RIFIUTO e NEGAZIONE

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- Winger?

L'uomo di fronte a me indossa dei pantaloni color giallo limone, e una polo acquamarina a maniche lunghe. Sul petto, a destra, ha una taschina con un fazzoletto arancio, e vi è appeso un cartellino con scritto "Mr. Fendon".

La camera in cui siamo è ampia, con le pareti bianche. Nel centro vi sono due poltrone reclinabili in pelle nera, e due tavolini in vetro. L'unico altro tocco di colore è la porta blindata all'angolo destro, di un grigio chiaro, con un vetrino che permette di vedere dentro, ma non fuori.

- Winger, ti ho fatto una domanda - ripete, con una nota di impazienza. Soffre di una leggera calvizie, e quei pochi capelli sale e pepe che gli rimangono sono in netto contrasto con le sopracciglia nero pece.

Mi stringo le gambe al petto, trattenendo le lacrime.

Perché continua a provarci con me? Non l'ha capito che sono irrecuperabile?

L'uomo sospira, passandosi una mano sul viso stanco. Porta una gamba sull'altra, accavallandole, e si stringe le mani come in preghiera.

- Winger. Cos'è successo?

Gliene devo parlare davvero? No, sarebbe troppo.

- Vorrei una tazza di thé - sussurro.

L'uomo mi guarda, sconsolato. - Winger... - Comincia.

- Vorrei una tazza di thé - ripeto, a voce più alta e gracchiante.

L'uomo mi guarda, poi lentamente porta una mano alla sua sinistra, e schiaccia un bottone sul tavolino di fianco alla sua poltrona reclinabile, infine riprende in mano la mia cartella clinica.

La mia vita non è mai stata normale. Sin da bambina, avevo un certo... non so che. Lo stesso non so che che teneva lontani i vicini, che permetteva ai bambini di squadrarmi con circospezione, e alle maestre di rispondermi male e mettermi in punizione per il più o per il meno.

Sarà stato per i miei capelli neri perennemente spettinati, o gli occhi azzurro ghiaccio, che incutevano timore, come ripeteva sempre una ragazzina della mia classe.

O forse era il fatto che fossi più intelligente degli altri.

Molto più intelligente.

Mia mamma mi ripeteva che ero un piccolo genio. In terza elementare seguivo il corso di studi della seconda media, e in quinta elementare ho costruito il mio primo drone auto mobile a forma di cane.

La mamma...

Mi asciugo gli occhi pieni di lacrime, mentre con un sonoro schiocco la porta blindata si spalanca, rivelando un'assistente in uniforme azzurra con in mano un vassoio. Sopra c'è il mio thé.

Poggia il vassoio con delicatezza sul tavolino di fianco alla mia poltrona, poi porta entrambe le mani sui fianchi e mi guarda severa.

- Ti serve altro?! - Dice spazientita. Ha un bel corpo, capelli biondi lisci e occhi verdi. Mi salgono di nuovo le lacrime agli occhi. Ha ragione, faccio solo problemi. La mia presenza è un problema per il mondo.

Sono un peso.

Una morsa mi stringe lo stomaco, mentre lacrime scendono quiete. Singhiozzo in silenzio, nascondendo il viso tra le braccia.

L'assistente se ne va, lasciandomi sola con Mr. Fendon.

Lui rimane in silenzio, così io ristabilizzo il respiro, e mi calmo.

Occhi chiusi, inspira, espira.

Il thé è ancora lì. Allungo la mano verso la tazza fumante, e immergo la bustina. Mi ha sempre affascinato come l'acqua prenda colore velocemente. Dalla bustina si espandono decine di onde sinuose del colore dell'oro, che aggraziate girano con leggiadra dolcezza fino a depositarsi sul fondo, in un movimento lento e preciso.

Terminal, La Discendente || di B. J. PorterWhere stories live. Discover now