Capitolo 4

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Entro in casa come uno zombie, preparo un borsone, lascio il telefono sul bancone e torno in auto dove Lexa mi aspetta da un paio di minuti. Mi lancia uno sguardo pieno di comprensione e poi partiamo verso il suo appartamento. Durante il viaggio le racconto di Annabelle, le sue parole, il comportamento dei presenti. La rabbia prende il sopravvento e scoppio in lacrime incapace di trattenerle oltre.
Una volta all'appartamento, prendo posto sulla sedia, il viso tra le mani e continuo a piangere silenziosamente. E' stato troppo.
«Devo andare da David, sicura di non avere bisogno di niente? Tornerò dopo cena, promesso. Hai l'altro mio telefono, per ogni cosa, chiama».
«No, vai pure. Se ti chiama digli che non mi hai sentito!» Lexa sembra indecisa e la spingo verso la porta con un sorriso. «Portami una bottiglia di quelle buone mi raccomando».
Richiusa la porta, mi rannicchio sul divano della mia amica e scoppio inevitabilmente in lacrime e singhiozzi. Ormai non faccio altro.

Non so per quanto rimango in questa posizione, so solo che quando sento la porta aprirsi sono ancora nel mio piccolo angolo, incapace di muovermi.
Lexa si lancia sul divano porgendomi una bottiglia di bourbon. Mando subito giù un sorso e faccio una smorfia sentendo la gola bruciare al passaggio del liquido. Avevo dimenticato il sapore.
«Com'è andata la serata?»
«E' andata...», arrossisce.
«Hai soddisfatto qualche bisogno urgente?»
«Si, anche troppo», si sventola con la mano.
Mi alzo a metà busto curiosa. «Raccontami!»
Lexa ridacchia poi mi racconta della sua serata romantica passata con il suo David. Racconta anche i particolari del dopo cena e più volte tappo le orecchie per frenarla. E' entusiasta e anche un pò preoccupata perché a quanto pare Parker le ha chiamato un paio di volte. Non riesce a rintracciarmi, è passato dall'appartamento ma non ha trovato nessuno se non il telefono che squillava. Questo lo ha fatto infuriare. E' dispiaciuto e arrabbiato per il comportamento di sua madre e di Annabelle. «Era nervoso, mortificato e preoccupato. Sicura di non volerlo sentire? Magari ha una spiegazione...»
«Voglio stare lontana dalla sua famiglia in questo momento. Credo che abbia architettato tutto sua madre...», mando giù un lungo sorso del liquido e la mia amica non mi ferma.
Scuote solo la testa infuriata. «Che lurida puttana calcolatrice!», sbotta. «Hai fatto tanto per loro e lei ti ripaga così? Hai fatto bene ad andare via. Non merita niente da te. E quella stronza... dovrebbe vergognarsi per avere preso parte a tutto questo, per averti ferita!»
«Sono stanca!» dico alzandomi. «Torno a casa. Ho bisogno di dormire.»
«Rimani», mi trascina in camera. «Non voglio che ti trovi li da sola con lui che picchia i pugni alla tua porta come uno psicopatico». Ringrazio la mia amica e l'abbraccio prima di metterci a letto.

La stanza è fredda. Mi alzo e chiudo la finestra. Fuori nevica. Sento il rumore dei passi lungo il corridoio e mi affretto a rimettermi sul letto dalle coperte con le stampe a fiori. La porta cigola aprendosi lentamente. Una donna dai capelli bianchi si fa avanti con un sorriso e una tazza fumante di cioccolata. Il profumo riempie in breve tutta la stanza e ho l'acquolina in bocca.
Nonna si siede sul letto e dopo avermi stampato un bacio sulla tempia, mi porge la tazza. Nonna ha un lieve odore di rose, è piacevole. Soffio e assaggio un sorso di cioccolata. Deliziata asciugo qualcosa sulle guance. Aggrotto la fronte accorgendomi di avere pianto.
«Quel giovanotto non mi è mai piaciuto», brontola turbata la nonna con il suo solito tono di voce. «Cosa diavolo ti ha fatto questa volta? Sei entrata urlando, non mentirmi... devo dirgliene quattro quando tornerà per chiederti scusa!»
Poso la tazza sul comodino e le sue mani si posano sulle mie. «Mi ha allontanata dai miei amici con una scusa e poi ha iniziato a sbraitare... Ha visto i segni sulle cosce oggi quando mi sono cambiata e mi ha detto parole orribili. Non ce la faccio più nonna. Non posso reggere ancora tutto questo... Cosa posso fare?»
«Lascialo andare Emma, lascialo andare...»
«Ma io lo amo nonna. Lui è tutto ciò che mi resta in questa vita... sono cresciuta con lui. Non voglio soffrire ancora, non voglio provare questo dolore...»
Nonna scuote il capo più volte e asciuga le mie lacrime. «Tutti ciò che ti resta in questa vita, sei tu piccola mia. Solo tu!»
«Non voglio soffrire ancora nonna, fa troppo male...», singhiozzo.
«Soffrirai, è vero. Non posso dirti che questo passerà perché il dolore non passa. Il dolore rimarrà nascosto da qualche parte. Rimarrà latente dentro le tue ossa, nei tuoi sorrisi, nel vuoto che sentirai al centro del petto tutte le volte in cui ti accorgerai di essere sola. Non passerà e non ti chiederà scusa. Potrai cambiare vita, casa, amici... ma resterà ancorato nella tua vita come un segnale luminoso e tornerà quando nelle notti insonni, rivedrai due occhi, due mani, delle labbra, sentirai la sua voce e il suo profumo. Ritornerà quando rivedrai gli eventi che hanno segnato la tua vita e avrai il desiderio irrefrenabile di svegliarti senza urlare.
Alcune cose finiscono bambina mia ma al dolore non c'è mai fine. Puoi eluderlo fingendo di stare bene, puoi trovare delle distrazioni ma proverai sempre un lieve male fisico e mentale quando ripercorrerai con la mente il tuo passato. Ti sentirai stupida, insicura, fragile ma andrai avanti perché è questo che si fa, si va avanti nonostante tutto e tutti. Farai mille sbagli, vivrai nuove esperienze che ti cambieranno ma soffrirai e ti rialzerai ancora e ancora.» Mi guarda con i suoi occhi azzurri e sospira. «Il dolore ti farà crescere. Conoscerai tanti ragazzi piccola mia. Ti faranno soffrire ma poi arriverà lui, non l'angelo gentile con la quale tu credi di avere un futuro tranquillo, ma un cavaliere straniero dalle ali oscure che farà tremare la terra sotto i tuoi piedi e poi ti porterà con se é per sempre e tu capirai dal primo sguardo di chi si tratta e in quel momento, tornerai a respirare a pieni polmoni e non sentirai più dolore. Accetta di perdere questo ragazzo che non ti merita, soffri, leva via le lacrime che non servono ma dopo rialzati e vai avanti anche da sola. Non hai bisogno di dipendere da una persona Emma, tanto meno da quello stronzetto. Ti voglio bene, adesso mettiti a dormire».
Nonna sparisce e inizio a tremare. Chiudo gli occhi e provo ad abbracciarmi. Fa davvero freddo. Non riesco più a muovermi. Mi agito e provo a chiedere aiuto ma è tutto buio e silenzioso.

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