non riuscivo a non pensare a quello che era accaduto in camera di Hayama, mi aveva guardato come se fossi stata una specie rara, a rischio di estinzione. Per la prima volta in vita mia mi ero sentita umiliata. Come si permetteva di giudicarmi, solo perché non la davo via come se non fosse mia, come tutte le sgualdrine che era abituato a portarsi a letto?
Ma come potevo pretendere che Akito capisse la mia scelta? Lui non vedeva l'amore come un sentimento che unisce due persone, per lui era una sorta di impulso volto a soddisfare i propri istinti, una sana scopata, come l'avrebbe definita lui, per me una fusione non solo di due corpi, ma anche di due anime.
Per distrarmi avevo già cominciato a pensare a cosa indossare alla prima e, con mio grande rammarico, mi ricordai di dover dire ad Hayama di portarsi almeno lo smoking. Si, come se Hayama avesse uno smoking. Magari Tsu...
Nonostante non facesse freddo, era da un paio di ore che pioveva a dirotto e io, buttata sul letto della camera che condividevo con quella che ormai non era più la mia compagna di stanza, – Beth passava più tempo a casa di Hayama in compagnia del suo ragazzo che non al dormitorio – facevo mentalmente la lista delle cose da portare con me. Il vestito verde, l'abito che avrei indossato alla prima, gli stivaletti beige...
Controllavo l'orologio circa venti volte al minuto nella speranza che accadesse qualcosa. Mi convinsi che, forse, aspettavo, trepidante, una chiamata da parte di Hayama che, dopo la discussione avuta in corridoio, non si era fatto vivo nemmeno con un messaggio. Era ormai sera e, anche se sapevo che il giorno dopo ci saremmo visti ugualmente, ero un po' arrabbiata e, in parte, anche delusa. Avevo sperato fino alla fine che cambiasse idea e mi chiamasse chiedendomi scusa, ma se non era successo dopo ventiquattro ore perché sarebbe dovuto accadere in quel momento?
Mentre ero concentrata sul dubbio amletico delle scarpe da mettere insieme al vestito scelto per l'evento sentii bussare alla porta e, sbuffando, mi dovetti sottrarre alla mia comodissima posizione da universitaria nullafacente.
Aprendo mi trovai davanti un ragazzo, sembrava un cameriere, che mi consegnò un pacco e un biglietto. Lo ringraziai e poggiai la scatola sulla piccola scrivania posizionata vicino all'entrata, incerta se aprirla o meno. Il biglietto era anonimo, quindi chiunque l'avesse scritto voleva far leva sulla mia curiosità, sapeva bene che se volevo conoscere il mittente, sarei stata costretta a leggere il messaggio. Chi poteva mandarmi un regalo? Dall'odore che emanava quell'involucro doveva essere sicuramente un dolce o qualcosa di simile.
Esaminai tutte le possibilità e alla fine mi convinsi che potevano essere state solamente due persone: Beth, per farsi perdonare degli screzi che avevamo avuto negli ultimi giorni, o Naozumi, per rompermi le palle più di quanto già non avesse fatto. Quasi immediatamente scartai la seconda ipotesi, Kamura era un bastardo, ma conservava ancora qualche dote da gentiluomo, non mi avrebbe mai cercata così apertamente senza aver prima appurato che la mia relazione fosse solo una farsa.
Quindi, presa dalla convinzione assoluta che fosse Beth il mittente, aprii il biglietto con un sorriso amaro sul volto.

Visto che non mi rivolgi più la parola, non rispondi alle mie chiamate e ai miei sms, ho pensato che l'unica soluzione era mandarti le mie scuse. Non era mia intenzione ferirti...Spero che questo gesto di pace riesca ad addolcirti un po'... Hayama.Ps: sono fuori dalla finestra e, l'ultima volta che ho controllato il meteo non prometteva nulla di buono, mi fai entrare?

Chiusi immediatamente il pezzo di carta che avevo tra le mani e sbuffai. Era impossibile che Hayama fosse lì, impossibile che avesse mandato quel biglietto, ma comunque aprii la scatola per vedere cosa c'era dentro. Vidi una torta, rigorosamente al cioccolato, decorata con la scritta: SORRY.Se non lo avessi odiato, l'avrei sposato.Presi il dolce e mi misi a letto accendendo solo la luce flebile del lume sul comodino. Staccai un pezzo e lo assaggiai. Continuavo a ripetermi che dovevo allontanarmi da lui, ma la verità era un'altra: io volevo disperatamente che lui mi cercasse, perché volevo illudermi che quelle attenzioni erano il suo modo per farmi capire che ai suoi occhi ero diversa, che ero importante. Alcune volte mi ero ritrovata a pensare che il fatto che lui non mi avesse mai sfiorata, non fosse da attribuire al fatto che mi rispettasse, ma forse al fatto che non ero abbastanza per lui.Fui tentata di andare alla finestra a controllare se Hayama avesse detto la verità, se fosse veramente sotto la pioggia ad aspettare che io mi decidessi a parlargli. Scelsi di non cedere a me stessa, perché se lui fosse stato lì o meno non doveva importarmi, ero arrabbiata e non dovevo dargliela vinta.

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