Capitolo 2

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ATTENZIONE
In questo capitolo sono presenti scene esplicite e linguaggio forte. (Se non volete non leggete!)

Seduta ad un tavolo in disparte, osservo tutto ciò che mi circonda. La cameriera lascia una bottiglia d'acqua e un piatto di pasta dall'aspetto invitante sul tavolo e se ne va. Ringrazio e assaggio subito. Le mie papille ringraziano estasiate.
Un bambino al tavolo accanto, frigna perché il padre troppo impegnato a parlare al telefono non lo degna di uno sguardo e la madre invece è troppo impegnata a parlare con la sua amica per accorgersi che il figlio ha solo bisogno di un sorriso e di un buffetto per sentirsi amato. Mi si stringe il cuore per lui. Vorrei fare qualcosa per non farlo sentire in quel modo. Lo leggo nei suoi occhi che si sente messo da parte.
La coppia di anziani accanto li osserva scuotendo la testa. Sono chiaramente indignati dal loro comportamento.
Il bambino decide di scendere dalla sedia e inizia a camminare tra i tavoli curiosando. Si avvicina al mio e si siede con in mano il suo foglio e i colori. Gli rivolgo un sorriso rassicurante e lui si rasserena. Chiedo alla cameriera un bicchiere di succo di frutta per lui. Il bambino guarda il bicchiere diffidente poi vede che sto bevendo e mangiando e mi imita scostando il disegno.
«Come ti chiami?», domanda.
«Emma e tu?»
«Jason. Sei una dottoressa?», indica la ventiquattrore.
«No, lavoro in uno studio. Sei molto bravo a disegnare», sorrido come una ragazzina indicando l'album e i suoi disegni. Ho sempre adorato i bambini. Andavo d'accordo con la mia sorellina Elly e non passa giorno in cui lei non mi manchi.
«A loro non piace. Dicono che disegno solo mostri!»
«Sono belli. Me ne regali uno?»
Quando sorride gli spuntano due graziose fossette sulle guance. Corre al suo tavolo prende uno dei disegni e torna a sedersi di fronte a me passandomi il foglio dove c'è disegnato un dinosauro molto realistico. Stringo il disegno al petto e ringrazio il bambino.
Ordino per lui hamburger e patatine e termino il mio pranzo. Continuo a guardarmi attorno mentre il bambino mangia tranquillo e i genitori non sembrano affatto preoccupati.
Fuori è una bellissima giornata di sole, parecchi pedoni attendono sul marciapiede per passare dalle strisce e raggiungere il lato opposto della strada. La porta del ristorante emette il tipico tintinnio quando si apre e delle voci maschili riecheggiano alte nell'ambiente.
Oggi l'ufficio era quasi deserto al mio arrivo e non ho avuto poi così tanto lavoro da fare infatti ne ho approfittato della pausa pranzo per venire in questo posto tranquillo, lontano da occhi indiscreti. Inoltre qui si mangia bene. Parker è impegnato in tribunale e quando lui non c'è molti si prendono una giornata libera. Le cose tra me e lui non vanno poi così bene anzi a dire il vero da quando siamo tornati da New York, non vanno affatto. Non vuole parlarmi e non riesce a guardarmi negli occhi. Sono stata male per tutta la settimana e ho dovuto trovare delle nuove distrazioni.
«Emma?»
Guardo il bambino bevendo dell'acqua. «Si?», chiamo la cameriera per il dolce. Mi fa piacere mangiare con qualcuno anche se quel qualcuno è un bambino estraneo. Sempre meglio del sedersi ad un tavolo da sola in un ristorante pieno ed essere continuamente osservata dagli uomini d'affari che sembrano degli avvoltoi.
«C'è un signore che continua a fissarti. È tuo marito?»
Trattengo una risata guardandomi attorno per capire a chi si riferisce. I miei occhi saettano in sala e si posano sulla figura alta e slanciata a pochi metri di distanza dal tavolo. Occhi chiari, fisico asciutto, elegante, capelli biondo scuro, un filo di barba. Bellezza sfacciata. Cosa ci fa in questo posto?
«Non sono sposata».
La cameriera porta della torta al cioccolato golosissima e Jason strilla eccitato facendo voltare alcuni ragazzi. Sorrido loro imbarazzata e coinvolta dalla gioia del piccolo, assaggio la torta ed esprimo la mia approvazione.
Parker siede in compagnia di alcuni ragazzi. Non l'ho mai visto con i suoi colleghi. Ridono e chiacchierano animatamente riempendo il locale dei loro discorsi.
«Ti ho già vista da qualche parte», biascica il bambino imbrattandosi il viso di cioccolata.
«Ah sì?», inarco un sopracciglio e pulisco con un tovagliolo la sua bocca. Il telefono vibra e per non turbare Jason come hanno fatto i suoi, non lo guardo nemmeno. Chiunque sia, può aspettare.
«Non rispondi?»
«No, non è importante. Parlami dei tuoi eroi preferiti?», allontano il piatto vuoto e poggio i gomiti sul tavolo guardandolo attentamente.
Il bambino si illumina e inizia a raccontarmi storie assurde sui cartoni che vede. Ridacchio quando imita i suoi preferiti mostrandomi i disegni. È davvero bravo.
Scopro che ha nove anni, intelligente appartenente ad un ceto abbastanza elevato, non ha tanti amici, ama disegnare.
«Ti va dell'altra torta?»
«Un gelato?»
«Affare fatto!» metto il palmo davanti e lui mi da il cinque.
Intanto i suoi genitori continuano indisturbati.
La cameriera porta i nostri gelati e Jason sorride radioso guardando la maxi coppetta e ringraziandola prima di ringraziare anche me. «Questi li offre quel ragazzo», lo indica.
Parker sta chiacchierando e i nostri sguardi si scontrano. Arrossisco e alzo la coppetta per ringraziare. Non parla ma agisce, tipico penso subito.
«Se non è tuo marito allora chi è? Credo di averlo visto da qualche parte...», Jason aggrotta la fronte iniziando a pensare.
Questo mi fa ridere. «Se ti rivelo un segreto mi prometti che non lo dirai a nessuno?»
Annuisce e fa il cenno di bocca cucita. «Mi hai visto nei cartelloni pubblicitari perché sono una modella di notte e una segretaria di quel ragazzo li di giorno».
Jason sembra coinvolto dalla conversazione e ha la bocca spalancata. «Non è il tuo ragazzo ma è il tuo capo... Ti guarda però in modo strano.» Ridacchia divertito.
«Jason!», una voce femminile ci fa voltare di scatto.
La madre se ne sta in piedi con le mani sui fianchi spazientita. Il bambino abbassa la testa e la raggiunge timido.
«Mi dispiace se l'ha disturbata signorina. Mi dica quanto le devo per il pranzo.» La donna prende il portafoglio. «Sono davvero mortificata.»
«No, no, non si preoccupi. Ha un bambino meraviglioso!», sorrido guardando Jason che intanto abbozza un sorriso triste.
La donna non sembra ascoltarmi. «Non è mio figlio! È il moccioso del mio compagno. Gli piace disturbare le persone tranquille.»
Si spiega perché non lo degni di uno sguardo mi verrebbe da dire ma tengo a freno la lingua. Non sopporto questo tipo di donne. È un bambino e ha bisogno comunque di attenzioni. Jason sembra intristito. Mi si stringe il cuore per lui. Capisco come ci si sente quando si è soli.
«La ringrazio per non avere chiamato il direttore. Jason sa essere un vero rompiscatole!», sbuffa ancora la donna con un sorriso.
«Oh no, è stato educato. Non si preoccupi.» lancio uno sguardo al bambino. «Venite spesso in questo posto?», domando in fretta.
«Tutti i venerdì e qualche altro giorno in settimana.»
«Potrei tenerlo d'occhio io mentre pranziamo se non è un problema per voi.»
La donna si illumina. Certo che le piacerebbe scaricare quel povero bambino ad una sconosciuta anzichè amarlo e coccolarlo come se fosse suo. «Sarebbe una buona idea! Ne parlerò con il mio compagno. Andiamo Jason ringrazia e saluta la signorina!»
Jason mi si avvicina per abbracciarmi cogliendomi di sorpresa. «Grazie, spero di rivederti», sussurra.
Gli scompiglio i capelli e lo guardo mentre raggiunge suo padre impaziente e se ne vanno dal locale.
Richiedo il conto e mi avvio all'uscita.

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