Parte 31

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Don't look back in anger

Qualche giorno fa, dopo la strigliata alle squadre di Lorella e Anna, Rudy ha avuto la brillante idea di assegnare - solo a noi quattro - lo stesso esperimento con una canzone di Natale, per premiarci. Siamo sotto data e, secondo lui, è il momento perfetto per fare qualcosa di "fuori dagli schemi", come dice sempre. Così ora siamo in quattro nello studio di registrazione piccolo a riarrangiare Last Christmas degli Wham!.
Non ci stiamo. Io sono in piedi vicino alla parete, mentre Holden, Petit e Lil sono seduti su delle sedie pieghevoli arrangiate alla meglio. Il riscaldamento qui è rotto e l'aria è densa e fredda, sembra quasi manchi l'ossigeno: lavorare in queste condizioni non è affatto ottimale, ma almeno sta venendo un bel risultato.
Stiamo lavorando da ore ormai, ma stranamente non sentiamo la stanchezza. C'è una strana energia nell'aria, una di quelle che capitano raramente, quando tutto sembra funzionare alla perfezione. Lil sta aggiungendo un tocco di voce che non avevamo previsto, ma che si incastra alla grande con il resto. Holden, con la sua solita precisione, sta sistemando i livelli audio, cercando di far emergere ogni dettaglio senza sovrastare il resto. Petit è al pc, a fare non so cosa, e io sto cercando di orchestrare tutto, per dare un senso a ciò che abbiamo creato finora.
La cover sta venendo davvero bene, molto meglio di quanto avremmo immaginato. Ogni tanto ci scambiamo uno sguardo complice, come per dire: "Stiamo spaccando".
Ad un certo punto, l'interfono gracchia e la voce di Rudy risuona nello studio. «Ragazzi ciao, come va? Sentite, volevo parlarvi della canzone. Ho ascoltato le ultime modifiche, e devo dire che è davvero forte. Pensavo...potremmo farla uscire sulle piattaforme digitali» propone il nostro prof, più che entusiasta.
Il silenzio cala nella stanza. Holden si ferma di colpo, le mani ancora sospese sopra i tasti del computer. Petit smette di smanettare sul pc, mentre Lil mi lancia uno sguardo interrogativo.
«Aspetta un attimo, Rudy...» inizia Holden, e c'è un tremito nella sua voce che mi mette subito in allerta. «Noi lo veniamo a sapere adesso. La canzone non...non va bene, non è perfetta. Non possiamo farla uscire così»
Rudy rimane calmo, come sempre. «Holden, l'abbiamo ascoltata tutti e...»
«No!» Holden lo interrompe, alzando la voce. «Non abbiamo lavorato nelle condizioni ottimali. Ci sono ancora cose da sistemare. Non possiamo permetterci di far uscire una cosa che non è al massimo delle nostre potenzialità!» esclama, slacciandosi la giacca con un gesto veloce. È chiaro che sta iniziando a perdere il controllo della situazione. I suoi occhi sono spalancati e il suo respiro è sempre più pesante e il silenzio che segue è carico di tensione. Holden rimane immobile, fissando lo schermo come se fosse sul punto di esplodere. Rudy, dall'altra parte dell'interfono, si prende un attimo prima di rispondere, come se stesse valutando attentamente le parole da usare.
«Holden, ti capisco, davvero» dice Rudy con voce pacata. «Siamo tutti perfezionisti qui, e nessuno vuole pubblicare qualcosa che non sia all'altezza. Ma avete fatto un ottimo lavoro. Faccio questo mestiere da 35 anni, quindi se permetti, so quando qualcosa può passare in radio» ci informa.
Nessuno di noi osa fiatare, anche se siamo d'accordo con Rudy, tutti aspettiamo una risposta da parte di Holden. Lui si passa una mano tra i capelli, visibilmente scosso. «Questa situazione mi sembra assurda, sinceramente» la sua voce trema, il controllo che di solito lo caratterizza sta lentamente cedendo. «Io non sono solito far uscire cose su cui non ho lavorato»
Rudy prova a intervenire, mantenendo la calma. «Holden, ascolta, ti posso chiedere di usare un altro tono mentre...»
