Capitolo III

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«Dovrei sapere qualcosa su Agapios?»
L'Imperatore Cesare Augusto IX si strinse nelle spalle.
I bui corridoi del Colosseo, che lo attraversavano verso il basso, erano scivolosi e umidi: Teresia arrancava ogni passo con fatica, pur mantenendo il suo sguardo regale e il mento verso l'alto.
«Non parla molto: preferisce star zitto» le disse, superando una colonna su cui era incisa una testa di una donna morta.
Teresia la guardò schifata.
La superò senza batter ciglio, mentre il vestito si inumidiva ai bordi che strisciavano a terra. Il suono dei suoi passi percuoteva l'aria umida e appiccicaticcia dei corridoi.
Sentiva dietro di lei seguirla il suo schiavo, Càsto. Non lo avrebbe mai ammesso, ma si sentiva al sicuro con dietro il suo schiavo armato della sua inseparabile ascia.
«Preferisce star zitto? Non penso proprio» fece stizzita Teresia, immaginando già la faccia del gladiatore: l'avrebbe guardata come desiderio, così come tutti gli uomini. Sentiva il bisogno di farlo sentire inferiore, inferiore a lei e a tutti gli uomini liberi.
Càsto si immobilizzò.
Teresia si girò, lanciandogli un'occhiata di fuoco.
«Allora?» gli domandò spedita.
Lo schiavo era impassibile; le indicò con un cenno della testa davanti a lei.
«Maestà, eccoci arrivati» le disse l'Imperatore, con voce solenne.
La fanciulla guardò oltre le spalle di Cesare. E vide un'enorme gabbia immersa nell'oscurità.
Cercò con gli occhi lo sguardo dell'Imperatore, alla ricerca di risposte.
I romani aveva un senso troppo sviluppato del mistero.
La gabbia puzzava: nemmeno lei, che aveva un cuore di pietra, avrebbe mai messo un suo nemico in condizioni del genere. Per di più, Agapios era un gladiatore molto famoso in tutto il Mondo Conosciuto.
«Vive qui le giornate di pausa?» domandò a Cesare, avvicinandosi con passi misurati alla gabbia.
Il volto dell'Imperatore fu illuminato da una lieve luce azzurra che veniva filtrata da una piccola finestra —se così la si voleva chiamare— in alto. Non sembrava umano, in quella macchia scura: era più un'ombra.
«Ha deciso lui questa sistemazione» rispose semplicemente Cesare, con un luccichio particolare negli occhi scuri.
"Ma certo" pensò ironicamente Teresia.
«Voglio parlare da sola con lui» ordinò invece, facendosi avanti.
La puzza le inondò le narici peggio dell'odore di Roma all'aperto.
L'Imperatore si strinse nelle spalle.
«Resterà delusa da questo incontro, mia cara» la mise in guardia, poi si voltò e scomparve indietro per i corridoi. A Teresia non sfuggì il lampo degli occhi con cui Cesare guardò Càsto, ma non ne fece una catastrofe.
Il silenzio prese possesso della piccola stanza.
«Càsto, resta alle mie spalle» gli ordinò, e si avvicinò alla gabbia.
Vedeva confusamente la sagoma del gladiatore.
Sorrise.
Sapeva che la stava guardando.
Il gladiatore si allontanò il più possibile dalla luce, facendo strusciare le catene che gli abbracciavano le caviglie.
«Morirai prima che tu possa riguardarmi una seconda volta, gladiatore» disse con voce cantilenante Teresia, facendo scivolare un dito lungo la sbarra di metallo.
L'uomo coperto dalla semioscurità si mosse e, colpito da uno spicchio di luce, la guardò con i suoi occhi: la fanciulla lasciò la sbarra, arretrando.
Quegli occhi erano intrisi di rabbia, ferocia, dolore, e tutti quei sentimenti umani che non aveva mai provato ma che ora le stavano bruciando la pelle come fuoco.
«Morirò felice, allora» ribatté il gladiatore.
Il suo volto era molto diverso da quello che si era immaginata Teresia: non era per niente grottesco, col volto sfrigiato da cicatrici profonde e senza qualche particolare facciale. Sembrava un uomo qualunque, con della peluria scura eccessiva attorno la bocca e il mento e capelli tagliati corti; aveva un volto abbronzato, come da vero grecus che si rispetti. Il suo sguardo una maschera di dolore, dolore che solo lui sembrava sopportare.
Non una cicatrice. Non una imperfezione.
Il suo volto era perfettamente bello, ma allo stesso tempo sembrava sporco.
Poi si ritirò.
Le catene che strusciavano sul pavimento della gabbia stridettero l'aria.
Il cuore della fanciulla batteva forte.
Teresia mascherò la paura con un volto di ferro. Si riavvicinò sicura, senza timore: Càsto, dietro di lei, avanzò di un passo.
«Te ne pentirai, gladiatore» sputò acida. «Tu non sai chi sono io».
Teresia attese una risposta.
Ma l'unica cosa che udì fu la risata di Agapios che andava crescendo, sempre più forte. I muri rimandarono indietro le risate ampliate del doppio.
Teresia rabbrividì.
«Cosa ci trovi di divertente?» alterò la voce, guardando l'ombra del gladiatore. «Sei dietro le sbarre, sei trattato peggio di un animale! Perché ridi?»
Il gladiatore mosse le mani, come per scacciare l'idea di risponderle. Indossava una semplice tunica marrone, forse che utilizzava da anni.
