due.

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Londra, Gran Bretagna. Maggio 2015.

Il ragazzo si tolse gli auricolari, collegando poi il telefono allo stereo della propria auto e continuando a canticchiare - leggermente soprappensiero, sbattendo appena un po' troppo forte la portiera e mettendo in moto - come se la musica non fosse mai stata interrotta. Era un'abitudine ormai, una di quelle che non riesci a staccarti di dosso nemmeno se lo vuoi con tutto te stesso. E lui aveva l'abitudine di rendere il più possibile simile all'arte ognuna delle proprie giornate, il che voleva anche dire canticchiare praticamente ad ogni ora del giorno. A mezza voce, senza cantare veramente, solo per il gusto di avere qualcosa nelle orecchie, per il gusto di farsi compagnia quando non c'era nessun altro.
La sua voce si sovrappose a quella di uno dei suoi cantanti preferiti, con le dita a tenere il tempo sul volante mentre usciva dal proprio quartiere e a mano che si avvicinava al centro si immetteva sempre più a fondo nel traffico di quella Londra che mai dormiva e che lui aveva imparato ad amare così tanto, in quegli anni.
Amava persino il traffico, a quel punto. Amava le luci dei semafori che cambiavano colore e le macchine che andavano a passo d'uomo all'ora di punta, o i pedoni che continuavano imperterriti ad attraversare senza guardare davvero dove stessero andando, col rischio di farsi prendere sotto senza nemmeno accorgersene. Amava le schiere di palazzi che gli scorrevano tutt'intorno, e i rigagnoli di pioggia che scivolavano nelle fognature, o il freddo che gli impregnava le ossa ogni volta che attraversava uno dei mille ponti sopra al Tamigi. Amava persino la pioggia, come quella che continuava a scorrere inesorabile anche quella mattina, tanto forte da far rumore picchiettando velocemente contro i finestrini e il tettuccio della sua auto.
Ma a Zayn quel rumore piaceva. In qualche strano modo lo faceva sentire parte di qualcosa, lo faceva stare in pace col resto del mondo. Era quel genere di suono che continuava a ronzarti nelle orecchie anche dopo aver smesso di piovere, quel genere di suono che continuava a restarti addosso, come le parole di una canzone che fai di tutto per non ascoltare ma che poi capita all'improvviso alla radio e ti fa imprecare contro la prima cosa o persona che ti capiti a tiro.
A Zayn, il rumore delle gocce di pioggia che morivano contro il parabrezza della propria auto, faceva venire in mente così tante cose da averne perso il conto; gli faceva venire alla mente una vecchia tela che aveva dipinto secoli prima, o qualche scatto che aveva pubblicato solo qualche settimana prima sul proprio blog; gli tornava in mente di quanto era più piccolo, che con le sorelle giocavano a saltare nelle pozzanghere e finiva sempre che tornavano a casa zuppi dalla testa ai piedi.
A quell'ultimo pensiero gli spuntò un mezzo sorriso sulle labbra. Non le vedeva da troppo tempo, soprattutto le più piccole. E gli mancavano da morire, più di quanto fosse in grado di spiegare.
Fermò la musica, lasciando che la pioggia riempisse ogni centimetro di se stesso mentre componeva a memoria il numero di una delle sorelle minori, portandosi il telefono all'orecchio e lasciando che squillasse. Tanto era fermo nel traffico, doveva pur trovare un modo per passare il tempo. Il sorriso gli si allargò sul viso, al sentire la voce di Waliyha perforargli i timpani mentre chiamava il suo nome. Ridacchiò, scuotendo divertito la testa a quella reazione. «Ciao sorellina».
«Zayn, oh mio dio, non ti fai sentire mai, che fine hai fatto?». La ragazza prese a parlare a raffica, chiedendo al fratello maggiore come stesse, come andasse allo studio, come fosse Londra, eccetera. E Zayn si rilassò, parlando con lei, dicendole che stava bene, che Londra era il solito caos organizzato e che era sempre splendida, e che lo studio andava alla grande. «Mi manchi da morire, Zay», aggiunse la piccola, giocando con una ciocca di capelli e mordendosi il labbro anche se lui non poteva vederla, immaginando il suo sorriso.
