parte 17

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daylight

Le parole di Sarah mi rimbombano in testa da ieri sera. Non riesco a pensare ad altro, nemmeno a prendere sonno, dopo più di 24 ore da quella chiacchierata. Oggi non avevo il coraggio di parlare con nessuno; è già tanto che io abbia partecipato attivamente alla lezione di teoria musicale. Quando sono tornata oggi pomeriggio, mi sono chiusa in stanza e non sono uscita da allora, nemmeno per cenare. Non avevo voglia di vedere nessuno, dal momento che la mia mente era già troppo affollata di suo.
Mi allungo per controllare l'orologio sul comodino; sono le 11 e mezza, le luci sono già spente da più di un'ora, ma comunque non ne voglio sapere di dormire, e domani abbiamo anche lezione presto! So già che mi odierò per questo.
Mi tolgo le coperte da dosso e con un gesto stanco mi alzo dal letto, infilandomi le ciabatte. Mi passo una mano sul viso e comincio a camminare - per inerzia - verso il giardino sul retro, stando attenta a non svegliare nessuno. Qualcuno è ancora in piedi, sicuramente a bere la tisana di Mida in cucina, quindi non c'è pericolo che qualcuno mi veda sveglia.

Una volta arrivata in giardino, il freddo della notte mi avvolge, facendomi rabbrividire; sono uscita solo con una maglietta a maniche lunghe e un leggings e qui fuori faranno 10 gradi.
Cammino lentamente verso il divanetto, quello che di solito occupiamo io e Holden quando vogliamo parlare. Magari stare qui mi farà schiarire le idee una volta per tutte.
Mi siedo, rannicchiando le ginocchia al petto per cercare un po' di calore, inesistente dato il gelo di metà Novembre. Il silenzio è quasi assoluto, rotto solo dal fruscio delle foglie mosse dal vento leggero.
Penso a Sarah, alle sue parole, a quello che mi ha detto. "È evidente che c'è qualcosa di più sotto". Mi fa quasi ridere ora che ci penso, ma allo stesso tempo sento un peso al petto. È possibile che abbia ragione? Che io stia davvero negando qualcosa che è chiaro a tutti gli altri?
Sto lì, persa nei miei pensieri, quando sento dei passi avvicinarsi. Non so perché, ma non ho la sensazione di non aver bisogno di voltarmi per capire chi sia. Sento già la sua presenza, il suo modo di muoversi, quel leggero disagio che si trascina sempre dietro. Joseph.
Si ferma accanto a me, e per un attimo penso che tornerà indietro, come ha fatto per questi ultimi giorni. Ma invece si siede, proprio accanto a me, come abbiamo fatto mille altre volte.
Non ci guardiamo, restiamo lì senza parlare, sapendo che le parole sono ancora un muro troppo spesso da abbattere.
«Non riuscivi a dormire?» chiede lui qualche minuto dopo, rompendo finalmente il silenzio. La sua voce è più bassa del solito, quasi un sussurro, come se anche lui fosse stanco.
Scuoto la testa, anche se non sono sicura che mi abbia vista, dato il buio. «No, tu?»
«Nemmeno» La sua risposta è semplice, ma carica di un peso che non riesco a ignorare. So che c'è altro dietro, che c'è sempre stato altro, ma non so se sono pronta a parlarne.
Il silenzio tra noi è pesante, carico di tutto quello che non ci siamo detti. Ogni secondo che passa mi sembra un'occasione mancata per confessare tutto ciò che ho da dirgli, ma non riesco a trovare le parole giuste. Alla fine, è lui a romperlo.
«È troppo tardi per delle scuse?» dice, con voce profonda, facendomi sentire subito un nodo alla gola. «No, anzi anch'io dovrei chiederti scusa» confesso, cercando di mantenere la calma. «Ma non avresti dovuto intrometterti» dico, con amarezza. Forse non avrei dovuto parlare così di getto, ma il rancore che provo per la sua intromissione tra me e Ayle è più forte del dispiacere per il non parlargli più.
«Che intendi?» domanda, girandosi leggermente verso di me.
«Era una questione tra me e Elia. Tu non c'entravi nulla. Potevo occuparmene da sola anche senza creare drammi inutili» alzo le sopracciglia, spiegandogli di petto ciò che credevo fosse giusto dirgli.
«Ho sentito quello che ti stava dicendo e mi 'so innervosito» chiede lui, con uno sguardo acuto. «Ho agito d'impulso e ho sbagliato. Fine della storia, t'ho pure chiesto scusa» alza la voce, incrociando le braccia. Credo di averlo fatto appena arrabbiare.
So che lui aveva le più pure intenzioni, ma ha solo ingigantito il problema - se così si poteva chiamare - inutilmente. Io ero pronta a dimenticare quell'episodio senza far sapere nulla agli altri, a risolvere civilmente con Ayle se solo lui mi avesse chiesto scusa in tempo. Joseph ha solo peggiorato le cose intromettendosi.
«Allora dovresti essere meno impulsivo, se questo è il problema. Pensaci un attimo» scrollo le spalle, senza staccare lo sguardo dal suo.
Dire quelle parole ad alta voce è stato come darmi un pugno allo stomaco da sola. È tutto il contrario di ciò che penso di lui; non so nemmeno io perché gli stia dicendo cose spregevoli gratuitamente. È come se il mio corpo avesse azionato l'autopilota in caso di difesa.
Vorrei chiedergli scusa in mille lingue, abbracciarlo, dirgli che è tutto perdonato, ma a quanto pare la mia lingua non è collegata al cervello.
«Hai ragione» annuisce, con il viso contratto. «Ma sei te a rendermi così. Lo sai, Evì?» confessa infine. Nei suoi occhi leggo una punta di disperazione mentre quelle parole scivolano via dalle sue labbra. «Comunque, io voglio chiudere sto capitolo e girà pagina. Però la scelta è tua» conclude infine, lasciandomi la parola per rispondere.
La scelta è mia.
Il mio cuore accelera, e la mia mente è un caos di emozioni. Ogni fibra del mio corpo gridava SÌ!, ma c'era qualcosa, infondo, che mi diceva si lasciar perdere.
«Joseph» comincio, cercando di mantenere la calma nonostante la rabbia. «Possiamo parlarne domani? È tardi e domani abbiamo lezione alle otto» esalo, esausta. Non ho voglia di discutere su una proposta senza senso, tanto vale andare a letto.
Mi alzo, sentendo le lacrime che minacciano di uscire gli occhi. Non aspetto neanche una sua risposta, né riesco a guardarlo mentre mi allontano, ma sento il suo sguardo sul mio corpo mentre mi allontano dalla porta finestra.

𝐄𝐮𝐭𝐞𝐫𝐩𝐞 || 𝐇𝐨𝐥𝐝𝐞𝐧Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora