12. You Found Me

14.6K 932 134
                                    

"Lost and insecure, you found
Me, you found me. Lying on the
Floor, surrounded, surrounded.
Why'd you have to wait?".

"Che significa?" mi domandò allora Colin, sospirando.

Sentii un tonfo dall'altra parte della linea: probabilmente si era seduto, e aveva rinunciato alla stupida idea di affrontare cinque ore di macchina per venirmi a trovare. Sospirai a mia volta, e mi presi del tempo per riassumere mentalmente gli avvenimenti di qualche minuto prima, per poterglieli poi esporre nel migliore dei modi e non sembrare una pazza psicopatica. Anche se sembravo esattamente una pazza psicopatica, in quel momento. Immaginai che dovesse essersi spazientito, ma non me lo diede a vedere, perché è sempre stato così, tra di noi: ci siamo sempre stati l'uno per l'altra, e ci saremo sempre, in qualsiasi occasione, che sia la più stupida o la più problematica.

"Ho infranto la promessa" sussurrai solamente, con la voce roca a causa del pianto, così sommessamente che dubitai addirittura del fatto che avesse sentito.

Speravo tanto che l'avrebbe capito senza farmi scendere nei dettagli, perché, davvero, non me la sentivo. L'introspezione di pochi attimi prima mi era bastata e avanzata per una vita intera. Lui non proferì niente per un bel po', tanto che dovetti addirittura scostare il telefono dall'orecchio e assicurarmi che non fosse caduta la linea. Poi me lo figurai a scuotere la testa, sconsolato, prima di espormi il suo verdetto.

"Mi dispiace tantissimo, Celeste" affermò, mormorando a sua volta, come se ci stessimo davvero confidando un segreto inconfessabile.

Non che la situazione fosse tanto differente. Apprezzai moltissimo quelle parole. Perché avrebbe potuto dire benissimo che lui sapeva che sarebbe andata a finire in quel modo, o che mi aveva avvisata, ma non lo fece. Sa sempre cosa dire, ed è una delle sue qualità che ammiro di più in assoluto.

"Lo so" precisai, percependo il peso di quelle due semplici parole abbattermisi addosso come una secchiata d'acqua gelida.

Decisi di alzarmi dal pavimento e andarmi a sedere sul mio letto, lasciando lo zaino lì, davanti alla porta. Mi portai una mano sulla fronte, e nuove lacrime sgorgarono timidamente dai miei occhi, rimpiazzando quelle precedenti ormai essiccate sulle mie guance.

"Non doveva andare così, Colin" mi lamentai, con voce spezzata, incapace di tenere a freno le emozioni di quella circostanza.

"Non dire così, Celeste. Al cuor non si comanda, lo sanno tutti. Non è colpa tua" provò a consolarmi.

Scossi la testa e affondai la faccia nel cuscino, per poi stringerlo con la mano che non manteneva il telefono, fino a quando non iniziò a farmi male per la troppa forza che avevo impiegato in quel gesto. Colin, a quel tempo, era l'unica persona sulla faccia della Terra che poteva "vantarsi" di avermi vista crollare, ed era l'unica davanti alla quale non avevo problemi a farlo. Certo, la nostra amicizia ha anche le sue discrepanze, ma siamo sempre riusciti a superarle, insieme. Quella volta, però, mi resi conto del fatto che lui poteva aiutarmi fino a un certo punto, ma non poteva fare chissà cosa. Dipendeva tutto da me. Dovevo solo decidere se volevo autodistruggermi o darmi una seconda possibilità.

"Ma potevo fare qualcosa per evitarlo, Colin" gli feci notare, quando i singhiozzi mi permisero di formulare e di esprimere una frase di senso compiuto.

"Sappiamo entrambi che non è così" sottolineò, emettendo l'ennesimo sospiro.

