Capitolo 8

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Mancavano pochi minuti alle undici. Erano trascorse quasi due ore da quando avevo lasciato Aaron, un’ora da quando Myron era uscito di scena e solo mezzora da quando avevo trovato una partner per la notte. Se non avessi fatto tutta la strada a piedi dal pub, del resto la mia idea era stata quella di rientrare con i mezzi pubblici, ora sarei già stato nel mio letto da solo, senza nessuno intorno, invece la rabbia mi aveva spinto a camminare, a macinare chilometri su chilometri.
Ed ora ero qui, profumato di doccia, a fissare la porta di casa come se si fosse tramutata in una bomba a orologeria.
Il suono del campanello mi spaventò, nonostante lo stessi aspettando. Allungai la mano sulla maniglia, stringendola senza però muoverla. Al secondo scampanellio mi decisi ad abbassarla, trovandomi di fronte la mia scopata della notte.
Ada era mora, occhi nocciola e un fisico snello e morbido. Non era solo bella, era anche molto piacevole e aveva testa, insomma, non era la classica oca. Amava divertirsi, certo, ma in lei c’era molto di più di quello che mostrava.

«Qualcuno qui è depresso,» affermò, sistemando il cappotto sull’appendiabiti all’entrata e lisciandosi il vestito giallo senape.

«Già,» grugnii, facendole strada in salotto e accomodandomi sul divano accanto a lei.

«Basil, preferisci vedermi in un altro momento?»

Se le avessi risposto affermativamente, si sarebbe limitata a darmi un bacio sulla guancia e se ne sarebbe andata senza fare storie. Ero davvero tentato di farlo, volevo farlo.

«No, va tutto bene,» la rassicurai, mentre brividi di freddo ghermivano il mio corpo.

«Ci penso io a te,» mi disse Ada, dolcemente. «Ti farò stare bene.»

Le sue piccole mani circondarono il mio viso e catturò la mia bocca in un bacio gentile, quasi temesse di vedermi scappare. Beh, l’intenzione c’era, peccato che non potessi permettermelo.
La allontanai, il tempo di metterla supina sul divano e mi sdraiai sopra di lei, affondando le dita nei suoi lunghi capelli e cercando le sue labbra, in attesa che l’eccitazione crescesse.
Avevo bisogno di lei e non mi ero pentito della mia scelta, assolutamente. Mi erano sempre piaciute le donne e Ada era la migliore che avessi conosciuto. Brava a letto, dolce, intelligente, con un carattere forte. Se avessi potuto scegliere di chi innamorarmi, avrei scelto lei.
Continuai a baciarla, accarezzandole i fianchi, premendo il mio sesso, non ancora completamente eretto ma sulla buona strada, contro il suo bacino.

«Hai sentito?» esclamò Ada, sobbalzando e fissando un punto dietro di me.

«Cosa?»

«C’è qualcuno fuori dalla porta, hanno appena bussato.»

Io non avevo sentito niente, avevo talmente bisogno di sesso da stare male quanto un drogato in astinenza da morfina.

«Basil, ci sei? Aprimi!» mi raggiunse la voce agitata di Aaron, nonché i suoi ripetuti colpi contro la porta.

Ada mosse le sopracciglia e sorrise: «Direi che adesso lo ha sentito l’intero palazzo.»

Sì, e se non volevo ritrovarmi a vivere in mezzo alla strada, era il caso che facessi zittire Aaron il più presto possibile.
Mi alzai dal divano, tremante, e dopo essermi dato una sistemata veloce agli abiti sgualciti, mi diressi alla porta, aprendola il tanto che bastava a vedere mio fratello.
Sembrava preoccupato e i miei sensi entrarono in allarme.

«Cosa succede?» gli chiesi, tenendo una mano sul battente per paura di cadere.

Perché non aveva scelto un altro momento? Perché si presentava quando non ero al meglio della mia forma fisica e mentale? Cazzo!

«I nostri padri… sta succedendo qualcosa a casa,» annunciò a stento. «Ti prego, vieni con me. Sono chiusi nel granaio, non sono da soli e ho paura. Mi hanno gridato di andarmene, che hanno tutto sotto controllo, ma non è così. Qualcosa non va, lo sento.»

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