CAPITOLO 66

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Glaphyra stava cercando di calmarsi.

Perchè Zeus doveva sempre prendersela con Ade? Perchè lo odiava così tanto? Cosa gli aveva mai fatto?

Ade continuava ad accarezzarle i capelli: "Tranquilla bambina mia, tranquilla mio piccolo tesoro"

Nessuno negli ultimi ventenni l'aveva abbracciata con amore e trattata come una bambina. Aveva sempre dovuto cavarsela da sola, ma ora no, c'era suo padre per lei. Lui si sarebbe occupato di lei.

"Papà" mormorò singhiozzando.

Le era mancato tantissimo e non riusciva ancora a credere di averlo ritrovato, di essere tra le sue braccia.

"Sono qui e non ti lascio più" rispose lui sistemando il mento sopra la testa della dea.

Poi un urlo seguito da uno scoppio.

Cosa diavolo stava succedendo?

"Ade!" un urlo.

Glaphyra e Ade si sollevarono nello stesso momento.

La dea si girò e vide MIki e Dixie che si voltavano verso di lei come a chiedersi anche loro cosa stava succedendo. Glaphyra fissò un punto dove si era sentito lo scoppio: "Papà?"

Ade stava camminando verso quel punto che si trovava poco lontano dalla stanza del trono, mentre mormorava qualcosa tra sè e sè senza intenzione di fermarsi.

"Papà!" lo chiamò ancora la dea iniziando a corrergli dietro mentre si asciugava le tracce delle lacrime di poco prima.

"Cosa sta..." stava per finire la domanda quando si trovò davanti uno spettacolo orrendo.

Un esercito di mostriciattoli piccoli e magri come dei morti viventi, la pelle di un colore bianco da sembrare quasi trasparente, circondavano quattro persone come a proteggerle.

"Ade" ripetè una voce stanca e roca.

Un mostriciattolo si fece avanti: "Onore a te, dio dei morti" e si inginocchiò al suo cospetto quasi a toccare con il naso il pavimento di roccia.

Quello che vide Ade lo sconvolse tanto da farlo barcollare. Glaphyra lo aiutò a reggersi in piedi.

"Persefone" mormorò Ade fissandola in braccio ad Ares.

Sembrava morta, un braccio penzolava inerte mentre gli occhi erano chiusi e una macchia di sangue risaltava sulla sua veste.

Ade si avvicinò alla sua ninfa: "Amore" 

No, non poteva perdere anche lei. Non era possibile che ritrovava la sua prima figlia e gli veniva trascinata via l'altra bambina e sua moglie. Non era possibile.

Il dio allungò la mano per toccare il suo viso che era pallido. Le spostò una ciocca di capelli verdi e continuò a fissarla ancora stordito. Lei non era morta, lo sentiva, e Caronte sarebbe venuto ad avvertirlo se sua moglie fosse finita tra le altre anime.

"Lasciala" disse ad Ares che non era messo tanto meglio.

Aveva le sembranze di uno che era appena stato sbattuto contro il muro ripetute volte. I vestiti erano o bruciati o strappati e la pelle sotto si stava ancora rimarginando. Intorno all'occhio sinistro c'era il segno di un livido che lentamente si stava curando.

"Cosa vi è successo?" domandò Glaphyra avvicinandosi ad Ares.

Il dio la fissava come stordito e in meno di un secondo cadde a terra stravolto.

"Ares!" urlò Glaphyra correndo a soccorrerlo. Lo afferrò per un braccio e cercò di sistemarselo sulla spalla.

"Dixie! Aiutami!" esclamò Glaphyra mentre la sua amica accorreva per aiutarla.

La Figlia Degli InferiWhere stories live. Discover now