Capitolo 1

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India
È la prima volta, da tre anni a questa parte, che mi soffermo a leggere un'inserzione. L'ultima volta che l'ho fatto, tre anni fa appunto, ho acquistato l'appartamento in cui vivo.
Il mio nido fa parte di un piccolo complesso quasi perfetto, moderno ed elegante, composto da nove appartamenti che sorgono attorno alla piscina condominiale.
Situato fuori dal centro ma collegato alla perfezione, Minor Park è immerso nel verde e adiacente ad un magnifico parco alberato, frequentato principalmente dagli amanti della corsa come me.
Subito dopo aver palesato il mio interesse all'acquisto, l'agente immobiliare mi informò che tre degli appartamenti del complesso erano già occupati.
Rivolsi da subito la mia attenzione a quelli al primo piano, perciò fui sollevata nell'apprendere che solo uno di quelli era già abitato.
Dopo una breve visita stabilii che quello all'interno sette avrebbe fatto al caso mio.
Certo, allora non avevo idea che l'interno nove celasse una considerevole seccatura, perché non conoscevo Lucas Alves, e non
avevo idea di quello che avrebbe combinato alla mia vita.
Ma andiamo per gradi.
Lavoro per una società composta da professionisti dell'Executive Search che si occupa della ricerca di personale specializzato per conto di aziende che operano in vari settori. In sostanza, detto in gergo colloquiale, sono una cacciatrice di teste. Questo mestiere mi porta spesso lontano da casa, anche se generalmente per pochi giorni, perciò un complesso circoscritto con tanto di servizio di portierato, non poteva che rivelarsi perfetto per le mie esigenze.
Trascino stancamente il trolley lungo la rampa del garage e imbocco il viale interno che porta all'ingresso principale. È qui, affisso alla bacheca accanto alla postazione del portiere, che noto un annuncio che attira la mia attenzione. Avvisa che il trilocale all'interno quattro è in vendita.
Attraverso l'arcata, dalla quale si intravede la piscina, e appena la supero prendo la scala subito a sinistra, quella che porta al mio interno.
Di ritorno dopo una trasferta di cinque giorni, mi ritrovo di fronte alla porta del mio appartamento pregustando il momento il cui mi concederò un bagno rigenerante di quelli che piacciono a me, con la schiuma alta mezzo metro prodotta dal mio bagnoschiuma preferito all'aroma mystical sandal, qualunque cosa significhi.
Mentre salgo getto un occhio all'appartamento di Oliver e Rhonda, i miei migliori amici. È da poco passata la mezzanotte e le luci all'interno sono tutte spente. Stanno dormendo.
Infilo la chiave nella toppa e il rumore di una porta che sbatte mi fa sussultare.
Mi volto a destra e individuo la responsabile del fastidioso ticchettio di tacchi, che si apprestano spediti alla scala, di proprietà della bionda del venerdì sera, in allontanamento forzato dall'interno nove. Un film che ho già visto innumerevoli volte.
Indossa un paio di jeans ed un top talmente attillati che mi fanno sentire in debito di ossigeno. Strattona il tessuto del trench cercando il buco della manica e lo indossa stringendo a morte la cinta in vita. Vuole dare spettacolo.
Mi passa accanto con gli occhioni blu carichi di frustrazione.
Superando la porta del mio appartamento inizia a scendere le scale, quando la porta dell'interno nove si apre di nuovo.
Lucas si materializza scalzo, a torso nudo, sulla soglia. Mi rivolge uno sguardo contrariato ma niente di nuovo. Quello è l'unico di cui dispone quando mi trovo a gravitare nel suo campo visivo.
Accenno un breve saluto sollevando il mento, perché sono una persona oltremodo educata, prima di trascinare dentro casa il trolley e richiudere la porta alle mie spalle. Non gli do il tempo di rispondere al saluto, se mai si fosse sentito in vena di ricambiare.
Io e Lucas ci rivolgiamo la parola solo se strettamente necessario, diversamente ci ignoriamo.
Ma si intravede un fronte nuvoloso all'orizzonte.
Ho trovato in portineria l'invito per partecipare al suo trentesimo compleanno. L'ho accolto con lo stesso entusiasmo di quando mi arrivò il primo ciclo mestruale, la sera del saggio di danza classica, quando avevo dodici anni.
Lucas è un giocatore di rugby americano a livello dilettantistico. Ma quel fisico scolpito che si ritrova lo deve principalmente alla genetica. Il padre è brasiliano, proprietario di una multinazionale che opera nel settore elettronico, ed a differenza del figlio ha carisma da vendere. Lucas lavora alle sue dipendenze.
Il suo hobby principale, quello che a mio dire lo rende più orgoglioso, è il collezionare conquiste. In questi tre anni ho visto più donne uscire da suo appartamento che da uno studio ginecologico.
All'interno quattro, quello in vendita, abitava Olivia. Avevano una relazione, lei e Lucas. Durava da diversi mesi, un record per gli standard di lui. Poi Olivia si era dovuta trasferire altrove per esigenze lavorative, illudendosi che un rapporto a distanza con Lucas avrebbe potuto funzionare. Mi chiedo come abbia fatto quella strana ragazza a sperare che un rapporto con Lucas potesse funzionare, distanza o no!
Ma questi non sono affari miei.
Svuoto la valigia e metto tutti i cambi in lavatrice, compresi gli indumenti che non ho indossato. Dopo una breve doccia mi fiondo a letto esausta.
Questo è il momento della giornata che preferisco. Quello in cui raccolgo i capelli sulla nuca, indosso gli occhiali da riposo, e leggo un libro sotto le coperte. Sarei una perfetta gattara, se solo avessi un gatto.