E Zayn in effetti sorrise, incastrando il telefono tra l'orecchio e la spalla mentre il traffico si diradava leggermente, permettendogli di accelerare e procedere più spedito. «Puoi sempre venire a trovarmi, piccola», ridacchiò il venticinquenne svoltando verso il centro e costeggiando il fiume. «Puoi dormire nella stanza degli ospiti», aggiunse facendo spallucce.
Allora la sentì battere velocemente le mani e ridere, entusiasta di quella proposta. «Mi puoi ospitare qualche giorno? Nel frattempo posso trovarmi un lavoro e...». Waliyha si interruppe con un sospiro, poi sbuffò. «Ucciderà la mamma sapere che un'altra dei suoi figli vuole andarsene di casa».
«Tu parlale intanto...».
«Vuoi dire che se la convinco mi ospiti?».
«Certo», le rispose il fratello ridacchiando tra sé al tono incredulo della ventenne. «Sei mia sorella, Wal», aggiunse dopo qualche istante - come se si stesse giustificando - sentendola esultare e ridere allo stesso tempo, mentre svoltava ancora attorno all'isolato per cercare un parcheggio libero. Parcheggiò riprendendo a canticchiare a mezza voce, con Waliyha dall'altra parte della linea che cercava di ricomporsi.
«Okay, parlo con mamma allora... sei il migliore, fratello».
Zayn ridacchiò scuotendo la testa, spegnendo il motore e preparandosi a chiudere la telefonata, seppur brevissima. «Piccola, ora devo andare...», le disse il maggiore con un sorriso. Avrebbe voluto parlare di più con lei, ma era già in ritardo, non poteva lasciare così tanto tempo lo studio fotografico nelle mani di una stagista, per quanto si fidasse di lei. «Ah, Wal?».
«Dimmi».
«Anche tu mi sei mancata da morire», le disse, sentendola sorridere subito dopo. Ed erano giorni che non si sentiva così sollevato come dopo averla salutata e averle detto che le voleva bene. Era come se in quel periodo ci fosse qualcosa che non andava, qualcosa che non si sarebbe risolta tanto facilmente, qualcosa che non avrebbe risolto da solo almeno.
Aveva bisogno della sorella, non c'erano più dubbi.
«Buongiorno Zayn», lo salutò Lexi con un sorriso enorme, non appena lo vide mettere piede nello studio. «Ti ho fatto il caffè, ha chiamato il signor Harrison per ricordarti il servizio delle undici e...».
«Un secondo Lex», la interruppe il moro ridendo, facendole cenno di perdere un respiro profondo. La ragazza arrossì violentemente, poi prese fiato e borbottò qualcosa, annuendo. «Il tempo di asciugarmi, poi ricordami che devo dirti una cosa», le disse il ragazzo sfilandosi la giacca di pelle e sistemandosi velocemente i capelli in una piccola coda fermata sulla nuca. «Intanto puoi preparare l'attrezzatura per il servizio...».
«Ma in genere la prepara Eve, é lei che ti accompagna ai servizi». Lexi inarcò un sopracciglio, leggermente confusa da quel cambio di programma. Di solito era l'assistente personale di Zayn ad occuparsi di tutta l'attrezzatura, dei treppiedi, degli obiettivi e dei filtri, perché era lei che lo accompagnava ai servizi fotografici e gli preparava l'occorrente per ogni scatto. L'assistente, non una tirocinante qualunque com'era lei. Non una diciottenne praticamente senza esperienza insomma.
«E se volessi far fare esperienza a te oggi?», le chiese il ragazzo, trattenendosi dal ridere quando la vide sorridere da un orecchio all'altro, con gli occhi che le brillavano e le poche lentiggini che spiccavano sulle guance arrossate dall'emozione.
