04. Dear No One

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"I like being independent,
Not so much of an investment.
No one to tell me what to do.
I like being by myself,
Don't gotta entertain anybody else.
No one to answer to...".

Mi alzai dal tavolo, scusandomi con gli altri, e presi Dave per un polso, trascinandolo in un posto un po' più appartato. Aveva lo sguardo perso e confuso, e io mi sentii, come al solito in quelle situazioni, spaventosamente in colpa per quello che stavo per fare.

"Dave, ascoltami. Tu sei un ragazzo d'oro, davvero, ma..." prelusi, sicura, dato che il discorso che propinavo a tutti era sempre lo stesso; lui, però, mi bloccò prima del previsto.

"Ma non sono il tuo tipo. Sì, lo so come vanno a finire queste cose. Sei una di quelle da una botta e via, vero? - indagò, lasciandomi sbalordita non tanto per la scelta di parole, ma per come ci era arrivato subito - Dovevo intuirlo immediatamente quando mi sono svegliato e non c'eri, dopotutto. Che idiota...".

In genere, quelli che volevano una cosa seria erano troppo ingenui per giungere a quelle conclusioni. Ma di cosa mi stupivo? Ero pur sempre alla Princeton. Abbassai lo sguardo, colta in fallo, non essendo preparata a un discorso tale, visto che non mi ero mai trovata in quella situazione, e lo sentii ridere fintamente, mentre io rialzavo gli occhi e lui si passava una mano tra i capelli.

"Eppure mi sembravi diversa, Celeste. Invece sei solo l'ennesima troietta del cazzo. Come non detto" sentenziò, sprezzante, poi sollevò le mani in segno di resa e si allontanò, lasciandomi lì, imbambolata e allibita, tanto che mi cadde addirittura lo zaino di mano.

Non che non fossi abituata a quegli appellativi, ma di certo non facevano molto piacere. Mi inginocchiai sull'erba bagnata, che mi sporcò tutte le ginocchia scoperte, e incominciai a raccogliere quello che era caduto dallo zaino aperto. L'allegra brigata sopraggiunse presto a darmi una mano, e l'amico del ragazzo scontroso mi aiutò persino a rimettermi in piedi.

"Celeste, tutto bene? Ti ha detto qualcosa di brutto?" mi chiese Abigail, mentre raccattava le mie cose dall'erba e le rimetteva frettolosamente nello zaino.

Mi strinsi le braccia al petto con le mani e scossi la testa, mentre Lindsay mi osservava compassionevole, probabilmente perché aveva capito tutto. Persino il ragazzo mi fissava preoccupato. Ripresi lo zainetto dalle mani di Abigail e la ringraziai, per poi salutarli e allontanarmi, sentendo la necessità di rimanere un po' da sola. Mi rifugiai in un corridoio poco affollato e mi appoggiai al muro, poi scivolai a terra piansi silenziosamente, fissando il vuoto. Capitava spesso dopo incontri di quel tipo. Non tanto perché mi sentivo ferita, quanto perché circostanze come quelle erano una specie di promemoria che mi ricordava del tipo di persona che ero, e del perché lo ero diventata. Cattivi non si nasce, si diventa. E io ero diventata stronza. Ero quella che veniva sempre additata con quei nomignoli orribili, ma, intanto, non facevo mai nulla per cambiare le cose. Quando suonò la campanella, che segnalava la fine della pausa pranzo, presi un profondo respiro e mi diressi nel bagno più vicino per darmi una rinfrescata, sperando che il trucco non fosse ridotto in uno stato tanto pietoso. Mi sciacquai i segni del mascara dalle guance e mi soffiai il naso con un po' di carta igienica, per poi andare verso l'aula in cui si sarebbe svolta la lezione successiva.

×××

Finalmente l'estenuante giornata sembrava volgere al termine, e potevo tornare in camera per telefonare a mamma e papà, che mi stavano tempestando di messaggi da tutta la mattina, visto che le due sere precedenti non eravamo riusciti a sentirci. Mentre mi addentravo in corridoi ancora sconosciuti, data la mia incapacità di orientamento e la perdita della piantina del campus, dovuta alla caduta libera che il mio zaino aveva compiuto sul prato qualche ora prima, pensai addirittura di essermi persa. Poi sentii degli schiamazzi e mi avvicinai alla fonte del rumore, credendo di ritornare in un corridoio principale e di sapermi, da lì, orientare per andare in stanza. Tuttavia i miei piani vennero sventati quando venni letteralmente travolta da un ragazzo, che, a primo impatto, non riconobbi subito. Poi capii che si trattava di Dave, che mi spinse contro il muro e si avventò sul mio collo, cominciando a tempestarlo di baci violenti e possessivi. In un primo momento ero tanto sconvolta, da non realizzare neanche cosa stesse accadendo. In seguito, vedendo che si stava formando una calca di spettatori attorno a noi, e che lui mi stava a dir poco palpando di fronte a tutti, provai a respingerlo, ma era troppo possente per essere smosso anche di una sola virgola da me.

Celeste - La miglior cosa che non ho mai avutoWhere stories live. Discover now