Prologo

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Diedi uno sguardo al mio orologio da polso per l'ennesima volta. Ero seduta sulla poltrona rossa del mio studio da circa quaranta minuti. Di fronte a me c'era un ragazzino dai capelli indomabili e lo sguardo fin troppo serio per la sua età. Tenevo davanti a me il blocco su cui avrei dovuto scrivere le risposte alle domande che gli stavo ponendo dall'inizio della seduta. Eppure, Kyle Kirk non aveva aperto bocca nemmeno per sbadigliare. L'unica cosa che mi aveva detto mi rimbombava nella testa da quaranta minuti: "mi chiamo Kyle. Non Kirk. Quello è il cognome. Faccia attenzione". Queste erano state le sue uniche parole. Da allora aveva preso posto sul divanetto verde riservato ai miei pazienti ed era rimasto ad osservarmi con sguardo serio. All'inizio avevo provato a rivolgergli delle domande, ma, accorgendomi del fatto che non avrei ottenuto nemmeno una risposta, mi limitai ad osservarlo a mia volta. Almeno per qualche minuto. Non volevo assolutamente sembrare antiprofessionale. Tanto meno in presenza di un ragazzino dispettoso di tredici anni con un nome singolare.

-Allora, Kyle,- mi sistemai meglio sulla poltrona-Che ne dici di dirmi almeno il minimo indispensabile?-

Lui non smise di guardarmi né cambiò espressione. Si aggiustò gli occhiali sul naso e restò in silenzio, proprio come aveva fatto per i precedenti quaranta minuti.

Sospirai leggermente, demoralizzata dal comportamento di quel ragazzino. Ero abituata ad avere a che fare con persone problematiche. In fondo, si trattava del mio lavoro. Fare la psicologa era sempre stata la mia più grande ambizione. Mi affascinava conoscere la personalità delle persone e aiutarle ad affrontare momenti difficili della propria vita. Mi faceva sentire utile. Almeno nei casi diversi da quelli di Kyle. In quei momenti mi sentivo totalmente inadatta a quel lavoro. E il silenzio del mio piccolo paziente non aiutava a smentire la mia ipotesi.

-Lei sa che esiste un significato diverso per ogni fiore?- quasi scattai in piedi quando sentii la voce del ragazzino. Lo guardai stralunata e sorpresa. Avevo quasi perso le speranze di sentirlo parlare. Quando metabolizzai la sua domanda, gli rivolsi uno sguardo attonito. Un significato diverso per ogni fiore? E cosa c'entrava questo con la nostra visita?

-No, non lo sapevo fino a qualche secondo fa, a dirla tutta. Che ne dici di parlarmene?-decisi di cogliere l'occasione che mi si era appena presentata. Kyle sembrava un ragazzino difficilmente impressionabile e spaventosamente silenzioso. Era una vittoria per me sentirlo spicciare qualche parola. Soprattutto con una quasi sconosciuta.

Lui si aggiustò nuovamente gli occhiali sul ponte del naso:-Per essere un'adulta, lei sa ben poche cose.-

Strabuzzai gli occhi sentendo quell'affermazione. Di certo non mi capitava tutti i giorni di essere presa in giro da una persona. Anzi, da un ragazzino. Mi schiarii la voce e cercai di non dare troppo peso alle sue parole. In fondo, non succedeva di rado che gli psicologi fossero apostrofati con termini poco carini o fossero addirittura oggetto di critiche pesanti.

-Hai ragione, Kyle. Non sono molto informata su delle cose che tu invece dimostri di sapere.-

-Probabilmente è a causa della sua completa mancanza d'interesse che è ignorante in materia. Sono più che sicuro che anche altri dei suoi pazienti le abbiano parlato del significato dei fiori, ma lei era troppo concentrata a cercare di psicanalizzarli attraverso delle semplici informazioni.- Kyle mi lanciò uno sguardo a metà tra lo sprezzante e il disgustato. Raddrizzai la schiena sulla poltrona e strinsi con forza la penna tra le mani. C'era un limite di sopportazione a tutto e quel ragazzino lo stava oltrepassando pericolosamente. Mi tolsi gli occhiali da vista e li posai sulla scrivania accanto a me. Inscenai l'espressione più calma che mi riuscisse.