Lucas
Mentre tiro via le lenzuola dal letto mi riprometto di chiedere alla mia vicina, un giorno o l'altro, quale sia il suo problema. Posto che ne abbia uno soltanto.
India è l'incarnazione del detto "la vita imita l'arte". Nella sua accezione negativa però.
Che io sappia è un reclutatore in gamba. Il problema è che continua a valutare profili anche fuori dall'orario lavorativo. E il mio non le va a genio, da sempre.
In tre anni di conoscenza, e nostro malgrado di frequentazione, non abbiamo fatto altro che ignorarci reciprocamente.
Abbiamo molti amici in comune da quando abitiamo qui, perciò sono condannato a sopportare la sua presenza e il suo fastidioso atteggiamento di superiorità verso il prossimo. Evidentemente è convinta di essere l'emblema della rettitudine. Non che me ne freghi   qualcosa, è libera di reputarmi come crede. E la stessa libertà immagino spetti a me. Ma non oso pensare quanto poco le piacerebbe scoprire che l'ho soprannominata spigolo, perché è irritante come sbatterci il mignolo di notte. Sempre con quell'atteggiamento indagatore, quell'aria di supponenza che mi fa venire voglia di spiarla per accertarmi che non voli a cavallo di una scopa quando nessuno può vederla.
Quando poco fa Naomi è uscita sbattendo la porta di casa mia, ho scostato la tenda per assicurarmi che se ne stesse andando sul serio.  Quindi ho visto India, sulla soglia del suo appartamento, seguire con lo sguardo Naomi mentre spariva giù per le scale. Non ho resistito all'impulso di farle notare che l'ho sorpresa a impicciarsi, perciò ho aperto la porta e l'ho freddata con lo sguardo.
Un secondo più tardi  era filata dentro casa con la coda tra le gambe.
L'ho immaginata affrettarsi alla scrivania, aprire il quaderno alla pagina "Lucas", per aggiungere alla lista di aggettivi, che nel tempo mi avrà attribuito, la parola IMMORALE.
Quella ragazza proprio non la capisco. Il suo aspetto non ha niente a che vedere col caratteraccio che si ritrova. Dovrebbe prendersi meno sul serio e concedersi qualche distrazione, ogni tanto.
Mi dirigo in cucina ed apro il frigo. Stappo una birra in bottiglia e mi stendo sul divano incrociando le gambe sul tavolino. Faccio zapping per un po' sperando che mi venga sonno.
Invece niente.
Alle tre di mattina mi ritrovo con gli occhi sbarrati e una fame da lupo. Rovisto nella dispensa e apro tutti gli sportelli ma non trovo niente che soddisfi la smania. Così decido di cuocermi un piatto di pasta.
Va avanti così da tre settimane, ormai. Ho la testa incasinata da quando Iago è sparito dalla circolazione.
Ogni sera mi agito sul divano guardando frustrato il soffitto e parlando da solo: <<Non riesco a dormire porca puttana!>>

Nonostante noi.Where stories live. Discover now