Capitolo 6 - "Voice"

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Karasu, steso a terra, continuava a muoversi convulsamente, nonostante avesse perso i sensi. Kagome, sbalordita, era rimasta di pietra. Tutto si era svolto così lentamente, ma allo stesso tempo senza preavviso, e lei si era bloccata. Appena aveva fatto il suo ingresso nella sala principale, dopo Karasu, davanti a loro si era parata una ragazza dalla pelle olivastra e la chioma color fiamma, che impugnava una specie di pistola. Aveva gridato al demone di scansarsi, ma questo non le aveva ubbidito, anzi aveva agito diversamente da come si aspettava Kagome: proprio quando la ragazza aveva migliorato la mira, lui si era messo sulla linea di tiro, prendendo in pieno petto il colpo.
Mi ha difeso.
Come spinta da sensazioni da lungo dimenticate, il corpo di Kagome si mise in moto. L'aura che la circondava era esplosa in un azzurro sfavillante. Protese una mano in avanti, come quando prendeva la mira con arco e frecce, e infuse tutta l'aura in quella mano. Corse ed evitò il corpo senza sensi di Karasu con un balzo, dirigendosi verso la ragazza che aveva sparato. Ma poco prima dell'imminente colluttazione, un guizzo rapido e argenteo s'intromise. Qualcosa colpì il braccio proteso di Kagome, deviandolo dalla ragazza. Il colpo ricevuto le fece perdere l'equilibrio. Cadde rovinosamente in mezzo a delle sedie impilate una sull'altra. Stava per rialzarsi, ma qualcosa la trattenne con forza immane al pavimento. E quel qualcosa proruppe in una risata. Fragorosa ed energica. Un brivido glaciale s'insinuò nella spina dorsale di Kagome. Smise di agitarsi.
Quella voce... non può essere.
-Brianna, stai bene?-.
La voce, imponente e familiare, risuonò nella mente di Kagome per lungi echi.
Inu-Yasha?
Appena il nome di quel traditore si era fatto strada nella sua mente, Kagome scosse la testa, tentando di abortire quell'assurdo pensiero che si stava formando pian piano. Non poteva essere lì. Non voleva crederci. Una paura spasmodica le attanagliò il petto, facendola tremare tutta. Come estraniata, un silenzio di tomba la circondò. Aveva chiuso gli occhi e si era tappata le orecchie con le mani. Non voleva sentire quella voce.
Maledizione, non posso continuare così.
Quel pensiero la riportò con i piedi per terra. Riportò le mani sul pavimento e cercò di alzarsi, ma il piede poggiato sulla sua schiena continuò a inchiodarla saldamente a terra. Visto che non aveva altre alternative, cercò di appellarsi ai suoi poteri. Ma non successe niente. E la cosa la scosse di più della paura viscerale che le stava ancora strisciando nel petto.
Lo vedi, sei un incapace. Per questo gli altri ti hanno abbandonata.
Quel pensiero le bloccò il respiro. Era nato dalla sua testa e aveva il tono velenoso della sua nemesi.
Maledetto cadavere!
Gridò piena di rabbia. Afferrò con una mano il piede che la stava ancorando al pavimento e stavolta riuscì a infondere un poco di della sua aura, anche se in minor quantità. Il proprietario del piede gridò di dolore. Kagome sentì un corpo rovinare a terra, proprio accanto a lei. Volse la testa in quella direzione e tutto quello che vide fu una chioma argentata. Il serpente che aveva nel petto si tramutò in puro terrore. Si rialzò in fretta e furia e con lo sguardo cercò una prospettiva di fuga. Scorse la via attraverso il corridoio da dove era venuta. Senza voltarsi e proferire una parola, cominciò a correre. Il panico si tramutò in energia. Energia che fluì nelle gambe. Superò il vecchio kappa, rannicchiato in se stesso, saltando. Si scontrò contro qualcosa di nero.
-Ahia!- esclamò la voce pregna di dolore di Karasu.
Kagome era tentata di fermarsi per aiutarlo, ma non ne ebbe la forza.
-Ferma quella maledetta!- gridò la voce di prima.
Quella voce la spronò di nuovo a fuggire.

