Deborah

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<<Svegliati, mucca!>>

L'urlo di Adriano mi fa scattare come una molla. Butto il cuscino a terra e cerco di spostarmi alla meno peggio i capelli dalla faccia.

Oggi è il grande giorno.

Mentre caccio mio fratello dalla stanza mi chiedo come abbia fatto ad entrare, dato che chiudo sempre la porta a chiave.

Chiave che proprio ieri ho fatto cadere nel water e quindi addio privacy.

Dopo aver fatto un paio di complimenti al mio cervello, mi dirigo in bagno per lavarmi. Mi appoggio al lavandino e guardo la ragazza di fronte a me, riflessa nello specchio: la pelle di un bianco cadaverico con due chiazze fucsia al posto delle guance, gli occhi scuri mezzi socchiusi, il naso troppo lungo, le labbra gonfie e screpolate e una cascata di ricci selvaggi spiaccicati sulla faccia.

<<Stamattina sei proprio un disastro, Deborah!>> Commento ridendo. Sembra che il riflesso risponda: solo stamattina?

Dopo aver passato un quarto d'ora buono in bagno, decido di vestirmi. Volendo, potrei presentarmi a scuola in pigiama, ma fare l' "alternativa" già il primo giorno di scuola, della nuova scuola, forse non è una buona idea.

Indosso una maglietta larga bianca, jeans chiari -che non ricordavo essere così stretti- e un paio di Converse rosse consumate.

Non ve ne importa nulla? Beh, se state qui a sorbirvi la mia storia, allora dovrete sopportare anche la mia routine mattutina con tanto di "momento makeup", che consiste nello spalmarmi sul viso la crema antiacne. No, niente fondotinta, mascara, matita per gli occhi, gomma per la faccia...è vero che il trucco fa miracoli, ma è anche vero che prima o poi la verità viene sempre a galla. Come quelle ragazze che vanno in piscina tutte truccate, che non fanno il bagno, ma vengono giusto per fare le modelle... spingile in acqua e poi vedi la faccia come torna a galla.

Anche se, ammettilo: preferiresti che non tornasse proprio.

Scendo in cucina per fare colazione. Mamma sta farcendo i cornetti con la Nutella, vorrebbe che il primo giorno di scuola fosse perfetto, ma sono quasi sicura che non lo sarà affatto. Quando papà ci annunciò che avremmo dovuto trasferirci, la mamma stette malissimo per tre giorni: una donna semplice come lei, cresciuta ad Aberdeen, il paesino della Carolina del Nord dove abitavamo prima, costretta a doversi trasferire in una città come Orlando, nella contea di Orange, grande, affollata, turistica.

A me, la notizia del trasferimento non dispiacque così tanto. Certo, mi sarebbe mancato qualche amico e i miei nonni materni, ma da un lato ero stata contenta di potermi lasciare alcune persone alle spalle e poter ricominciare da capo.

<<Ti vesti così per il primo giorno?>> mi chiede mamma inarcando un sopracciglio <<Quella maglietta è stravecchia! Giusto la settimana scorsa ti ho portato a comprarne di nuove, perché non hai optato per quelle?>>

Perché se il primo giorno vado vestita come una supermodella e gli altri come una barbona, non ha comunque senso.

<<È ciò che mi suggerisce il karma>> rispondo abbozzando un sorriso, sapendo bene che non ha la minima idea di cosa abbia appena detto.

Lei per tutta risposta lascia stare i cornetti e mi stritola in un abbraccio:<<Ti voglio tanto bene tesoro, anche se a volte non ti capisco proprio!>>

*

La fermata dell'autobus è deserta. Sono le 7:50 e a quest'ora sarei già dovuta essere sul mezzo con gli auricolari nelle orecchie e le note di Self Esteem nel cuore. Mi tolgo gli occhiali e comincio a strofinare le lenti sulla maglietta, per pulirle, ma va a finire che lo sporco si spalma su tutta la lente e ci vedo peggio di prima.

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