Capitolo 3

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India
Potrebbe darsi che lo specchio di casa mia ingrassi. Perché questo pantalone nero di ecopelle, riflesso su quello del camerino del negozio, mi stava decisamente meglio. Innanzitutto non faceva tutte queste scomode grinze all'altezza del ginocchio, e poi non avevo idea che l'elastico in vita, da seduta, potesse costringermi la pancia neanche fosse un laccio emostatico.
Comunque è perfettamente in sintonia con l'entusiasmo che ho di festeggiare i trent'anni di Lucas. Rappresenta appieno il mio stato d'animo attuale, perché mi spetta in tutti i sensi una serata "scomoda".
Ci abbino sopra una camicia a maniche corte bianca plissettata e metto ai piedi un paio di t-bar Beverly rosso ciliegia, che mi tirano su il morale solo a guardarle. Lascio sciolti i capelli e mi trucco leggera abbinando il rossetto alle scarpe. Bene, sono pronta!
Arrivo al locale con un leggero ritardo ed al nostro solito posto, il privè sulla balconata, vedo già i divani occupati dal resto della comitiva.
Lancio un'occhiata alla locandina affissa al bancone del bar prima di salire le scale. Stasera c'è in programma un concerto Jazz. Per i miei gusti andiamo di male in peggio.
La prima faccia amica che incontro è quella di Usher.
<<Dove credi di andare?>> Gli domando in tono minaccioso mentre scende le scale.
<<In bagno maestra. Posso?>> Scende due gradini ancora e mi abbraccia baciandomi il collo.
<<Sbaglio o qualcuno ha indossato le scarpe da rimorchio?>> Mi sussurra ammiccante all'orecchio.
<<Non hai visto "Il mago di Oz"?>>, controbatto. <<Sbattendo tre volte i tacchi delle scarpette rosse Dorothy riesce a tornare a casa.>>
<<Ha ha ha...>> Ush prorompe in una sonora risata.
<<C'è poco da ridere>> mi lamento.
<<Come faccio a non ridere? Sei uno spasso quando fai le cose controvoglia. Vai a bere qualcosa e rilassati. Io torno tra un attimo>>, promette Usher prendendomi il mento tra le dita. Mi bacia la punta del naso e solleva un sopracciglio studiando la mia espressione. <<Sorridi ragazza, è sabato sera!>>
Raggiungo gli altri al privé e comincio a fare dei saluti qua e la. Lucas è in piedi davanti alla balconata con i gomiti appoggiati alla ringhiera. Osserva di sotto i musicisti che accordano gli strumenti. Con lui ci sono Rhonda e Omar.
Decido di togliermi subito il dente. Mi avvicino alla mia amica e le do due colpetti sulla spalla.
<<Hey, che si dice?>>
Rhonda si volta e mi sorride. <<Finalmente, hai rischiato di perdere l'inizio del concerto>>, dice in tono sarcastico stuzzicando Omar.
<<Dio come la fate lunga>>, si lamenta lui. <<Se non foste miei amici non vi farei entrare nel mio locale. Di musica non capite niente>> borbotta.
Lucas scuote la testa divertito, e senza cambiare posizione la ruota leggermente nella mia direzione.
<<Ciao Lucas>>, lo saluto senza troppi convenevoli.
<<Il concerto Jazz non è un'idea mia>>, precisa. Poi serra i denti e curva le spalle in attesa della reazione di Omar.
La replica dell'orgoglioso ideatore della serata non si fa attendere. Omar si sporge dalla ringhiera per guardarlo in faccia e gli punta il dito contro. <<Ricordami di non organizzare più feste per te. Sei uno stronzo irriconoscente.>>
Lucas non se la prende e ci ridiamo sopra tutti, mentre i musicisti iniziano a suonare. La cameriera porta da bere e degli stuzzichini deliziosi. Ne scelgo uno fatto a spiedino e prendo posto accanto a Rhonda sul soffice pouff di pelle.
La serata trascorre tra chiacchiere e fiumi di alcool. Tutti noi siamo una trentina, poi ci sono anche delle facce che non avevo mai visto. Alcuni sono compagni di squadra di Lucas. Lo suppongo perché hanno la sua stessa stazza massiccia.
Alla fine, soprattutto grazie ad Ush, che si conferma il trascinatore della comitiva, rido talmente tanto da sentire gli zigomi indolenziti.
Qualche minuto prima della mezzanotte si spengono le luci del privè ed entra la torta. Omar in questo genere di cose è insuperabile.
Risparmiamo a Lucas l'imbarazzo del "tanti auguri a te", ma i ragazzi applaudono e fischiano così forte da coprire la musica in sala.
La torta è un profiteroles al cioccolato grande praticamente quanto il tavolo. Tra grida e schiamazzi Lucas viene trascinato di fronte alla torta e si siede in attesa che Omar riaccenda alcune candeline che si sono spente. Appoggia i gomiti sulle ginocchia e intreccia le mani in attesa. Sorride, ma non è rilassato.
Durante la serata, ogni volta che qualcuno ha scostato la tenda di velluto per accedere al privè, lui gli ha rivolto uno sguardo speranzoso. L'ha notato anche Usher, ce lo siamo detti. Evidentemente si augurava che Iago comparisse da un momento all'altro. Ma così non è stato.
È tutto pronto. Lucas prende un bel respiro e qualcuno gli grida di esprimere un desiderio. Senza riflettere troppo chiude gli occhi ed espira in ogni direzione. Muove la testa da sinistra a destra e spegne tutte le candeline. Il privè esplode in applausi e pacche sulle spalle. I ragazzi lo sommergono e gli si lanciano addosso in gruppo. Omar fa un cenno alla cameriera che prontamente solleva la torta dal tavolo prima che la facciano finire a terra.
Appena l'ilarità scema e i brindisi con il festeggiato terminano, Omar chiede un attimo di silenzio.
<<È il momento dell'ampolla dei messaggi>>, annuncia.
Oh no! Odio il rituale dell'ampolla!
L'abbiamo già messo in atto al compleanno di Rhonda e anche al matrimonio di due nostri amici. Uscì fuori di tutto, e Rhonda se la prese a morte. Adesso però, che sulla gogna c'è Lucas, la vedo battere i piedi euforica e divertita.
Funziona così: al via abbiamo tre minuti di tempo per scrivere su un cartoncino, che poi va riposto in forma anonima dentro l'ampolla, cinque aggettivi che a nostro avviso rappresentano il festeggiato.
<<La regola è: senza scrupoli e senza remore!>>, ordina Omar mentre ci porge i cartoncini e le penne.
<<Hey, non così in fretta.>>, grida Lucas <<Dammi il tempo di arruffianarmi qualcuno.>>
<<Troppo tardi amico, quello che è fatto è fatto>>, sentenzia Omar mentre qualcuno ha già espletato il proprio compito.
Guardo il cartoncino bianco e mordo il tappo della penna. Rhonda ha già scritto qualcosa e se la ride di sottecchi. Mi tiro indietro ed aderisco al muro alle mie spalle. Non devo rifletterci più di tanto. Scrivo i primi cinque aggettivi che mi vengono in mente pensando a Lucas:

Nonostante noi.Where stories live. Discover now