IL GEMELLO

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Il valore di una vita è una difficile concezione da percepire.

In fondo, cos'è poi, una vita?

Nascere, vivere, morire, è ciò su cui gira il mondo: un lungo circolo vizioso.

Con quale facilità si nasce, e con che difficoltà si vive? Cosa possiamo definire una vita vissuta? Una nascita meritata?

Bastano pochi secondi per nascere. Dolore, sangue, sforzo fisico, e poi il cuore comincia a battere. Primo respiro, fuoco nei polmoni e improvvisamente non sai cosa ti sta accadendo, senti solo il bisogno necessario di piangere, perché sai che è la cosa giusta da fare. Dentro di te sbocciano come fiori le prime emozioni: affetto, paura, fame, freddo. Incertezza. Ignoranza. Impotenza. Desiderio e insoddisfazione.

Nello stesso arco di tempo, puoi morire. Difficoltà, stanchezza, sai che sta per succedere, il tuo sesto senso ti avverte di un qualcosa di imminente. Ti sei preparato psicologicamente da un paio di anni, perché sapevi che sarebbe successo, tuttavia una paura ceca ti attanaglia, e gli ultimi dubbi allagano la tua mente: avrò vissuto appieno la mia vita? Ho scordato di compiere qualcosa di importante? Merito di esalare l'ultimo respiro, o devo ancora concludere qualcosa?

Non puoi permetterti di essere infelice della tua vita, perchè l'incompetenza ti suggerisce che ne avrai soltanto una e che per questo devi osare e porti oltre i tuoi limiti per poter essere felici.

Ciononostante, non puoi permetterti di essere troppo felice. In fondo, se tutti potessero raggiungere il culmine della propria felicità, non ci sarebbe merito, né valore in ciò che compi.

Bisognerebbe imparare ad accontentarsi. Per via di uno strano scherzo del destino sei nato, ma nessuno ti dirà il motivo. Non c'è sempre una spiegazione a ciò che accade, quindi converrebbe raggiungerla coi propri mezzi, per evitare che la propria esistenza raggiunga il confine limite dell'inutilità.

Trova il tuo scopo, inseguilo, perseguilo. Sii felice, sii triste, accontentati. Non eccedere, non sottovalutare, non sopravvalutarti.

Sii perfetto.

Il viaggio lungo il mio Studio è silenzioso, come d'altronde tutta la mattinata. Non ho aperto bocca, né con Harry né con Shannona. Non devo dire nulla, non devono comunicarmi nulla.

Arrivare alla mia postazione è come un balsamo per il mio essere. Sento di aver raggiunto il luogo massimo di appagamento dei sensi, e l'unico bisogno che percepisco di dover affamare è la voglia di creare. Il progetto Copernico è sul tavolo dove l'ho lasciato, è tutto dov'era prima. Tranne un piccolo particolare.

Una tela è poggiata sullo sgabello, coperta da un panno bianco di lino.

Dentro di me sorge l'irrequietezza, e una piccola parte di me è elettrizzata all'idea di scoprire cos'è. Con un leggero tremore della mano, lentamente, sollevo il velo, lì impalata e incuriosita da ciò che mi aspetta.

La tela è completamente bianca. La delusione muta il mio viso in una smorfia infelice, ma prima che possa allontanarmi nel centro della tela appare un punto rosso.

Con le braccia rasenti i fianchi, osservo con la bocca leggermente schiusa l'evolversi di quell'assurda magia. Il punto rosso muta in un cane. Corre, compie giri sulla tela, lasciando il nulla al suo passaggio. Rimango incantata; è come se una mano invisibile tracciasse pennellate e le cancellasse subito dopo, illustrando un'azione.

Riesco a percepire la forza della pennellata, la tela si inarca leggermente ogniqualvolta la figura dipinta del cane compie un movimento, come se un'altra pennellata ne scalfisse la superficie.

Il cane corre, spicca un balzo, ed è maestoso, bello, possente.

Sembra il mio Copernico.

Si muove come se fosse nato per farlo, compiendo giravolte, correndo, levitando in un bianco assoluto di tela. Un cane rosso acrilico, che corre su tessuto indisturbato, inanimato eppure in vita.

Terminal, La Discendente || di B. J. PorterDove le storie prendono vita. Scoprilo ora