45. La proposta

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A quanto pare mi sbagliavo

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A quanto pare mi sbagliavo. Su tutto.

Sbagliavo a credere che sarebbe potuto essere un nuovo inizio, così come sbagliavo a pensare che sarebbe stata la fine dei miei rapporti con i genitori di Rowoon.

In realtà si tratta semplicemente di un perseverare diabolico.

Il padre del mio ragazzo non ha alcuna intenzione di cambiare idea e redimersi.

Ha scelto di non permettere che sua figlia abbia diritto di scelta sulla sua vita e di non permettere che suo figlio possa smettere anche solo per un giorno di sentirsi in colpa o responsabile per la sorella.

Tutto è iniziato dal momento in cui Rowoon ha lasciato l'appartamento per andare in ospedale da Jiwoo e suo padre ha esordito con un: «Barbara Graham, dobbiamo parlare». La sua non è stata una domanda, bensì una sorta di ordine.

Suppongo che abbia voluto sapere il mio cognome per poter fare eventuali indagini sulle mie origini o per risalire a chissà quale altro tipo di informazioni. Suona come una sorta di avvertimento, del tipo "so come ti chiami, so chi sei" e allo stesso tempo, pronunciando anche il nome per intero, mantiene le distanze e il tono su un piano freddo e formale.

Per niente ansiogeno quindi... povera me!

Il suo atteggiamento risoluto, perentorio e (non ho problemi a dirlo) prepotente non è stato attenuato neppure quando ha visto Chopin, che zompato sul ripiano della cucina, si è seduto, fissandolo con naturale diffidenza. Mi sono avvicinata al micio per rassicurarlo e fargli i suoi tanto amati grattini alle orecchie, ma lui non si è lasciato andare completamente, è rimasto col corpo in tensione, ha ringhiato leggermente, come se stesse borbottando sottovoce; c'è qualcosa di quell'uomo che mette anche lui sul chi-va-là.

E come dargli torto?

E così, mentre inizio a farmi i miei consueti castelli mentali su quali siano le ragioni per cui mi voglia parlare e quale sarà la mia condanna definitiva, cerco di apparire calma e non a disagio, ma mi rendo conto che tutto questo per una come me è pressoché impossibile e inutile. Quest'uomo riesce a mettere in soggezione chiunque, anche solo con uno sguardo o un gesto del capo, perfino il modo in cui sospira fa capire se prova disappunto nei confronti degli altri.

I miei nervi sono già duramente provati ancora prima che inizi la nostra discussione.

«Venga, si accomodi» Dico, invitandolo a sedersi in soggiorno. Mi comporto in maniera civile e ospitale, ma il più possibile neutra nel tono e nelle espressioni del viso, che so essere traditore del mio reale stato d'animo.

E in questo momento odio stare qui. Odio non aver ancora finito completamente di mettere in ordine la casa, dopo lo sfogo di Rowoon dell'altro giorno. Odio stare alla presenza di questa persona, che non ho ancora voluto sapere come si chiami e che mi limiterò a chiamare "Signor Kim". Lo chiamerò così per sempre? Probabile. Anche perchè ho intenzione di averci a che fare il meno possibile. Mi rendo conto però che non è da me comportarmi in questa maniera, io sono una persona socievole, gentile, incline all'amicizia e so che in fondo mi dispiacerebbe molto non avere buoni rapporti con i genitori della persona che amo.

Love in Montmartre (Rowoon)Onde histórias criam vida. Descubra agora