Capitolo 42

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Mi scuso per il ritardo!

Non ho nient'altro da aggiungere... quindi mi dileguo :)

Buona lettura e fatemi sapere cosa ne pensate alla fine del capitolo! Grazie ❤

Sounds_Good_015

Sofi ❤

Canzoni (capitolo 42):
M83 - Holes in the sky
Regina Spektor - The call

Rachel arriva puntuale.

Le faccio cenno di salire, senza proferire parola, davanti al suo sguardo confuso.

Ci sediamo nella stanza più grande, lasciando regnare il silenzio per un po'.

Rachel si guarda intorno, mentre io resto a fissare le mie scarpe, notando qualche macchia sulla gomma bianca qua e là.

Spesso si dice che le persone quando devono affrontare dei discorsi importanti, tentano di prepararselo per tempo, imparando ogni dettaglio di esso per evitare di dimenticare qualcosa o di non sapere in che modo iniziarlo.

Ma dicono anche che tutto questo non serva a nulla, dal momento che quando ti trovi faccia a faccia con il problema, nel momento in cui devi recitare il discorso che ti sei preparato con attenzione, le parole si rifiutano di uscire, lasciando spazio all'ansia, al disagio e al silenzio.

E, per una volta, quello che si dice rispecchia la complicata realtà.

Prendo un respiro profondo, convincendomi ad iniziare a parlare.

"Ti sei mai chiesta dov'è mia madre? " esordisco, tenendo lo sguardo basso.

"Che vuoi dire?" si limita a rispondere, confusa.

"Ci conosciamo da più di due mesi ormai, di certo non un lungo periodo di tempo, ma sufficiente per farmi capire l'affetto che provo nei tuoi confronti. Per me sei la mia migliore amica" alzo lo sguardo verso di lei, che nel sentire queste parole, accenna un dolce sorriso.

Ricambio e proseguo, riportando lo sguardo verso le mie scarpe e mantenendo ugualmente la mia voce tremante "Dodici anni fa io e mio padre siamo andati alla nostra casa sul lago per trascorrere le vacanze estive, mia madre ci avrebbe dovuti raggiungere poco dopo perchè doveva recuperare delle cose per la casa. Quando ho trovato mio padre singhiozzare in terrazza, ho avuto il presentimento che non l'avrei più rivista "

Le ultime parole sono sostenute da un filo di voce, quasi impercettibile se non fosse per il silenzio che riempie lo spazio circostante.

Non riesco ad alzare lo sguardo, mi sento come pietrificata.

"Ho iniziato a stare male da subito a causa della sua mancanza, più passava il tempo e più la situazione peggiorava e si faceva seria, arrivando ad avere delle vere e proprie crisi emotive. Incubi, tremolii, urla e frasi senza senso, la voce di mia madre nella testa a perseguitarmi. E arrivarono così Denver, Cleveland, Columbus, perfino Indianapolis e alla fine Pittsburgh: mio padre ha sempre tentato di cercare una scorciatoia piuttosto che affrontare il problema. Oltre al fatto che mia madre non c'era più, sembrava di avere perso anche lui: tornava a casa verso le tre di notte e alla mattina alle sei era già fuori e, francamente, non ho mai capito dove trovava e trova tutt'ora le energie necessarie per lavorare ogni giorno. Da dodici anni la storia va avanti, ma, grazie anche all'arrivo tuo e di Dylan nella mia monotona vita, sono riuscita a dare un freno, in un certo senso, a tutta questa storia"

"Mi dispiace Mal" sussurra avvicinando la sua mano alla mia.

"Tante volte ho pensato al mio futuro, mi chiedevo se mi sarei mai liberata del suo fantasma. Ma era mia madre, resterà tutto di lei in ogni piccola cosa, a partire da me stessa. Non posso dimenticarla e non credo sia giusto, comunque. Dopo l'incidente ho parlato con mio padre, e abbiamo deciso insieme di metterci una pietra sopra, almeno per un po'. È arrivato forse il momento di concederci una tregua, credo. Ce lo meritiamo entrambi" ho le lacrime agli occhi, ma resisto stringendo i denti, tentando di non farle uscire.

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