Capitolo 5

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Ci sarebbe stato un momento, uno soltanto, in cui avrei potuto affermare di essere davvero felice? Quante prove avrei dovuto superare ancora prima di raggiungere un minimo di serenità?
Queste e altre erano le domande che affollavano la mia mente mentre, dentro le mura del mio appartamento, fissavo Aaron.
Aveva atteso che finissi di lavorare, fermandosi nonostante il suo amico avesse lasciato il locale parecchio prima, dopodiché ci eravamo incamminati, silenziosi, verso il mio palazzo.
Varcata la soglia, ci eravamo seduti sul divano, tenendoci a debita distanza, mentre il mio stomaco sembrava sul punto di espellere qualunque cosa contenesse. Grazie a Dio, mangiavo pochissimo, dal momento che il mio sostentamento non derivava dai beni commestibili e mi cibavo di altro.

«Mi dispiace,» iniziò Aaron, distogliendo lo sguardo quando mi sorprese imbambolato a fissarlo. «Avrei dovuto dirtelo prima e, soprattutto, avrei dovuto impedire che successe quello che è successo.»

Sì che avrebbe dovuto! Il pensiero di aver baciato mio fratello mi dava la nausea. Però non avevo alcun ricordo di lui, quindi per quale fottuta ragione ricordavo tutto e tutti tranne lui? Poteva essere, forse, che anche mio fratello maggiore avesse subito la mia stessa sorte e fosse ritornato a vivere? Ma in quel caso, come era possibile che fosse cresciuto, quando io ero rimasto fisicamente uguale all’ultimo giorno in cui avevo vissuto? Inoltre, nonostante fosse morto a poche settimane di vita e non lo avessi potuto conoscere, i miei genitori lo avevano chiamato Ben. Non avevo avuto altri fratelli, quindi poteva trattarsi solo di lui.

«Il tuo nome è Ben, non posso sbagliarmi. Sei uno zombie anche tu?»

Aaron, le mani posate sulle cosce, artigliò i pantaloni, trovando il coraggio di alzare la testa e provocandomi brividi lungo la schiena nell’incrociare i suoi occhi.

«No, Ben è morto davvero. Io sono il terzogenito. Perché ti ricordi di lui e non di me?»

Si sentiva ferito, ma non potevo ammettere di conoscerlo se la verità era un’altra, non serviva a nessuno che mentissi, soprattutto in un simile contesto.

«Non conosco la risposta. Piuttosto, non è uno scherzo questo, vero? Perché ti assicuro che non lo trovo per nulla divertente.»

«Pensi che ti mentirei su una cosa simile? Per chi mi hai preso? Per un idiota senza cervello? Per un mostro?» alzò la voce, incendiandosi in viso per la rabbia e risultando persino più carino.

Dovevo smetterla di pensare a lui in quel modo! Aaron non sembrava un bugiardo e, vivo o morto che fossi, non potevo desiderare mio fratello. Dovevo mettermelo in testa il prima possibile...

«Sono tuo fratello!» rimarcò lui, trafiggendomi il cuore. «Non sai quanto vorrei che non fosse così, quanto abbia desiderato con tutto me stesso il contrario. Mi sono innamorato di te quando avevo quattordici anni e non ho mai smesso, a sedici ti ho dichiarato il mio amore, ma mi hai respinto in malo modo. Non che mi aspettassi di iniziare una relazione, solo che non riuscivo più a tenermi tutto dentro e volevo che tu mi aiutassi in qualche modo a… a farmi passare quello che provavo. Ma quando ti ho confessato i miei sentimenti, hai iniziato a urlarmi contro, definendomi un piccolo pervertito, uno scherzo della natura e poi-»

Aaron si interruppe, tremando talmente forte che udii i suoi denti battere gli uni contro gli altri. Provai a immaginarmi la scena che mi aveva appena descritto, ma nulla, non ero in grado di riviverla con gli occhi della mente. Aldilà di questo, comunque, non potevo credere di averlo ricoperto di insulti. Era mio fratello, quindi mi domandavo il motivo di una reazione così forte da parte mia.
Che mi avesse colto nel momento sbagliato? Eppure non ero mai stato il tipo di persona che se la prendeva con chiunque quando era di cattivo umore. Non mi riconoscevo nelle sue parole, per niente.
Come potevo averlo ferito, poi, se il suo dolore mi entrava sottopelle e mi veniva voglia di stringerlo, coccolarlo e promettergli di renderlo felice sino alla fine dei nostri giorni? Ciò che sentivo nei suoi confronti era forte e intenso, lo avevo avvertito fin dall’inizio, come avevo potuto insultarlo a quel modo? Forse i miei sentimenti passati, erano stati ben diversi da quelli attuali, ma non avrei dovuto proteggerlo, trattandosi del mio fratellino? Non avrei dovuto aiutarlo e rimetterlo sulla retta via?
E chi riporterà te sulla retta via?, sussurrò una vocina nella mia testa. Aaron era bellissimo e faticavo a staccargli gli occhi di dosso, parentela o meno.

Un'altra VitaWhere stories live. Discover now