~

Era tornata fradicia e con un'espressione funerea sul viso. Yuriko era rimasta seduta in cucina con il cordless sul tavolo, preoccupata a morte, da quando Kagome non le aveva risposto al cellulare. Alle nove di sera aveva sentito lo smaneggiare metallico delle chiavi. Era corsa verso l'ingresso e appena Kagome si era tolta le scarpe bagnate, le aveva dato uno schiaffo.
-Ti sei finalmente decisa di farti viva? Perché non hai risposto alla mia chiamata?- domandò, in tono autoritario.
La figlia non rispose. Lentamente sollevò la mano e si toccò la guancia colpita. Negli occhi balenò per un attimo una strana luce. Ma prima che Yuriko poté appurare cosa provasse Kagome, quella aveva abbassato la testa e si era allontanata, dirigendosi verso le scale.
-Signorina, dove credi di andare? Non abbiamo finito qui!- la rimproverò la madre.
-Non ho voglia di parlare, mamma. Per favore, lascia correre- ribatté Kagome, stizzita.
Era riuscita a zittire Yuriko. Rimase a fissarla per un momento ancora negli occhi, prima di volgere le spalle alla madre. E quando sentì nient'altro che il silenzio, salì le scale e si rifugiò, per la seconda volta in quella settimana, nella camera. Stavolta però, sbatté la porta.

~


La furia in persona sarebbe scappata se avesse sentito le urla che risuonavano nel vecchio condominio. Le urla in questione stavano rimproverando due youkai e un vecchio kappa, i quali erano stati costretti a mettersi inginocchiati sul pavimento polveroso del pub. Karasu manteneva un'espressione stoica in volto, ma reprimeva a fatica la rabbia che insorgeva dentro di sé. Brianna, invece, annuiva ogni volta che veniva rimproverata per la sua inettitudine. E l'anziano Toki faceva altrettanto, tremando come una foglia.
Un ragazzo, dai lunghi capelli argentati e due orecchie canine che spuntavano sulla sommità della sua testa, stava camminando, anzi zoppicando, intorno ai suoi tre sottoposti.
-Capo, la colpa è di Brianna che ha preso fischi per fiaschi- disse Karasu, tentando di difendersi dalle calunnie immeritate.
L'hanyo si volse verso di lui e con gli occhi iniettati d'ira, gli intimò di non fiatare. Karasu eseguì l'ordine, ma non poté far a meno di arruffare le penne.
Toki, il quale non sopportava di vedere il suo padrone ferito, azzardò la proposta di medicargli il piede. Ma ottenne lo stesso sguardo che aveva ricevuto Karasu. Chinò il capo, quasi sbattendolo sul suolo, in segno di scuse.
-Ma Gin-sama, non credo di aver agito in maniera errata, tentando l'approccio offensivo con la sacerdotessa! Ho agito in buona fede, prendendo alla lettera i suoi ordini!- disse Brianna, cercando di difendersi dalle accuse di Karasu.
-Non importa di chi sia la colpa, resta il fatto che ve la siete fatta scappare!- sbraitò Gin.
Non aveva più il fiato per urlare. Stremato, si sedette su uno degli sgabelli fissi vicino al banco. Si passò una mano sulla fronte, cercando di levarsi un ciuffo dagli occhi. Karasu osservò il simbolo a mezzaluna blu e le due linee color magenta che Gin esibiva sul volto, che lo contraddistinguevano dagli altri mezzodemoni comuni. Anche se era anche solo per metà youkai, nelle sue vene scorreva il sangue di un demone potente e nobile. Suo padre era l'attuale taiyoukai che dominava su tutto il territorio giapponese.
-Karasu, come hai fatto a portarla qui? Non l'avevi catturata, vero?- domandò Gin.
Karasu, sentendosi interpellato, smise di osservarlo. Raccontò di come aveva incontrato la miko.
-Quindi sarebbe andata diversamente se non avessi detto a Brianna di usare il taser... - disse Gin, più a se stesso che agli altri.
Ecco perché Brianna è passata alle maniere forti...
Karasu si alzò e si sedette accanto a Gin. Ormai aveva notato che la rabbia di Gin stava sbollendo. Gin poi si volse a Toki e alzò il piede. Il vecchio kappa andò a prendere la cassetta del pronto soccorso, tutto contento.
Brianna continuava mantenere la sua posizione da inginocchiata ed era rimasta indignata dal comportamento irrispettoso di Karasu. Non capiva perché poi Gin glielo permettesse. Forse perché era il suo braccio destro.
Sono sempre considerata quella stupida. Di solito la qualità che ci si aspetta dalla posizione di braccio destro è la lealtà, non l'intelligenza!, pensò Brianna. Colta da un'impellente invidia, guardò con astio Karasu.
Lo youkai corvo ignorò deliberatamente Brianna. Sapeva cosa provava la ragazza, ma non era colpa sua se Gin preferiva lui a lei come secondo.
-Karasu, poiché la miko sembra fidarsi di te, ti useremo come esca per la prossima cattura- disse Gin, dandogli una pacca sulla schiena.
Rassegnato, Karasu annuì.
Essere il braccio destro comporta solo doveri e scocciature. Brianna dovrebbe smetterla di invidiarmi...


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