«Ecco, io non riesco a rimanere calmo per la situazione in cui mi trovo, per cui lascio parlare voi» Holden alza la voce, interrompendo Rudy di nuovo. Quest'ultimo cerca di farlo ragionare, di parlare civilmente con lui, ma Joseph si alza «Io non riesco a stà qua dentro, mi dispiace!» alza la voce,
sopraffatto dall'emozione. Rudy prova ancora a calmarlo, ma Holden sembra non ascoltare più. I suoi movimenti diventano sempre più frenetici, la stanza sembra rimpicciolirsi intorno a lui.
«Holden, innanzitutto prendi un bel respiro, possiamo rivederla, ma dobbiamo parlarne con calma» dice Rudy, cercando di mantenere il controllo della situazione, ma è troppo tardi.
Holden scatta in piedi, spostando la sedia pieghevole che cade a terra con un rumore sordo. «No! Devo uscire di qui, non posso più...non posso...scusate» balbetta, dirigendosi verso la porta con passo incerto, come se il pavimento si stesse muovendo sotto di lui. Le sue mani tremano visibilmente, e capisco subito cosa sta per succedere. Senza dire altro, spalanca la porta ed esce dallo studio di corsa, quasi inciampando. Per un attimo, rimaniamo tutti fermi, congelati dalla sorpresa, mentre Rudy sta ancora parlando. Poi mi muovo senza pensarci due volte. «Vado io...» mormoro, seguendolo fuori dalla stanza. La mia mente è un caos, ma l'istinto mi spinge a correre dietro di lui. Non posso lasciarlo così. Mi precipito fuori, attraverso il corridoio degli studi. Holden cammina a passo svelto, quasi correndo, con le mani nei capelli e il respiro pesante. Mentre corro dietro di lui, vedo le sue spalle tremare leggermente. «Holden! Aspetta, ti prego!» gli grido, ma lui non si ferma.
Gira l'angolo, poi un altro ancora. Lo seguo fino alla porta d'emergenza che lui apre con un calcio deciso, uscendo fuori nel freddo del parcheggio degli studi. Quando arrivo anch'io, lo vedo piegato su se stesso, con le mani sulle ginocchia, respirando a fatica.
«Joseph...» mormoro, cercando di mantenere la voce calma «Hey» gli prendo il viso tra le mani, sperando che mi guardi negli occhi. Lui solleva lo sguardo verso di me, e quello che vedo nei suoi occhi mi fa male al petto: paura, ansia, e le lacrime che minacciano di uscire. «Eva...» dice, scuotendo la testa freneticamente. «Non voglio che tu mi veda così. Ho bisogno di aria. Ho bisogno di stare da solo, per favore, lasciami in pace» dice, togliendosi il giubbotto. Faranno cinque gradi qui fuori, eppure lui ha caldo.
«No, voglio aiutarti» insisto, avvicinandomi ancora un po'. «Non posso andarmene sapendo che stai così» sussurro, accarezzandogli il viso.
«Eva, no!» grida all'improvviso, facendomi sobbalzare. «Non voglio che tu stia qui! Non posso sopportare che tu mi veda...che tu provi a...Non è un tuo problema, Eva. Vai via, ti prego. Ho bisogno di stare da solo» abbassa la voce alle ultime frasi, esaltando la disperazione con il quale mi sta parlando.
Le sue parole mi colpiscono come uno schiaffo, facendomi indietreggiare. Per un attimo rimango lì, immobile, sapendo di essere impotente. Vorrei dirgli qualcosa, qualsiasi cosa, ma le parole mi muoiono in gola. Non riesco a muovermi, a pensare, perché sento solo un dolore sordo al petto.
«Okay...» sussurro, sentendo la voce incrinarsi, non so nemmeno se mi abbia sentito.
Mi giro lentamente, cercando di non scoppiare in lacrime lì davanti a lui. Ogni passo che faccio per allontanarmi mi sembra pesantissimo, come se stessi camminando con dei macigni legati ai piedi. Le mie gambe si muovono sempre più veloci man mano che mi avvicino alla casetta, e quando raggiungo la porta, non riesco più a trattenere le lacrime che iniziano a scendere lungo le guance. Apro la porta e rientro dentro, il calore del riscaldamento mi avvolge, ma non riesce a scaldarmi. Ignoro gli sguardi di Gaia, Kumo, Simone e chiunque mi abbia vista e piombo in camera mia, buttandomi sul letto.

𝐄𝐮𝐭𝐞𝐫𝐩𝐞 || 𝐇𝐨𝐥𝐝𝐞𝐧Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora