Silenzioso e Vuoto. Improvvisamente a Kate quel loft sembrò grande come non si era mai accorta che fosse. Eppure Martha e Alexis erano ancora al piano di sopra. Eppure era già stata altre volte lì sola, completamente sola, ma era diverso. Era una solitudine di qualche ora, di una mattinata o un pomeriggio, poi Castle sarebbe tornato. Non adesso. Sarebbero stati giorni che si sarebbero sommati ai due precedenti di solitudine nella vicinanza.
Percepì nettamente come lui, di fatto, con la sua sola presenza riusciva a riempire ogni angolo di quella casa. Ora invece era vuota, senza Castle. Non che si fosse portato via chissà cosa, ma solo il fatto di non vedere il suo computer né sulla scrivania del suo studio né sul tavolo davanti al divano o appoggiato a terra vicino al letto, i posti dove di solito lo lasciava, le faceva capire che lui non era lì.
Aveva lasciato la maglia con cui aveva dormito quella notte sul ripiano del bagno. Profumava di lui. Invece di metterla nella cesta della biancheria da lavare la prese con se, mettendola sul cuscino del letto.
Prima di uscire vide la tazza di caffè sul bancone della cucina. Era ancora tiepido. Ne bevve qualche sorso, facendo roteare la tazza tra le mani, appoggiando le labbra su varie parti del bordo, come se inconsciamente cercasse quel bacio che Castle aveva nascosto nella ceramica poco prima.Arrivò al distretto dopo un paio di giorni di assenza che avevano allertato i suoi amici sul suo stato di salute. Tutto bene, aveva risposto a chi le chiedeva come stavano lei o la bambina. Non lavorava al distretto, non più o non ancora, secondo i punti di vista, non doveva sottostare ad orari o turni ed era incinta, non malata. Se non la vedevano per due giorni non dovevano pensare subito al peggio. Non era complicato da capire.
Andò in sala relax a farsi un caffè. Le avevano preso una miscela decaffeinata da quando era tornata a studiare i suoi casi, ma lei ancora non aveva voluto imparare a far funzionare quella maledetta macchina che gli aveva regalato Castle. Armeggiò un po' e poi ci rinunciò buttando la tazza nel lavandino ed uscendo da lì frustrata. Si rimise alla scrivania con la voglia di caffè ancora più forte di prima e l'umore decisamente peggiore.
Ricominciò a sfogliare i fascicoli dei casi, infastidita, molto infastidita e la macchina del caffè era solo una scusa per il suo nervosismo causato da ben altro.
"Per un momento sei riuscito a farmi credere che tu fossi umano"
Era lei, era la sua voce quella tornava nella sua mente.
"Devi andartene a casa. Adesso!"
- Beckett tutto bene? - La voce gentile e rassicurante di Ryan la riportò al presente ed il profumo della tazza di caffè sulla sua scrivania le fece appena incurvare la bocca in un abbozzo di sorriso riconoscente. - È decaffeinato. Non sarà bravo come Castle, ma è bevibile - le disse avvicinandole la tazza.
- Grazie Kevin.
L'irlandese tornò a sedersi e non gli era sfuggito come lei avesse evitato di rispondere alla domanda se andava tutto bene, ma non le disse altro. Lui non era insistente come Esposito, se Beckett aveva bisogno dei suoi spazi e dei suoi silenzi, sapeva lasciarglieli.Kate era arrivata al punto che faticava anche leggere tutti quei fascicoli e a non capire perché voleva ostinarsi a continuare a farlo. Quanti ne aveva letti in quei giorni? Decine e decine. Risultati? Zero. Anzi, no, era stata un'iniezione di autostima. Era brava. Era stata brava in quegli anni, questo non poteva negarlo nessuno. Con Esposito e Ryan avevano formato una bella squadra. E con Caste, certo. Intuiva che il suo coinvolgimento in molti casi era più importante di quanto le carte non dicessero, aveva imparato a riconoscere i suoi spunti, anche da quello che le avevano raccontato Kevin e Javier che quando avevano qualche minuto libero passavano del tempo con lei a ripercorrere aneddoti di quei vecchi casi. Non era riuscita a smettere di ridere quando gli raccontarono di quell'indagine nel mondo del sadomaso con gli interrogatori alle mistress con il frustino e gli stivali con il tacco a spillo, immaginandosi l'imbarazzo di Ryan in una situazione del genere, che però ci teneva a far sapere che lo spavaldo Esposito non era meno imbarazzato di lui. Ma la cosa che l'aveva colpita di più era stato quando le avevano raccontato di come con l'aiuto di Martha avevano trasformato l'intero piano del distretto in una sorta di set cinematografico perché un testimone era convinto di vivere negli anni 70 e loro in assenza della Gates avevano ricreato lì la stessa atmosfera per farlo parlare con Castle che faceva la parte del loro capo. Non sapeva se ridere o essere estremamente preoccupata capendo in quante cose assurde si era lasciata coinvolgere da Rick nel corso degli anni, perché quella era stata una sua idea, come le avevano detto loro.
- E pensa Beckett, nonostante questo lo hai sposato lo stesso! - Aveva chiuso la questione Esposito con una grossa risata che contagiò anche Ryan ma che lei non riuscì a seguire.
- Espo ti ricordi invece il pazzo che diceva che veniva dal futuro? - Riprese Ryan appena aveva ripreso fiato
- Certo quale caso era... - Cerco tra i fascicoli aprendoli velocemente e tirò fuori giusto - Shona Taylor... e lui era il folle Doyle disse mostrandole una foto di lui con la camicia di forza sorridente
- Però, bel soggetto! - Disse Kate facendo una smorfia
- Ti ha predetto che ti saresti sposata con Castle, avreste avuto tre figli e saresti diventata tu una senatrice e lui uno scrittore di libri seri! - Continuò Ryan
- Ehy Beckett, in fondo ora ti rimangono solo altri due figli e di diventare senatrice, che Castle scriva libri seri non abbiamo proprio speranze! - I due detective risero ancora lasciando Kate interdetta.
- Non è divertente Esposito. Non è proprio divertente. - Chiuse con forza la cartellina e si alzò ed andò a passo veloce verso la sala.
- Ehy! Stavamo scherzando Kate! - Protestò l'ispanico nel vedere l'amica reagire così male ad una battuta, guardò Ryan cercando un appiglio ma alzò le spalle e ritornò al lavoro.
"E' come un ragazzino di 9 anni del tutto incapace di prendere le cose sul serio"
"Lui è fastidioso, egocentrico, piuttosto egoista"
Seduta con la testa tra le mani in sala relax si domandava perché le continuassero a venire in mente solo certe frasi, solo certe situazioni e tutte sembravano portarla nel punto più lontano di dove lei sarebbe voluta andare. O forse no. Non lo sapeva più nemmeno lei. Cosa stava cercando nel suo passato?
- Capitano Beckett...
Si tirò su quando sentì la voce imperativa della Gates chiamarla ed interrompere le sue riflessioni.
- Non mi deve chiamare capitano, signore. Lei lo è.
- Lo è anche lei Kate. Io le ho dato il mio appoggio per farle consultare i vecchi fascicoli e tornare così a prendere confidenza con il distretto. Non mi pare però che questo le stia giovando molto...
- Ma signore...
- Nessun ma, Beckett. Credo che se vuole sarebbe più utile la sua presenza qui in altra veste, magari tornare a fare il suo lavoro le sarà più di stimolo che vedere quello che aveva fatto.
- Signore ma lei...
- Io mi fido di lei Capitano Beckett. Dovrebbe pensarci.
- Sì, signore.

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Always, Again
FanfictionDal primo capitolo: "Un mese. 31 giorni. 744 ore. 44640 minuti. Controllava l'orologio e proprio a quest'ora un mese prima stavano tornando a casa, Kate lo salutava con il suo sorriso più raggiante andando in camera, mentre lui avrebbe cucinato...