IL MIRACOLO

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"Buon giorno prof"
"Buongiorno, mi ha fatto chiamare ?"
"Ha visto i risultati della domanda per l'immissione in ruolo?"
"No preside. Tanto l'ho fatta per non lasciare nulla di intentato ma, con il mio punteggio, non penso che mi prenderanno."
"Controlli. La Florenzi è stata assunta: a Roma."
Rita assunta! Anna non poteva crederci. Rita, in graduatoria, era solo cinque posti prima di lei. Forse la ruota girava. Roma, che bella città dove trasferirsi e andare a insegnare. Finalmente assunta in ruolo a tempo indeterminato. Rita si ma lei no, di certo. Ma no, sicuramente questa Riforma della Buona Scuola non poteva riguardare anche lei che in classe era entrata cosi' poche volte. Sarebbe stato solo un colpo di fortuna. E i colpi di fortuna Anna non li conosceva.

In ogni caso bisognava cercare un computer per collegarsi alla posta certificata e controllare. Subito.
Anna era senza credito, telefonino senza connessione! Punto. Come sempre.

Andare in segreteria di corsa. 

"Scusi Milena, potrei utilizzare un computer?" disse Anna trafelata.
"Non puo' usare quello della sala professori?"risposta con domanda.
"Ci sta lavorando un mio collega per aggiornare il registro elettronico ... " Buona scuola del cavolo.
"Aspetti." Parola preferita di Milena della segreteria docenti. Vecchia zitella indifferente alle esigenze altrui quanto premurosa con le proprie. Aveva visto passare tante persone da quella cornice oltre il vetro nella quale era rilegata come una Monnalisa e a tutti aveva detto no, almeno per una cosa. No oppure chieda al mio collega, al massimo porgeva dei moduli, non aggiungendo mai parole che non fossero necessarie e richieste. Una monaca di clausura scolastica, pagava o penava forse per le sillabe necessarie a costruire parole, emetteva solo pochi versi: no, non so, chieda al mio collega, niente altro. Chissà se un tempo aveva avuto le gambe questo essere mitologico. Chissà a che ora arrivava a scuola, dato che tutti la trovavano sempre lì a mezzo busto, accesa, come in televisione.

Anna doveva collegarsi ad un computer, doveva sapere.
Esiste la vita per la gente senza un contratto di lavoro?
Ecco, Milenadellasegreteria, teneva in bilico una donna che solo poche ore prima era salita su un cornicione. Ma Milena che ne poteva sapere? E soprattutto a Milena cosa gliene fregava? Aveva appena detto ad una docente con un equilibrio precario, con una macchina un po' vecchia oramai da cambiare, che per sapere del proprio destino doveva aspettare.
E Anna stava aspettando consumandosi le unghia.

Contemporaneamente in altre scuole e, in altre province, tanti docenti erano venuti a conoscenza della loro nuova sorte e stavano esaltando oppure erano entrati in crisi. Finiti lontano da casa ... e i figli? Chi li avrebbe accompagnati a scuola? Chi li avrebbe presi all'uscita? Il marito? La moglie? La compagna del marito? Disordine, nessuna tragedia ma tanto disordine, caos. Il caos di chi si deve riorganizzare da capo, da zero e non deve lamentarsi perché almeno un posto ce l'ha e anche i soldi; anche se non basteranno, se finiranno prima, ma almeno lo stipendio sarà sicuro; poi gli insegnanti lavorano solo la mattina e quasi quasi un po' di disagi se li meritano anche. Cominciavano a piovere sentenze, nervosismi, ingiustizie, sciocchezze. Piovevano lacrime, spallucce, tanto non era un gran disagio. Quel giorno e nei mesi avvenire avrebbe piovuto per molti, ma nessuno avrebbe fatto nulla, ché non fa nessuna notizia il disagio di una tale categoria. Perché si lamentano?
"Si è liberato il computer, guardi pure..."

Anna entro' nella zona off limits della segreteria si sedette e guardo' il pc come un coltello, alzo' un attimo lo sguardo mentre la password le stava concedendo l'accesso.  Qualcuno aveva alzato le persiane e una luce nuova e inaspettata inondò la stanza. Le nuvole fitte di febbraio s'erano lacerate per sbaglio, per una corrente d'aria, avevano creato un buco, uno strappo, un vuoto che aveva permesso ai raggi nascosti di filtrare, di ferire per scomparire quasi subito.
Anna vide, lesse, tremo'.

  La camminata era veloce, come una fuga. Le gambe dolenti nelle scarpe troppo basse, comprate per una precisa volontà, non le abbassavano di molto la statura. Anna stava nel suo corpo, che per molti uomini era morbido e armonioso, come in un abito di due misure più grande, come in un piatto abbondante, in avanzo, era troppo tutto quello spazio per quello che le serviva. Non grassa, avrebbe comunque fatto a meno di quei chili e di quei centimetri che nelle foto la rendevano sempre la più evidente del gruppo. Imponente e formosa contro ogni suo desiderio, non riusciva a nascondersi e qualunque vestito la rendeva provocante o antica, come una donna degli anni cinquanta, una Lollobrigida fuori tempo e fuori luogo, circondata da donne diafane e longilinee che aspiravano all'anoressia. Non c'erano vie di mezzo nel suo corpo, per lei tutto era troppo, troppo ridicolo, troppo retrò. Di troppo, come lei. E adesso questo corpo le pesava volendo scomparire dalla vista di tutti. Aveva scelto quelle scarpe basse per scendere al piano inferiore della seduzione, dove non arriva lo sguardo degli uomini che con i tacchi si rischia di incontrare, perché i tacchi pongono all' altezza giusta dell'incontro. 
Felice? Forse.
O meglio avrebbe dovuto pensare: felice? Certo!
Il corridoio che teneva distante la segreteria della scuola dall'ingresso principale era verde e lucido come quello dell'ospedale Maggiore delle Orsoline e Anna si sentiva proprio in una corsia, in attesa d'essere operata. Di cosa? Beh, non sapeva, ma d'essere operata era di certo in attesa, tutta da rifare, e non era chirurgia estetica.
 Le stava bene questo casino, le stava bene che il ministero dell'Istruzione le avesse tonato addosso l'imperativo: ASSUNTA IN RUOLO...

A STROMBOLI, pero'. 

Se mi capita divento una bloggerWhere stories live. Discover now