11 - Suddenly

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La stanchezza si era totalmente impadronita dei nostri corpi. Sentivo i muscoli delle gambe tendersi e gridare rantoli di dolore. La vista mi si era annebbiata e ogni cosa che mi circondava sembrava avesse delle ragnatele attorno che la rendevano meno nitida, malgrado fosse solo metà pomeriggio. Le orecchie mi si erano chiuse, i suoni mi arrivavano spenti ed un fischio riempiva i vuoti. Non riuscivo più a mettere chiaramente a fuoco i miei pensieri uno ad uno. Era tutto estremamente confuso.

"Torniamo a casa" mi disse Luke, rivolgendomi un sorriso tirato non appena mettemmo i piedi sull'asfalto scuro davanti alla nostra scuola, ancora ferma lì nelle stesse precise condizioni in cui l'avevamo lasciata.

La testa mi girava, come lasciata in balia delle onde. Prendemmo in fretta e furia le nostre borse e salutammo di sfuggita Amber e Chris, tentando disperatamente di rimanere lucidi almeno fino a quando non fossimo tornati al sicuro tra le quattro mura per noi confortevoli più di ogni altro posto al mondo.

"Voglio vedere Teddy" confessai a Luke per strada, dopo uno sbadiglio soffocato che chiedeva un letto con tutte le sue forze.

"Alla fine cosa gli hai preso all'autogrill?" Mi chiese, sistemandosi gli occhiali sul naso.

"Un libro," risposi, per poi mostrarglielo, "sono sicuro che gli piacerà" conclusi sorridendo.

"Sarà felice di rivederci."

Non trovando Ed al suo solito posto nell'androne del palazzo, ci dirigemmo direttamente a casa sua, immaginando di trovare lì Teddy. Dopo diversi tentativi di richiamare l'attenzione all'interno del loro appartamento, passando da dei lievi colpi alla porta a dei frenetici colpi sul campanello, concludemmo che non ci fosse nessuno che potesse aprirci.

"Magari sono di là, tanto hanno le chiavi." Luke tentava di mantenere la calma, ma era rimasto comunque spiazzato, trovando la casa dei suoi zii apparentemente deserta.

Con i piedi sul tappetino usurato e la mano sul pomello della nostra porta, Luke non poté neanche infilare la chiave nella serratura, ché essa scattò autonomamente davanti ai suoi occhi.

"Entrate" sentimmo dire a Linda, pochi secondi prima di entrare in possesso dell'intera visuale dell'appartamento.

Aveva un'aria strana, come se volesse mostrarsi felice per il nostro ritorno, ma in realtà ci fosse qualcos'altro che le occupava la testa con più prepotenza. Tutte quelle stranezze in sequenza non mi facevano presagire nulla di buono.

"Ciao zii" li salutò il loro nipote, lasciando per primo il suo bagaglio accanto al divano nel soggiorno.

Lo imitai, compiendo le sue stesse esatte azioni. Teddy sbucò improvvisamente dalla cucina, correndoci incontro come se non ci vedessimo da settimane e settimane.

"Ehi, ometto!" Gli dissi, sorridendo affettuosamente e piegandomi al suo livello aspettando un abbraccio.

Al contrario, Teddy corse in men che non si dica ad agguantare la gamba del fratello maggiore. Gliela strinse per poco, per poi lasciarsi prendere tra le sue braccia.

"Scusa zio Trev" mi disse, voltandosi verso di me, pensando che mi fossi offeso.

Non lo ero affatto, perché sapevo quanto bene volesse al suo fratellone, però finsi comunque di esserlo, tirando fuori il labbro inferiore.

"Bacio?" Gli chiesi, porgendogli la guancia sinistra con gli occhi tristi. Lui mi saltò addosso, abbandonando il fratello e mi diede due baci a stampo per guancia.

"Okay, ti perdono" dissi ridendo, per farlo smettere. "E questo è per te, non ce ne siamo dimenticati." Gli porsi con una mano il libro, prendendolo da una delle tasche esterne della mia borsa. Aveva sulla copertina un ampio fiocco rosso comprato già fatto.

Remembrance - Tematica gayDove le storie prendono vita. Scoprilo ora