Capitolo 42

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Come al solito, il dottor Craven era stato chiamato all'indomani dell'attacco di Colin. Lo chiamavano subito, in casi del genere. Al suo arrivo trovava sempre un ragazzo bianco come un cencio, scosso, sdraiato a letto, imbronciato e ancora talmente isterico da scoppiare nuovamente in singhiozzi alla prima parolina. In effetti, il dottor Craven aborriva e detestava con tutta la sua anima le complicazioni di simili visite. Questa volta si era tenuto alla larga da Misselthwaite Manor fino al pomeriggio.
"Come sta?" aveva chiesto alla signora Medlock, in tono piuttosto seccato, non appena era arrivato. "Un giorno o l'altro si spezzerà un vaso sanguigno, durante uno dei suoi attacchi. Quel ragazzo è mezzo matto, per l'isteria e per come lo viziano".
"Beh, signore" rispose la signora Medlock, "non crederà ai suoi occhi quando lo vedrà. Quella ragazzina scialba dall'aria inacidita, cattiva quasi quanto lui, lo ha appena stregato. Non si capisce come abbia fatto. Lo sa solo Dio. Non è niente di speciale a vederla e non la si sente quasi mai parlare, ma ha fatto quello che nessuno di noi ha mai osato. Gli è volata addosso come un gatto, la notte scorsa, ha pestato i piedi e gli ha ingiunto di smetterla di strillare. Non so come, ma lo ha talmente sorpreso che in effetti lui ha smesso, e questo pomeriggio... beh, venga semplicemente a vedere, signore. Roba da non crederci".
La scena a cui assistette il dottor Craven, una volta entrato nella camera del suo paziente, lo lasciò in effetti alquanto sbalordito. Quando la signora Medlock aprì la porta, sentì risa e chiacchiericcio. Colin, seduto ben dritto sul divano con indosso una vestaglia, guardava le illustrazioni dei suoi libri di giardini, e chiacchierava con la scialba bambina che, in quel momento, non si poteva certo dire scialba, tanto le splendeva il viso per il divertimento.
"Quelle lunghe spighe azzurre, ne metteremo un mucchio" stava dicendo Colin. "Si chiamano Delphinium".
"Dickon dice che sono una varietà da giardino delle speronelle" esclamò Mary. "Ce ne sono già alcuni ceppi".
Videro il dottor Craven e si interruppero. Mary si fece silenziosa e Colin imbronciato.
"Ho sentito che sei stato male la notte scorsa, ragazzo mio, mi dispiace" disse il signor Craven, un tantino agitato. Era un uomo assai nervoso.
"Adesso sto meglio, molto meglio" rispose Colin con un certo tono da rajah. "Fra un paio di giorni uscirò con la mia carrozzina, se farà bello. Ho voglia di prendere un po' d'aria fresca".
Il dottor Craven gli si mise a sedere accanto, gli misurò il polso e lo guardò incuriosito.
"Dovrà essere proprio una bella giornata" disse, "e dovrai fare molta attenzione a non stancarti".
"L' aria fresca non mi stancherà" disse il giovane rajah.
In altre occasioni, questo stesso giovane gentiluomo aveva strillato forte di rabbia, e si era ostinato a dire che l'aria fresca lo avrebbe raffreddato e ucciso. Non c'è da meravigliarsi se il medico provò un certo stupore.
"Pensavo non ti piacesse stare all'aria" disse.
"Non mi piace quand sono da solo" rispose il rajah, "ma mia cugina sarà con me".
"E anche l'infermiera, vero?" suggerì il dottor Craven.
"No, non prenderò con me l'infermiera" rispose Colin con tanta magnificenza, che Mary non potè fare a meno di ricordarsi del giovane principe indiano cosparso di diamanti, smeraldi e perle, e grossi rubini sulla manina scura che muoveva per ordinare ai servi di avvicinarsi con mille salamecchi a sentire i suoi ordini.
"Mia cugina sa prendersi cura di me. Mi sento sempre meglio, quando è con me. Mi ha fatto stare meglio la notte scorsa. Un ragazzo di mia conoscenza, molto robusto, spingerà la carrozzina".
Il dottor Craven era piuttosto preoccupato. Se questo sfinente, isterico ragazzo avesse mai avuto una possibilità di guarire, lui avrebbe perso qualsiasi speranza di ereditare Misselthwaite; sebbene fosse un uomo debole, non era privo di scrupoli, e non intendeva lasciargli correre veri pericoli.
