5-Filo

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C'è sempre un posto libero. L'aspetto positivo di prendere l'autobus la mattina presto è che difficilmente si sarà costretti in piedi dalla ressa. Quello negativo è che il lato positivo è destinato a morire di solitudine. Cammino verso la coda della vettura, favorito dall'improvvisa accelerazione del mezzo. I sedili dell'ultima fila sono i migliori per godersi gli oltre venticinque minuti che seguiranno. Appoggio lo zaino nel posto accanto al mio. Mi siedo.

Controllo. Su quei pochi aspetti della mia vita in cui posso permettermi di non sottostare al costante flusso degli eventi mi piace avere il potere. Sono conscio che si tratti di un istinto primordiale. Una paura atavica. Nonostante questo non posso sopportare di vedermi comparire le persone alle spalle. A causa di questa sciocca esigenza mi ritrovo sempre a dare le spalle alle pareti, avendo così una chiara visione degli ingressi e di improbabili aggressori. Osservo.

Alla base di tutto ciò probabilmente non vi è solo una tendenza ancestrale, ma anche il fatto che mi piace guardare le persone. Le squadro, ne analizzo i movimenti e le abitudini. Registro il loro comportamento. Tu. Ragazzo con i capelli rossi che proprio adesso stai entrando nell'autobus. Ti ho potuto studiare, ti ho sfogliato a fondo giorno dopo giorno. So che calzi sempre delle..Scarpe da ginnastica attraversano il mio campo visivo. Avanti, siediti. Ti ho osservato, pazientemente. Stai perdendo tempo a deciderti, perché io lo so già che occuperai uno dei posti del lato destro. Come previsto. Col passare del tempo le persone tendono a diventare scontate e prevedibili, facendomi sentire in un illusorio teatrino a quattro ruote. I passeggeri sono marionette, nelle mie mani. Ed io, prima spettatore, ora burattinaio. Acquisto superiorità. Preminenza.

Il rumore aumenta inversamente alla distanza che mi separa dalla destinazione. Non è più solo lo stridulo cigolio dei freni. Il ritmico lavoro dei pistoni. È la folla. Manca poco alla mia scuola e l'automezzo comincia ad essere davvero pieno. Traboccante di persone. Devo ammettere che è quasi rilassante. Oscillo dolcemente sul mio sedile. Fili d'erba. L'autobus decelera e accelera, facendo danzare assieme la massa dei viaggiatori. Si flettono simultaneamente. Quanta coordinazione in quel sistema disordinato. Una radura spazzato dal vento. Chiudo gli occhi. Mi abbandono sul sedile. Tutte le voci, interminabili mormorii. Sussurri adesso. Raffiche di vento. Sono sdraiato in quel campo erboso. Il calore del sole sulla faccia. Innegabilmente piacevole nonostante la mia preferenza per la stagione invernale. Non sono stanco, solo voglio lasciarmi andare. Staccarmi da tutto questo.

Una voce. Non la sento la prima volta. Troppo immerso nella mia fantasia. «Posso?» ripete la voce. Questa singola parola mi strappa dalla prateria soleggiata per catapultarmi nuovamente sul mio scomodo posto. Realtà.

Un sogno. Lancette luminose. L'impressione, guardandomi allo specchio, che quegli occhi mi stessero ancora seguendo. Di nuovo, eccoli qui. Mi fissano. Nessuna apparenza questa volta. Nessun inganno. Alla fine li ho trovati. O comunque, loro hanno trovato me. Una tonalità tanto scura che l'iride si confonde con la pupilla. Non è distinguibile un reale confine tra le due parti. Ancora una volta sono dinnanzi a lui. Contemplo l'abisso.

-Se qualcuno si fosse posto qualche domanda nel primo capitolo ecco una delle risposte. Gli occhi, effettivamente, erano chiave di qualcosa..Qualcuno. Commentate :) -

AbissoWhere stories live. Discover now