Lexi era carina, era il genere di ragazza di cui Zayn aveva bisogno allo studio, anche se per il momento lavorava soltanto part time. L'aveva trovata che girovagava per un parco con sottobraccio un raccoglitore colmo di disegni, uno più bello dell'altro; era successo l'anno prima, in estate, e parlando era venuto fuori che la ragazza frequentava la stessa accademia che aveva frequentato lui, l'accademia che aveva lanciato il suo studio e tanti altri laboratori artistici e gallerie d'arte. La miglior accademia di Londra.
In sostanza Lexi gli aveva ricordato se stesso quando era più giovane, e non era riuscito a resistere, l'aveva portata al suo quartier generale, dove avveniva la magia. Inutile dire che la ragazza fosse rimasta a bocca aperta, con gli occhi azzurri spalancati e una mano passata incredula tra i capelli biondo chiaro. Era entrata nel mondo di Zayn senza sapere cosa aspettarsi, da un ragazzo con i jeans strappati che in pratica l'aveva reclutata in un parco e l'aveva trascinata via con la scusa di essere un artista. Non sapeva nemmeno lei se fidarsi o meno, ma non aveva nulla da perdere, e col senno di poi poteva dire di aver fatto la scelta giusta, decisamente.
Non sapeva cos'era stato di preciso che l'aveva spinta a rimanere con lui, in quel posto, col rischio che le succedesse qualcosa, qualsiasi cosa. Forse era stato l'odore di pittura, o le pareti ricoperte di polaroid. Forse era l'arte che si respirava lì dentro, e la mancanza di essa che si sentiva sulla pelle una volta usciti.
Sì, forse era quello.
In più, il fatto che Zayn stesse incoraggiando il suo talento nel disegno era incredibile. Credeva in lei più di quanto non ci credesse la sua famiglia, forse più di chiunque altro. E per la giovane Lexi era stata una piacevole sorpresa, troppo per potersene andare facendo finta di niente.
«Posso venire, sul serio?».
«Sul serio, Lex».
Zayn le scompigliò i capelli ridacchiando, prendendo la propria tazza di caffè dalla postazione della ragazza, prima di superare la piccola saletta coi divanetti ed entrare nello studio vero e proprio, in quello che dopo anni aveva imparato a considerare il proprio mondo. C'erano una serie di tele bianche, una scrivania, un cavalletto e un armadietto. Il resto era tutto dietro una seconda porta, che si apriva su uno spazio più grande, molto più grande. Lì sì che si respirava arte, lì era dove il giovane artista si sentiva davvero a casa, dove poteva essere davvero se stesso senza che nessuno si azzardasse a giudicarlo. Lì prendevano vita le immagini più belle, i quadri che ritraevano l'angolo più buio della sua anima, o gli schizzi che poi finiva per lasciare incompleti quando l'ispirazione volava via in un soffio, nel tempo di un sospiro.
Quella mattina l'ispirazione c'era, l'unico problema era non avere abbastanza tempo per farla fluire nel modo giusto, senza fretta. Il fotografo sbuffò leggermente, tirandosi una ciocca di capelli e sistemando alcune cose sul proprio blog, prima di tornare verso l'ingresso e trovare Lexi pronta, con l'attrezzatura riposta accuratamente in un baule e la propria tracolla con l'album da disegno in spalla, i capelli legati in uno chignon e un sorriso entusiasta sul volto.
Quel sorriso, così semplice e apparentemente normale, per Zayn era il segno che Lexi teneva davvero a quel posto da tirocinante, che voleva davvero imparare. Era il sorriso di una ragazza che, pur di stare a contatto con l'arte, avrebbe trascinato quel baule tutto da sola, per qualsiasi distanza, e senza nemmeno lamentarsi. Era un sorriso genuino, un sorriso per cui Zayn ringraziava mentalmente ogni giorno, che senza quel suo sorriso e quella sua volontà non l'avrebbe nemmeno notata, probabilmente.