"Bisogna che sia un ragazzo forte e solido" disse. "E bisogna che io sappia qualcosa di lui . Chi è? Come si chiama?"
"Si chiama Dickon" disse Mary prendendo la parola all'improvviso. Le pareva che chiunque conoscesse la brughiera dovesse conoscere Dickon. E aveva ragione. In un attimo la faccia seria del dottor Craven si distese in un sorriso di sollievo.
"Oh, Dickon" disse. "Se si tratta di lui, sei in buone mani. È robusto come un cavalluccio della brughiera, quel Dickon".
"È anche affidabile" disse Mary. "È il ragazzo più affidabile dell'intero Yorkshire". Disse questo con l'accento dello Yorkshire; le era proprio scappato.
"Te l'ha insegnato Dickon?" chiese il dottor Craven scoppiando a ridere.
"Lo sto studiando come se fosse francese" disse Mary, con una certa freddezza. "È come imparare uno dei tanti dialetti indigeni dell'India. Ci sono persone molto intelligenti che cercano di impararli. Mi piace, e piace anche a Colin".
"Bene, bene" disse il dottor Craven. "Se vi diverte non vi farà nessun male. Hai preso il bromuro la notte scorsa, Colin?"
"No" rispose Colin. "Prima non lo volevo prendere, poi Mary mi ha calmato e mi ha fatto addormentare raccontandomi a bassa voce di come la primavera penetra in un giardino".
"Questo è calmante" disse il signor Craven, più perplesso che mai. Osservava in tralice Mary che stava seduta sul suo sgabello e fissava in silenzio il tappeto. "È chiaro che stai, meglio, ma ti devi ricordare..."
"Non voglio ricordare" lo interruppe Colin, riprendendo il tono da rajah. "Quando sono qui da solo e me lo ricordo, mi vengono dolori da tutte le parti, e penso a cose che mi fanno urlare, tanto le odio. Se da qualche parte ci fosse un dottore capace di far dimenticare di essere malati, anzichè ricordarlo, lo farei venire qui". E agitò la manina come fosse ricoperta di anelli con stemmi reali intarsiati di rubini. "E proprio perchè me lo fa dimenticare, che mia cugina mi fa stare meglio".
Il dottor Craven non si era mai fermato tanto poco dopo un 'attacco'; di solito si vedeva costretto a restare assai a lungo, e a fare un mucchio di cose. Quel pomeriggio non somministrò nessuna medicina, non ne prescrisse di nuove, e gli furono risparmiate scene sgradevoli. Giunse al piano di sotto con aria molto impensierita; e quando parlò con la signora Medlock nella biblioteca, lei ebbe la sensazione che fosse più perplesso che mai.
"Beh, signore" arrischiò a dire, "ci avrebbe mai creduto?"
"Di sicuro ci troviamo di fronte a uno stato di cose del tutto nuovo" disse il dottore. "Ed è innegabile che è preferibile al precedente".
"Penso che Susan Sowerby abbia ragione, davvero" disse la signora Medlock. "Mi sono fermata al suo cottage ieri, mentre andavo a Thwaite, e abbiamo chiacchierato insieme. E lei mi fa: 'Beh, Sarah Ann, magari non è una bambina buona, e forse nemmeno graziosa, ma di sicuro è una bambina, e i bambini hanno bisogno di altri bambini'. Siamo state a scuola insieme io e Susan Sowerby".
"Non conosco nessuna infermiera migliore di lei" disse il signor Craven. "Quando c'è lei dai miei pazienti, so che riuscirò a salvarlo".
La signora Medlock sorrise. Era molto affezionata a Susan Sowerby.
"Ha un modo tutto suo, non è vero?" continuò loquacemente. "Ho pensato tutta la mattina a una cosa che mi ha detto ieri: 'Una volta, facendo una ramanzina ai bambini che litigavano, gli ho detto che quando andavo ancora a scuola la mia insegnante di geografia ha spiegato che il mondo è fatto come un'arancia; e ho scoperto, ben prima di compiere dieci anni, che quest'arancia non appartiene per intero a nessuno. E quindi nessuno di voi - nessuno di voi - deve mettersi in testa di possederla tutta per intero, altrimenti scoprirà di essersi sbagliato, e questa cosa gli costerà molto. Quello che i bambini imparano dagli altri bambini, dice Susan Sowerby, è che non ha senso cercare di prendersi l'intera arancia, buccia e tutto. A fare così, alla fine non restano che i semi, e quelli sono troppo amari per mangiarli".

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⏰ Last updated: Oct 18, 2015 ⏰

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