ventotto.

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*capitolo importante, anche se piccino. ma, come dice il proverbio, "nella botte piccola sta il vino buono"*

Londra, Gran Bretagna. Ottobre 2015.

Lasciare andare le persone non è mai semplice. In qualsiasi caso. Anche se non è per sempre, anche se è solo temporaneo. Anche se significa solo salire su un aereo e lasciare qualcuno lì da dove parti, mentre tu stai andando dall'altra parte del mondo – mentre tu stai tornando a casa ma è solo un edificio, non il posto a cui senti di appartenere. Quel posto, quello al quale appartieni, a volte è proprio la persona che lasci. Ché la lasci solo perché non la puoi portare con te, anche se vorresti con tutto te stesso. Anche se arrivi a pregarla con gli occhi e non serve a nulla, perché in fondo sai di non poter chiedere una cosa del genere. Perché in fondo sarebbe troppo, per chiunque.

Amethyst sapeva che quando fosse arrivato il momento di partire e lasciarlo andare, non avrebbe potuto chiedergli di partire con lei. Lo sapeva, ci aveva già pensato, erano giorni che ci pensava. Ma era riuscita a smettere, in qualche modo era arrivata al giorno prima della partenza senza deprimersi, senza diventare matta al pensiero di doversi allontanare di nuovo da lui di diciassette mila chilometri. Sua sorella si era anche offerta di prepararle le valigie e di lasciarla andare con Zayn... per non sprecare l'ultimo giorno, per darle la possibilità di salutare come si deve senza dover lasciare tutto all'ultimo momento in aeroporto, per poterselo vivere ancora per un po', solo un po' di più. Ma lei aveva scosso la testa con un mezzo sorriso, tentata anche di andare via senza salutare – sì, aveva pensato anche a quello. Aveva scosso la testa e aveva iniziato lentamente a riempire la valigia con tutte le cose che in quelle due settimane aveva lasciato ovunque per la stanza d'albergo. I jeans lasciati sulla poltrona, i calzini appallottolati e buttati controvoglia al fianco del letto. Di solito non era così disordinata, ma c'era da dire che in quelle settimane non c'era praticamente stata in albergo – era sempre con Zayn, sempre a girare per Londra, sempre a parlare e bere cioccolata calda e guardare Zayn sorridere (che a volte faceva solo quello) – e aveva lasciato un po' andare le vecchie brutte abitudini.

Stava piegando una maglietta – controvoglia e canticchiando qualcosa quasi senza voce – quando dovette fermarsi all'improvviso sentendo bussare alla porta. Andò ad aprire divisa in due, a metà tra lo sperare che fosse solo sua sorella e lo sperare invece che fosse lui, perché non sarebbe riuscita ad andare via senza salutare, anche volendo. Sperando che fosse lui perché ne aveva bisogno, nonostante continuasse a cercare di convincersi del contrario. Sperandoci, anche sapendo che prima o poi sarebbe crollata.

E così come la sua speranza si era divisa a metà tra il volerlo lì e il non volerlo, ora lei era divisa tra il sorriso che voleva spuntarle sulle labbra e la voglia di piangere. Sorridere, perché Zayn era lì di fronte a lei a guardarla con un mezzo sorriso. Piangere, forse per lo stesso identico motivo, o forse per quel pensiero che non voleva lasciarla andare, quel pensiero che già aveva rischiato di farla crollare, tenendole in mente più di quanto avrebbe dovuto che dal giorno dopo sarebbero tornati allo stesso punto di due settimane prima – anche se qualcosa era cambiato, e non qualcosa di minuscolo. Non riuscì nemmeno a parlare, non si fidava della propria voce... si sarebbe spezzata e lui l'avrebbe vista debole come con lui non era mai stata. Non parlò, ma in qualche modo riuscì a tirar fuori almeno l'inizio di un sorriso, prima che Zayn la abbracciasse, salutandola senza bisogno di dire nulla. Il suo respiro nei capelli, era il suo modo di salutare. Come lo era il modo in cui la stava stringendo, tanto forte che era l'unica cosa che Amethyst riusciva a sentire.

E Zayn era come Amethyst, anche lui voleva far finta di niente. Far finta che non fosse l'ultimo giorno, per quanto il suo linguaggio corporeo stesse praticamente urlando il contrario. Far finta che fosse un giorno come gli altri. Far finta che forse non gli sarebbe mancata così tanto. Fare finta, ma rendendo allo stesso tempo tutto così reale, parlando come sempre, guardandola ogni volta come ad imprimersela bene in mente – anche solo con la coda dell'occhio. Facendo di tutto pur di farla ridere, anche la cosa più cretina che gli venisse in mente. Tenendola stretta mentre facevano finta di guardare un film in streaming e rubandole i popcorn apposta per guadagnarsi un'occhiataccia seguita da quel sorriso che gli piaceva così tanto da non poter fare più finta del contrario.

17mila. [zayn malik au]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora