Epilogo.

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"Città irreale,

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"Città irreale,

Sotto la nebbia bruna di un'alba d'inverno,

Una gran folla fluiva sopra il London Bridge, così tanta,

Ch'io non avrei mai creduto che morte tanta n'avesse disfatta."

T. S. Eliot – The Waste Land.


Prim si mise a sedere sul letto.

La casa dei Goldbone non le piaceva. Era enorme e fin troppo silenziosa, le lasciava il tempo di pensare. E lei non voleva pensare.

I jeans scuri le accarezzavano la pelle delle gambe facendole pizzicare tutte le ferite.

Fuori dalla finestra, gli striscioni neri occupavano l'aria tra una casa e l'altra come una parata di morte.

La luce aranciata del primo pomeriggio filtrava attraverso i vetri colorando il pulviscolo di bianco.

Prim rimase a fissare la polvere che faceva capriole nell'aria per un tempo indefinito, cercando di sgomberare la mente il più possibile.

Rivedeva il rosso del sangue sulla pietra del castello di Atlante, gli occhi incolori e vuoti di Hugo che la trapassavano da parte a parte. Sentiva la sua stessa voce urlare ed il tonfo sordo delle sue ginocchia che sbattevano contro il pavimento della casa di Fidelia, mentre cadeva per terra. Percepiva le braccia di Ikarus Holywilow, il padre di Lucky e Pyper, che la stringevano forte ed il sapore delle lacrime che ormai le era diventato familiare come un amico d'infanzia.

Mancava poco meno di un'ora.

Si voltò di nuovo, lentamente.

Lo specchio attaccato alla parete le rimandava un'immagine di se stessa che stentava a riconoscere.

Si vedeva piccola ed ingobbita, ed il nero della camicetta che indossava non faceva che far risaltare il pallore cinereo della sua pelle.

Le guance spolpate e le orbite infossate la facevano sembrare uno scheletro, i suoi capelli castani parevano quasi grigi nella penombra giallognola della stanza.

Non era rimasta alcuna traccia della ragazza che solo tre mesi prima aveva evitato che Beth Harrison si buttasse giù dal cornicione della scuola. Continuava a cercarla, ma non riusciva a trovarla, a partire dalla postura abbattuta fino ad arrivare alla luce triste e rabbiosa che le brillava negli occhi.

Era cambiata. E non c'era alcuna possibilità che tornasse la stessa che era prima.

Il gesso che aveva arrotolato intorno al braccio pesava come un macigno.

Le avevano proposto di risistemarle le ossa con la magia ma lei si era rifiutata: quel peso innaturale che la costringeva ad incurvare le spalle le sembrava quasi catartico.

Runadium - La città delle stregheWhere stories live. Discover now