Capitolo 26

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Mi scuso per la pausa, ma ultimamente nonostante abbia già organizzato il seguito della storia, mi ritrovo con poco tempo per scriverlo.

Spero di aggiornare presto!
Buona lettura, spero la storia vi stia piacendo ♡
Fatemi sapere nei commenti, se volete, cosa ne pensate :)

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Canzone (capitolo 26) :
The Cinematic Orchestra -
To build a home

Non un movimento, non un verso, un lamento, niente.

Non riesco ad aprire gli occhi, va avanti così da un tempo dannatamente interminabile.

Non riesco a muovere un muscolo, se non il mio cuore che mi ricorda che in qualche modo sono ancora viva.

È così strano, nella vita ci sono volte in cui ti senti talmente impotente, talmente fragile e spaventato, ma nulla è paragonabile a come mi sento ora, in questo stato.

Non puoi dire a nessuno di non preoccuparsi per te, che stai bene, non puoi dare nessun cenno di vita per fare sapere che senti parlare quelle persone che vengono a trovarti.

Come mio padre, sento la sua voce ogni giorno, in cerca di speranza nella sua voce flebile e rassegnata.

La situazione è alquanto strana perchè sento in qualche modo di aver fatto un passo verso mia madre, ma contemporaneamente uno anche verso mio padre, è più presente del solito.

Forse dovrei farmi prendere sotto da un'auto più spesso penso sorridendo dentro di me.

Non riesco a fare neanche quello adesso, sorrido ma solo dentro di me. Non posso fare neanche la cosa che amo fare di più al mondo ma che, ironia della sorte, faccio più raramente.

Sento spesso anche Dylan sfiorarmi le dita delle mani, tenermele strette per qualche minuto e raccontarmi come vanno le giornate, come Rachel si sia incupita dopo il mio incidente.

Lei non è mai venuta.
Dylan dice che non riesce a vedermi così, non vuole pensare di perdermi già, specialmente perchè si sente in colpa.

C'è sempre qualcuno che si sente in colpa, che assume la parte del colpevole all'interno della storia, del responsabile di ogni cosa, nonostante ci siano quelli che tentano di consolarlo incolpando il destino.

Io non ci ho mai creduto, nel destino.

Secondo me tutto ciò che succede, il corso delle cose, è condizionato e determinato dalle scelte che facciamo.

Non è stato il destino a farmi finire qui, ma il mio sguardo puntato verso i miei piedi.

Non è stato il destino a farmi conoscere Dylan e Rachel, ma la loro voglia di conoscermi e considerarmi come una loro pari.

Non è stato il destino a farmi finire a Pittsburgh, ma mio padre e le sue teorie.

Infine, non è stato il destino a far morire mia madre, ma lei stessa nel decidere di raggiungerci più tardi.

Per destino sarei potuta sprofondare nella totale depressione dopo la sua morte, o per destino no; oppure per destino sarei potuta morire dopo che quell'auto mi ha scaraventata a terra, o per destino no.

L'importante è che quello che accada sia dovuto al destino, per la gente.

E tutte queste assurde teorie che costringono le persone ad attribuire la colpa a cose sconosciute come il destino sono fastidiose, assordanti e ripetitive come la parola stessa ripetuta più volte.

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