-Ti dirò,-cominciai-che nessuno tra tutti i miei pazienti mi ha mai parlato di una cosa del genere. E non è assolutamente vero che tutti gli psicologi non ascoltano ciò che i loro pazienti gli dicono solo per far credere a sé stesso di aver scritto qualcosa su un pezzi di carta.- sventolai il foglio che avevo sulle ginocchia-Mi interessa ciò che i miei pazienti hanno da dirmi. Infatti, ti ho chiesto spiegazioni sul linguaggio dei fiori. E ti posso assicurare che non ho nessun secondo fine se non appagare la mia curiosità.-

Kyle Kirk mi guardò sospettoso, con gli occhiali leggermente storti sul naso paffuto. Studiai un momento la sua espressione. Il mio giovane paziente aveva un non so che di adorabile, seppur lo nascondesse bene con la sua scontrosità e con il cipiglio costante del viso. Guardandolo meglio, notai immediatamente una totale somiglianza con la signora che l'aveva accompagnato da me poco prima. Ovviamente si trattava di sua madre, ma non lo si capiva a prima vista. La signora Kirk era una donna forse troppo giovane per avere già un bambino così cresciuto. Era una donna alta e formosa e si capiva immediatamente la dolcezza che aveva nel cuore. La carnagione e i colori scuri dei capelli e degli occhi erano come un'antitesi per i colori chiari del figlio. Kyle Kirk aveva i capelli biondi e riccioluti e dietro agli spessi occhiali si nascondevano due iridi azzurre. Era pallido e magrolino. Perciò, non avevo subito capito che fossero imparentati. In quel momento, sentivo quei due occhi chiari su di me. Mi stava studiando, questo era certo. Voleva capire se stessi dicendo la verità oppure no.

-Come ha detto che si chiama, lei?- chiese d'improvviso, non staccandomi nemmeno per un secondo gli occhi di dosso.

-Sono la dottoressa Scott. Louisa.- risposi dopo qualche secondo di esitazione e sorpresa.

Kyle si alzò dal divanetto verde su cui era stato seduto senza fare un movimento per quasi un'ora. Quasi sussultai sulla mia poltrona per la sorpresa, ma cercai di non renderla evidente. Il ragazzino si sistemò i vestiti leggermente stropicciati e si rimise a posto gli occhiali.

-Dottoressa Scott, dopo un'attenta osservazione, credo di poter affermare che lei non vuole psicanalizzarmi come mia madre desidererebbe. Perciò, forse lei è davvero interessata a sapere il linguaggio dei fiori.-

-Giusta osservazione.- accavallai le gambe e sorrisi leggermente per la prima volta dopo l'inizio della seduta. In fondo, Kyle Kirk non era un ragazzino così tremendo.

Diedi un'occhiata all'orologio e mi resi conto che il tempo a nostra disposizione era scaduto. Mi alzai dalla poltrona e guardai Kyle. Sembrava cosi indifeso e innocuo con quell'espressione leggermente interrogativa e gli occhiali troppo grandi per un viso piccolo e magro come il suo.

-L'ora della visita è scaduta.- gli spiegai con un misto di dispiacere nella voce. Mi stupii di me stessa, soprattutto perché quella era stata una delle mie visite più complicate. I pazienti giovani non erano mai facili da capire.

Sentii Kyle borbottare qualcosa sottovoce. Mi diressi verso la porta e la aprii per farlo uscire. Nella sala d'attesa, c'era sua madre, la signora Kirk. Le rivolsi un sorriso gentile. Lei si avvicinò e mi strinse la mano:-Mi auguro la visita sia andata bene.- lanciò uno sguardo veloce a suo figlio, prima di tornare a me-Kyle ha un carattere...particolare. È diverso dai bambini della sua età.-

"L'ho notato", pensai:-Non si preoccupi, signora Kirk. La seduta è andata magnificamente. Spero che suo figlio non smetta di venire alle mie sedute. Sono sicura che, con un po' di pazienza, Kyle possa approcciarsi in modo appropriato con le altre persone.-

Mi sembrò vedere la donna illuminarsi dalla felicità. Abbracciò di slancio suo figlio e mi strinse la mano con più forza:-Oh, lei non immagina nemmeno quanto queste sue parole siano importanti per me. Sono così felice. Non so proprio come ringraziarla!-

Mi parve di sentire Kyle sussurrare: "credo che i soldi per le visite siano già una lauta ricompensa".

Risi leggermente e salutai la signora Kirk un'ultima volta. Prima che sia lei che il figlio varcassero la porta d'uscita, vidi Kyle girarsi e farmi un saluto con un semplice cenno della mano. Gli sorrisi e lo vidi sparire dall'altra parte della porta. Tornai al mio ufficio e mi sedetti sulla poltrona. Afferrai il foglio che avevo tenuto poco prima nelle mani e mi resi conto di averci scritto una sola frase: "Esiste un linguaggio dei fiori."


FlowersWhere stories live. Discover now