Castle si svegliò boccheggiando. Buttò lo sguardo più volte alla sua destra cercando Kate: lei non c'era. Ovviamente. Lei dormiva nella loro stanza. Lui no.
L'aveva sognata, di nuovo. Nella loro cucina. A terra. La sensazione della mano di Kate che piano piano lasciava la presa sulla sua e lui che non riusciva a muoversi pietrificato dalla paura. Sudava e respirava velocemente. Aveva bisogno di vederla. Si assicurarsi che stesse bene. Lo sapeva, ma doveva vederla, lo necessitava letteralmente a livello fisico e soprattutto mentale. Doveva vedere il suo petto alzarsi e abbassarsi seguendo il ritmo cadenzato del suo respiro. Era vitale per lui in quel momento, aveva la necessità di vedere quel respiro più che di respirare lui stesso.
Scese le scale cercando di non fare rumore e di non essere goffo come suo solito. Aprì piano la porta di camera e lasciò che un fascio di luce dal loft illuminasse leggermente il suo volto. Dormiva apparentemente tranquilla, con il braccio allungato lì dove di solito giaceva lui al suo fianco. Respirava, vedeva il lenzuolo che le copriva appena i fianchi muoversi lievemente. Ripensò a quante volte aveva fatto la stessa cosa quando Alexis era piccola, quando si alzava nel cuore della notte e si intrufolava nella sua camera per accertarsi che stava bene, senza un motivo preciso. Era ansioso per la vita delle persone che amava e forse questa nuova paternità che sarebbe arrivata nel giro di qualche mese aveva accentuato questo suo lato. O più probabilmente quello che avevano vissuto, tendeva a volerlo dimenticare sempre, senza molto successo. Sospirò e chiuse la porta, per poi andare in cucina a prendere un bicchiere d'acqua. Era attento anche a dove metteva i piedi, nonostante i mobili diversi sapeva esattamente dove loro erano e non voleva camminare lì. Mentre beveva avidamente si chiese se questa fobia gli sarebbe mai passata, se sarebbe mai riuscito a non vedere i loro corpi lì in quel preciso punto, perchè per una parte del suo inconscio loro erano sempre lì, lasua Kate era sempre lì, ancora su quel pavimento e non di là in camera a dormire tranquillamente. Lo turbò il pensiero che in un certo senso era vero. La sua Kate, i suoi ricordi, sembravano essere rimasti lì, che si fossero inchiodati a quelle assi del pavimento che aveva fatto rimuovere e che non li avessero portati via con lei, troppo impegnati a salvarla si erano dimenticati di loro, dei ricordi di otto anni di vita lasciati su quel pavimento incustoditi. Rick si chiese anche se avesse fatto bene a far cancellare ogni traccia di quello che era quel luogo, se non avesse contribuito anche lui, in qualche modo, a distruggere definitivamente quello che era rimasto lì.
Era colpa sua se Kate non ritrovava i suoi ricordi perchè lui li aveva fatti distruggere con quella vecchia cucina, mosso da una decisione impulsiva, seguendo solo la sua irrazionalità e la sua incapacità di riuscire a superare l'accaduto?
Come se tutto quel ragionamento, invece, fosse stato razionale. Gli sembrava di diventare pazzo quando voleva per forza dare una spiegazione a qualcosa di inspiegabile, cercare una motivazione o un colpevole che non esisteva, glielo avevano detto più volte che era una condizione creata dalla mente di Kate, forse per proteggersi o chissà perchè.Rick si era chiesto in quei giorni molte volte perchè la sua amnesia cominciava proprio da prima che si conoscessero, non poteva essere una casualità. Si ritrovò a pensare, come il giorno del loro matrimonio, se in fondo lei non fosse stata realmente meglio senza di lui. E se fosse stata lei a chiederselo? Se tutto quello dipendeva da una sua volontà inconscia ora che, per l'ennesima volta, avevano rischiato tanto, troppo. In fondo era stato per causa sua che aveva riaperto il caso di sua madre dando il via ad una catena di eventi che avevano rischiato di ucciderla varie volte.
Chiuse gli occhi e li strinse forte e se stava vivendo di nuovo in un universo parallelo? E se era la Kate di un altro universo che era arrivata lì durante il coma e aveva sostituito la sua? Immaginò la sua espressione se gli avesse esposto le sue teorie, la faccia seria ed accigliata che si sarebbe trasformata in un sorriso, le sue minacce... gli mancavano anche quelle! Nel dubbio senza farsi vedere, avrebbe cercato tra le sue cose se ci fosse stato qualche strano amuleto inca, maya o di qualsiasi altra civiltà.
Riempì di nuovo il bicchiere e si andò a sedere sul divano. Erano le tre di notte, dubitava che avrebbe dormito ancora a quel punto. Era troppo agitato, troppo sveglio, troppo vigile. Sarebbe rimasto lì, così si sarebbe assicurato che nessuno avrebbe disturbato Kate, avrebbe vegliato lui sul suo sonno.

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Always, Again
FanfictionDal primo capitolo: "Un mese. 31 giorni. 744 ore. 44640 minuti. Controllava l'orologio e proprio a quest'ora un mese prima stavano tornando a casa, Kate lo salutava con il suo sorriso più raggiante andando in camera, mentre lui avrebbe cucinato...