Tirai su con il naso e abbracciai il cuscino. C'erano segni di eyeliner e mascara sciolto in alcuni punti. Ebbi il buonsenso di non verificare in che stato pietoso fosse ridotta la mia faccia. Provai a pensare che, in fin dei conti, l'amore può essere anche una cosa bella, che non fa solo soffrire, che non propina solo delusioni su delusioni, ma non ci riuscivo. La mia idea di amore era già stata alterata, e non ne voleva sapere di subire ulteriori cambiamenti. Da bambina sognavo il Principe Azzurro (e chi non lo ha mai fatto?), che mi sarebbe venuto a prendere con il suo cavallo bianco, e avremmo cavalcato insieme verso l'arcobaleno. Nel corso della mia adolescenza quella visione bambinesca è cambiata radicalmente, fino a quando allora, a soli diciannove anni, possedevo la mentalità di una vecchia bisbetica con la casa piena di gatti, che rifiuta l'amore manco fosse un morbo infettivo mortale. Per cui ero diventata quella che ero per una serie di eventi e scelte che si erano susseguiti nella mia vita, e che me l'avevano modificata del tutto, annullando tutti i piani che mi ero precedentemente prefissata, fino a fare in modo che i castelli in aria che mi ero costruita, basandomi sulle favole e sulle fiabe, fossero demoliti con violenza e veemenza. Quindi mi domandavo perché, diavolo, esistano le favole, se non fanno altro che fornire alle bambine una visione alterata e distorta della realtà. Ero diventata cinica senza volerlo, e ormai mi ero abituata a vivere a quel modo, in una vita priva di sentimenti autentici. E stavo bene. Non ero propriamente felice, ma stavo bene con me stessa. Seppure avessi quel dannato vuoto nel petto che non si azzardava ad abbandonarmi neppure per scherzo. Ma avevo imparato a convivere anche con quello, sebbene con notevoli difficoltà iniziali. Me la stavo cavando, però, facendo esclusivamente affidamento su me stessa. Poi era arrivato lui, che come un ciclone aveva dato una scossa a tutti i miei ideali e principi, e li aveva trasformati in tutt'altro. Ma non doveva e non poteva essere così. Mi avrebbe distrutta anche lui. E lo sapevo, perché era inevitabile. Ero come uno di quei robot programmati principalmente per distruggere. E distruggendo le persone che amavo, irreparabilmente distruggevo anche me. Ero una codarda, lo ammetto e non me ne vergogno. Ma chi non lo è? A tutti spaventano le cose nuove e fuori dall'ordinario. Non ero di certo l'unica che si trovava in una situazione del genere. E certamente non ero neanche la prima. Avevo eretto uno di quegli odiosi e scontatissimi muri invalicabili attorno al mio cuore. E, prima del muro, c'era addirittura un fossato, come nei vecchi castelli medievali. Ero e sono una persona difficile - più che difficile - da amare, e non mi aspettavo di certo che qualcuno ci riuscisse. Il problema era quel mio affezionarmi così facilmente alle persone. Quel grande bisogno di dare tutto quell'amore che non avevo ricevuto. Non dalle persone giuste, non nel momento giusto, non nella quantità giusta. Udii dei mormorii provenire dal corridoio fuori dalla mia stanza, quindi mi sedetti sul letto, salutai Colin - ringraziandolo a dovere per essere sempre presente -, e buttai il cellulare sul comodino. Percepii il rumore di una chiave che girava nella toppa della porta e della serratura che scattava, ma non ero psicologicamente e fisicamente pronta a ciò che mi si presentò davanti agli occhi. C'era Lindsay, con uno zaino in spalla e dei libri in mano; c'era Mike, con un sorriso stampato in viso e una cartella tra le braccia e, infine, c'era Peter, uguale e identico a come lo avevo lasciato, solo... Con uno sguardo diverso in volto. Gli occhi di tutti si sbarrarono, e le risate di Lindsay e Mike si placarono, non appena posarono lo sguardo su di me. Dovevo essere ridotta proprio male. Lindsay schiuse le labbra, forse per dire qualcosa, ma fu battuta sul tempo.

"Stai bene?" due parole, quella voce.

Annuii distrattamente, prima di stropicciarmi gli occhi, alzarmi celermente dal letto e dirigermi verso il bagno per darmi una rinfrescata.

"Stavo guardando una commedia romantica strappalacrime" fu la prima cosa intelligente da dire che mi passò per la mente.

Forse mi avrebbero anche creduta se: 1. Fossi stata il tipo da commedie romantiche; 2. Ci fosse stato effettivamente un computer acceso sul mio letto; 3. Il mio cuscino non fosse stato pieno di macchie nere; 4. Non avessi avuto una faccia sconvolta; 5. Non avessi detto a Peter che le detesto. Lasciai la porta del bagno aperta, mentre sollevavo la manopola del rubinetto e mi sciacquavo prima le mani e poi il viso con l'acqua che fuoriusciva dal getto. Alzai lo sguardo e lo rivolsi allo specchio, subito dopo essermi asciugata la faccia con un asciugamano. Non mi stupii più di tanto quando, dietro il riflesso della mia immagine, scorsi Peter, sulla soglia della porta, appoggiato a uno stipite con una spalla e con le braccia conserte. Non riuscivo a interpretare la sua espressione. Sembravamo tornati a una settimana prima tutto in una volta. Fece un passo in avanti, titubante, per poi chiudersi cautamente l'anta alle spalle. I miei occhi incontrarono i suoi nello specchio. Quelli di Peter erano freddi, distaccati. I miei erano stanchi, provati e vuoti.

"Puoi parlarmi? Te ne prego" mi supplicò quasi, rimanendo però a debita distanza da me, indeciso su cosa fare.

In quel momento nelle sue iridi non c'era più quella parete di ghiaccio dei primi giorni. C'era la preghiera silenziosa di aprirmi con lui, e di fargli capire cosa fosse andato storto. Se solo avessi potuto dirgli che ero io quella tutta storta. E, contro tutte le mie aspettative, feci quello che non mi sarei mai immaginata di fare: in un solo slancio mi girai e fui a qualche centimetro da lui. Avvolsi rapidamente le braccia attorno al suo busto, affondando la testa nel suo petto, inalando tutta l'essenza di quel suo profumo rigenerante. Dopo un primo attimo di stupore, circondò il mio corpo con le sue braccia possenti e mi attirò più vicina a sé. Mi lasciò un bacio sulla testa, per poi poggiarvi una sua guancia.

"Mi dispiace così tanto" bisbigliai contro il suo torace, sperando che sentisse.

E aveva sentito di sicuro, perché la sua stretta si rafforzò, e incominciò anche ad accarezzarmi i capelli con una mano.

"Shh" sussurrò semplicemente, seguitando a tranquillizzarmi.

Il cuore mi batteva alla velocità della luce, e in quel momento seppi che non c'era nessun posto in cui avrei preferito essere se non tra le sue braccia.

"Where were you? Where were
You? Just a little late. You
Found me, you found me".

N/A

Mi farebbe tanto, tanto, tanto piacere sapere cosa ne pensate del capitolo, della storia in generale... Per cui, se lasciaste anche solo un minuscolo commento, mi fareste molto felice. Non mi importa dei voti, vorrei solo sapere se vi piace o meno.

Un bacio,

Rita x

Capitolo revisionato.

Celeste - La miglior cosa che non ho mai avutoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora