Capitolo 13

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Niente. Per quanto cercassi di addormentarmi proprio non ci riuscivo.
Come stava mia madre? Isabelle? Mike, Melissa... Sbuffai per la centesima volta.
- Ne hai ancora per molto? C'è qualcuno che cerca di dormire qui - disse Christian nel buio ma sentivo che stava sorridendo.
- Non riesci a dormire? Troppi pensieri? - chiese - Già, vorrei sapere come sta mia madre, sapermi scomparsa la starà uccidendo. - dissi triste, le lacrime cominciarono a pizzicarmi gli occhi così li chiusi per scacciarle via.
- Mi dispiace Kristen e se ti raccontassi una storia? Magari riesci a prendere sonno -
- D'accordo - dissi in un sospiro
- Bene, allora. La storia parla di un bambino, molto piccolo, all'incirca quattro anni. All'epoca viveva con genitori amorevoli in una piccola casa.
La mamma gli raccontava che bisognava cercare la felicità, sempre, per questo lei e il padre vent'anni prima si erano ribellati ad una realtà sbagliata. Fuggirono per costruirsi un futuro, volevano solo integrarsi tra le persone comuni, e ci erano riusciti, il bambino lo era, era felice, ma purtroppo da lì a poco imparò una lezione che non si sarebbe mai dimenticato.
Le persone da cui erano fuggiti tempo prima li trovarono e strapparono loro tutto.
La casa andò a fuoco, bruciata come la felicità di quel bambino. Tutto intorno a lui bruciava, tutto tranne lui, che rimase lì, solo.
Passò così anni a vagabondare, quando un giorno incontrò un signore anziano. Non fu facile farsi avvicinare, il bambino, ormai, non conosceva più emozioni, ma quell'uomo ci riuscì, dopo anni era stato l'unico a riuscirci.
Lo portò così a casa sua. Il bambino aveva ormai otto anni ed il signore anziano cercò di insegnargli di nuovo a vivere, ma ciò in cui era bravo il bambino era solo combattere, combattere spinto dall'odio e dalla vendetta. Anche quando altri bambini soli come lui vennero portati lì, il bimbo preferiva stare da solo, mai una parola con nessuno oltre all'uomo anziano. Dopo anni, qualche sentimento per quelle persone, diventate ormai la sua famiglia, si risvegliò, si erano guadagnati la sua fiducia, il suo rispetto, decidendo però che loro erano l'unica eccezione, non potendo mai dimenticare il dolore per i suoi genitori, morti bruciati da un fuoco celeste. -
Le lacrime che prima avevo scacciato ritornarono ed in quel momento, anche il cielo cominciò a piangere. Senza pensarci mi alzai dal letto ed entrai nel suo, senza dire una parola lo abbracciai. Lui sorpreso ricambiò e mi addormentai così, avvolta dalle sue braccia, pensando ad un piccolo Christian, tra lacrime silenziose.

- Kristen - sentii chiamarmi - Mmm - mugugnai - Dobbiamo andare e poi, dovrei andare al bagno. -
Cosa? - E vai allora, chi ti ferma - dissi ancora intontita con gli occhi chiusi. - Ehm tu. -
A quelle parole sbarrai gli occhi.
La mia testa si trovava sopra al suo petto, con le mani abbracciavo il suo corpo.
Avrei voluto sprofondare, arrossii violentemente e mi staccai subito finendo con il sedere sul pavimento.

Ormai non doveva mancare molto, infatti poco dopo, sorpassammo il cartello "Welcome to Charleston".
Dopo svariati chilometri, arrivati fuori periferia, svoltammo in una priorità. Percorrendo un vialetto arrivammo, lì, ai piedi dell'Istituto.
Era un edificio enorme, delimitato da alti e vecchi arbusti, imponenti quasi quanto l'edificio stesso. Il cancello si innalzava davanti a noi fino a metà struttura dove, da lì, partivano due torri che tenevano una bandiera ciascuna con raffigurate delle rune.
Mi fermai. - Kristen, cosa c'è? - disse Christian avvicinandosi cogliendo la mia incertezza
- Niente è come se...come se sentissi che una volta entrata non tornerò più alla mia vita, io...- non era da me sentirmi così insicura, ma cambiare da vita normale a vita "paranormale", forse, un po' insicura ti ci faceva diventare.
- Kristen. Ti ho promesso che non ti lascerò sola, ti starò sempre vicino, per ogni evenienza. - disse lui prendendomi entrambi le mani.
Mi sentii la terra mancare sotto i piedi. Il suo sguardo mi faceva venire le famosissime farfalle nello stomaco e accelerare i battiti, sentivo veramente che fin quando lui fosse rimasto vicino a me non mi sarebbe successo nulla.
Annuii rincuorata dalle sue parole. - Andiamo -
L'esterno non preannunciava minimamente cosa ci fosse all'interno.
Un elisse barocca, nata da sovrapposizioni di linee curve, permetteva alla luce di entrare e creare giochi di chiaroscuri che colpivano le sculture modellandone i corpi.
Esse si emergevano davanti a noi sui due lati e venivano affiancate da delle colonne corinzie.
Era semplicemente meraviglioso.
- Finalmente! - disse una voce maschile strappandomi da quella architettura barocca.
- Ce l'avete fatta! - - Avevi dubbi Ethan? - lo schernì Christian. - Assolutamente no - rispose il ragazzo che ci affiancò presentandosi.
- Tu devi essere Kristen, piacere, io sono Ethan - disse porgendomi la mano in un sorriso smagliante  - Piacere mio - risposi gentilmente guardando la mano - Ethan pochi convenevoli, non le piace il contatto fisico. - Si intromise Christian un po' troppo bruscamente stupendomi, se ne era accorto, ma non avevo idea di come avesse fatto, con lui non avevo problemi...
- Oh perdonami dolcezza - disse lui sinceramente dispiaciuto. Dolcezza? - Non preoccuparti - gli sorrisi osservandolo meglio. Era alto, molto alto.
Aveva capelli castani ed occhi verdi, quest'ultimi sembravano lo specchio della sua anima, rispecchiavano ogni sua emozione. Era un tipo solare e socievole, si vedeva.
Ci incamminammo ed io mi persi di nuovo nell'architettura secentesca dell'Istituto.
Passate diverse stanze arrivammo a destinazione.
- Gregory vi vuole vedere subito, ci vediamo dopo Kristen - e ci salutò.

- Oh! Eccovi qui - disse l'uomo che si doveva chiamare Gregory.
Era un signore anziano ma incredibilmente in forma. Non riuscii a stabilire di preciso l'età ma ad occhio e croce gliene diedi una settantina.
Aveva una postura dritta e spalle larghe, non gli avrei mai dato quell'età ma a tradirlo erano i capelli, la barba bianca e i profondi solchi di vita che segnavano il viso.
- Ciao nonno - salutò Christian. Nonno?
- Christian, non avevo dubbi che saresti riuscita a proteggerla - disse lui con voce fiera al ragazzo, poi si voltò su di me - Signorina May, l'ho fatta venire qui, nonostante conosca le capacità del mio ragazzo, per un ulteriore protezione. Andando subito al dunque, ho saputo che Lei è stata risvegliata e la vuole Kristen -
- Lei? - domandai subito, di chi stavamo parlando?
- La genitrice della nostra specie, colei che ha iniziato tutto questo, Lilith. -
A quelle parole Christian storse il naso disgustato più che mai.
- Vedi...- iniziò l'uomo anziano - Nonno, Kristen ha passato una brutta settimana, facciamola riposare, domani le spiegheremo tutto e poi, vorrei parlarti, ci sono degli sviluppi imprevisti. - disse lui guardando Gregory in una discussione silenziosa.
Di cosa stavano parlando? Quali imprevisti?
Capii subito che quei due per il momento non mi avrebbero detto nulla così, non ci provai neanche.
- D'accordo, si vada a riposare Signorina adesso questa è casa sua - disse benevolo ma quella non sarebbe mai stata casa mia.
Ci incamminammo verso la sala centrale dove ci aspettavano gli altri compagni di Christian, l'ultima tappa prima di andare nella "mia stanza" - Christian, per favore, non tenermi nascosto nulla. - odiavo queste cose, preferivo sempre sapere tutto anche se significa soffrirne. Eravamo arrivati davanti all'enorme porta della sala, lui mi sorrise, quel sorriso che avevo visto rivolgere solo a me - Tranquilla, fammici capire qualcosa e poi potrò dirti tutto - Annuii mentre entravamo, l'unica cosa che mi teneva lucida era lui, anche se sapevo che era la cosa più sbagliata da fare. Non bisognerebbe mai dare così importanza ad una persona perché le conferisci automaticamente il potere di schiacciarti emotivamente.
- Christian!! - sentii urlare subito. Una ragazza dalla lunga chioma bionda gli si avvinghiò sul collo. Christian l'abbracciò sorridendole, poi, con le lacrime agli occhi lei lo baciò, lui rispose al bacio e così, si baciarono come se non esistesse nessun'altro al mondo.

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