«Se fossi in te prenderei una reflex in più per fare pratica...», buttò lì il ragazzo dai capelli neri, sorridendole, per poi scoppiare a ridere quando lei lo abbracciò di slancio e corse a prendere una macchina fotografica in più per sé. «Pronta?», le chiese poi, iniziando a trascinare l'attrezzatura fuori dallo studio -  cosa che di solito spettava ad Eveline, ma che si certo non avrebbe fatto fare ad una diciottenne gracile e fragile come Lexi.
Salirono in macchina, con la bionda che sotto sua istruzione stava pubblicando qualche foto sul blog e lo aggiornava sui nuovi lettori e cose del genere, mentre Zayn guidava nel traffico immaginando di poter disegnare tutto quello che gli capitava di osservare anche solo per un istante - così come stava immaginando la ragazzina al suo fianco, probabilmente. «Cosa dovevi dirmi?», gli chiese ad un certo punto la bionda, chiudendo il pc e riponendolo accuratamente sui sedili posteriori.
Zayn sorrise, guardandola per un istante. «Forse mia sorella minore viene a stare da me, e le serve un lavoro, quindi pensavo che potrebbe prendere il tuo posto», le disse tranquillamente, osservandola con la coda dell'occhio. Lexi aprì la bocca e la richiuse, senza capire. «Tu prenderesti il posto di Eve, che dal mese prossimo va in aspettativa per il bambino e... beh, gli altri manterrebbero il loro posto», aggiunse il ragazzo facendo spallucce e fermandosi ad un semaforo, girandosi completamente per guardarla.
Se all'inizio sembrava aver perso colore, in quel momento era diventata tutta rossa sulle guance e lo guardava come si stesse trattenendo dal saltargli addosso e abbracciarlo strettissimo, con l'ennesimo  sorriso che sembrava volerle esplodere sul viso.
«Sei il miglior capo del mondo, lo sai?».
Zayn rise. «Se lo dici tu dev'essere vero».
E quella sera, tornato a casa, il giovane si sentì stranamente leggero. In pace col mondo, in un certo senso. Aveva parlato con Waliyha, Lexi era stata adorabile come sempre - e più d'aiuto di quanto lui non avrebbe mai creduto possibile - e il servizio fotografico era andato benissimo, tanto che il signor Harrison gli aveva promesso che se avesse di nuovo avuto bisogno di qualche scatto sarebbe andato direttamente nel suo studio.
Aveva lasciato tutto il resto fuori, mentre istruiva le modelle sulle pose da assumere e scattava. Era stato senza pensieri, rilassato, si era fatto travolgere dall'arte. Non era nemmeno stanco, ora che era sul divano col portatile sulle ginocchia e la musica in sottofondo. Doveva rispondere ai messaggi, comunque, in un certo senso era come se stesse ancora lavorando.
Risposti i primi messaggi sul blog, gli cadde l'occhio sull'ultimo della lista. "wordslikefreckles" era il mittente. Nome curioso, che lo fece sorridere... ma non quanto riuscì a farlo sorridere il contenuto del messaggio.
Le tue foto sono come i fuochi d'artificio sparati sul mare la notte dell'ultimo dell'anno. Da rimanere a bocca aperta e non riuscire comunque a smettere di guardarli. A.
E il sorriso che gli rimase sul volto non era tanto per Diana - la sua ragazza - che tornava a casa dal lavoro e lo salutava stanca ma allegra dalla porta d'ingresso. Era più per quella sconosciuta che con poche parole aveva reso quella giornata ancor più degna di essere ricordata.

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buon natale ragazze ❤️
vi avevo promesso un capitolo, ed eccolo qui.
votate e commentate, mi raccomando.
ci rivediamo tra qualche giorno..
se intanto volete leggere qualcos'altro, ho pubblicato una piccola one shot su Zayn ("Lullaby", la trovate sul mio profilo).
e niente, ancora buon natale ❤️
- federica.

17mila. [zayn malik au]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora