Capitolo 6

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«Quindi non ricordi niente del tuo passato?» esclamò Myron stravaccandosi sul divano come se si trovasse a casa propria.

Era davvero bello, dovetti ammettere, oltre alla particolarità degli occhi c’era in lui una sorta di mistero e potere ammalianti.
Se ne stava sdraiato sulla schiena, le braccia piegate indietro e la testa che vi poggiava sopra. Le sue scarpe si erano volatilizzate e i piedi erano nudi, per il resto vestiva con pantaloni e polo in pelle bianca.

«Ma tu sei l’Halmek,» lo presi in giro. «Non dovresti conoscere già la risposta?»

Sinceramente, cosa volesse dire la parola Halmek proprio non lo sapevo, ma il modo di fare di Myron mi stava sulle scatole.
«Ma io la conosco, era solo una domanda retorica,» rispose pacificamente, socchiudendo gli occhi mentre valutava la mia figura. «Sei molto carino da guardare, ma se vuoi puoi sederti, non sei obbligato a stare in piedi.»

Ma tu guarda questo! Mi invitava ad accomodarmi nel mio appartamento? Si ricordava, vero, che era il mio divano quello su cui era disteso?
Myron si tirò a sedere, lasciandosi andare con le spalle contro lo schienale, battendo una mano sul tessuto del divano, affinché mi sedessi vicino a lui. Prima di guardarmi, fece spaziare lo sguardo nel mio salotto, lo sentii sbuffare e l’attimo dopo i suoi abiti cambiarono colore, diventando di un verde accecante.

«Un colore meno vistoso no, vero?»

«Decisamente no!» rispose con aria corrucciata. «Qui dentro è tutto bianco e grigio e un po’ di colore non guasta.»

«Ehi! Sono mobili di seconda mano ma sono tutti moderni!» ribattei piccato. «In ogni caso, quel colore è davvero fastidioso, è un pugno nell’occhio.»

«Sempre meglio della tua camera d’ospedale.»

«Con il carattere di merda che ti ritrovi,» gli gridai sul muso, «non metto in dubbio che tu possa averci trascorso gran parte della tua vita!»

Myron strabuzzò gli occhi e, inaspettatamente scoppio a ridere, una risata roca, sensuale e decisamente divertita: «Non è così, solo immaginarmi la scena è spassoso.»

Bene, il signorino non era mai stato messo KO, questo significava che era imbattibile e avrei dovuto guardarmi da lui.

«In ogni caso, perché non ti rifai l’arredamento? Fa davvero schifo e, credimi, è il termine più gentile che mi venga in mente al momento.»

«Sono qui in affitto ed era già arredato quando ci sono entrato. Come può essere affare tuo come decido di sistemarmi la casa?»

E che cazzo! Non aveva proprio di meglio da fare che rompere le palle a me?

«Piuttosto spiegami il significato della parola Halmek,» continuai, mentre mi chiedevo se era il caso di offrirgli qualcosa da bere. Ma non l’avevo invitato io, quindi poteva arrangiarsi.

Myron si fece serio e i suoi occhi diventarono gelidi, lame affilate che mi fecero rabbrividire sin dentro le ossa: «L’Halmek è un sovrano assoluto e l’unico, sul mio pianeta, con poteri totali. Le uniche cose che non sono in grado di fare sono manipolare la mente e i sentimenti di chi mi circonda e resuscitare i morti.»

Ottimo, significava che non poteva costringermi a fare nulla che non volessi. Beh, non era del tutto corretto, perché sebbene non avesse la capacità di entrare nella mia testa, poteva portarmi a fare ciò che voleva in moltissimi altri modi, dato che era superiore a me in tutto.
Quando notai lo sguardo attento di Myron, fisso sulla mia persona, mi resi conto di non avere valutato il resto delle sue parole.

«Dici che non puoi resuscitare i morti, eppure con me è successo. Mi prendi per il culo?» gli chiesi, alzandomi dal divano per poter guardare l’uomo nella sua interezza.

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