Tutta quella insolenza, che usciva poi da un corpo del genere, urtava molto l'orgoglio di Teresia.
Agapios si avvicinò alla luce, portandosi una mano sul volto per massaggiarsi le meningi.
Le sue mani, però, di cicatrici ne avevano molte, profonde e lievi che siamo.
A quel pensiero Teresia sorrise fredda.
«Ti porti sempre dietro il tuo animaletto da compagnia?» le chiese, indicando con un dito sporco lo schiavo.
Teresia divenne rossa dalla rabbia. «Lui non è un animaletto da compagnia, lui è...»
«È uno schiavo, sì sì, l'ho sentita tante volte» la interruppe Agapios, facendo un segno annoiato della mano. Anzi, era annoiato: i suoi denti bianchi risplendevano di luce azzurra.
«Hai osato interrompermi» disse calma Teresia, mentre la rabbia le faceva fremere le dita. Sorrise caldamente, aizzando i suoi occhi da serpente sul gladiatore. «Perderai tutto quello che hai, gladiatore».
Il gladiatore scosse la testa.
«Non riesci proprio a chiamarmi Agapios, dolcezza?» le fece, e alzò la mano prima che lei potesse ribattere. «No, ferma, non voglio sentire altro da sua maestà. Preferisco starmene qui, quindi, se potreste levare la sua eccellente presenza qui le sarei grata.»
Teresia lo guardò con disgusto.
Non si sarebbe mai aspettata una reazione del genere, non da un gladiatore.
Càsto mise una mano sull'ascia.
Gli occhi del gladiatore seguirono i suoi movimenti, e se la rise di gusto. La sua risata era spessa come una spina di grano, ma anche frusciante come il movimento del vento.
«Amico, è inutile che cacci l'ascia: gli servo vivo, e fino a prova contraria posso morire solo nell'arena» fece dei disegni in aria, sempre con quegli occhi persi: forse stava pensando di illustrare i suoi pensieri per aiutarli a comprenderlo. «Sono intoccabile, ecco» disse appena trovò la parola giusta.Un sorriso comparve sul suo volto.
«Non se io ordino di ucciderti» disse Teresia, cercando di risollevare il suo animo regale: lei era la tigre, lui il topo.
Com'è che non era riuscita ad abbassarlo? O a impressionarlo con la sua bellezza?
«Bah, fai pure, principessa» fece lui, guardando la catena attorno alla sua caviglia. «Non ho niente da perdere» aggiunse, sorridendo leggermente: alzò un sopracciglio in direzione della fanciulla, scosse la testa e sospirò.
"Come se io fossi una bambina" pensò Teresia, stringendo il pugno.
Quell'uomo, che poteva avere circa venticinque anni, la guardava dall'alto in basso seppur fosse a terra, con le catene ai piedi.
«Sono l'Imperatrice!» scoppiò Teresia, battendo il piede a terra. «E ora me ne andrò, gladiatore, a tuo rischio e pericolo».
Poi girò i tacchi, si risistemò l'elaborata acconciatura e se ne andò.
Càsto la seguiva lento e misurato, come sempre.
La fanciulla sentì dietro di lei il suono delle catene.
«Amo giocare con il fuoco!» le gridò dietro Agapios, ridendo come un pazzo.

«Ha perso il senno, ovviamente» disse a denti stretti, cercando di sorridere amabilmente: con la mano sinistra stringeva la forchetta con cui punzecchiava i piselli nel piatto d'argento.
«Vi avevo detto che sareste rimasta delusa, mia cara» rispose l'Imperatore, schioccando le dita: un servo portò una brocca d'acqua e gli riempì il bicchiere d'oro.
La reggia dell'Imperatore era immane, tutto in stile romano, come si confaceva a un ottimo Imperatore romano. E chi le capiva, le tradizioni romane!
Le stanze si diramavano come rami, seguendo uno schema del tutto illogico seppur l'Imperatore Cesare lo avesse descritto come la più grande invenzione degli ultimi secoli.
La reggia era nuova, di appena duecento anni, a forma semicircolare che si affacciava su un giardino con fontane e statue degli dèi. Il colore, simile al bianco traslucido, quando veniva toccato dai raggi del sole diveniva un arcobaleno di sfumature.
Le stanze erano grandi e spaziose, con mosaici romani e statue a tutto tondo che sembravano ballare per la stanza con la loro aurea di potenza.
La lunga tavolata, accostata da lunghe panche rivestite di velluto rosso, ricopriva tutta la stanza ed era addobbata con i più pregiati cibi che vi si poteva trovare sulla faccia del Mondo Conosciuto.
Nella sala da pranzo, in quel momento, erano presenti l'Imperatrice, il suo schiavo, l'Imperatore e alcuni dei più famosi senatori del tempo, accompagnati da due funzionari della repubblica e un medico di corte.
Teresia prese fra le dita il calice con il vino e diede un sorso, assaporando il sapore del liquido sulle labbra.
«Ebbene, prima mi stavate dicendo che avete in mente di apportare delle modifiche militari» incominciò, poggiando il bicchiere davanti al piatto: sentiva di avere su di sé tutti gli sguardi delle persone sedute al tavolo.
Vide con la coda dell'occhio l'Imperatore sorridere.
«Siete molto più sveglia di alcuni miei senatori, mia cara» la adulò, ma furono come delle spine per Teresia: poteva essere una minaccia come un vero complimento, non ne era sicura. «Ebbene sì, vorrei apportare delle modifiche. Il Regno Unito d'Africa sta ficcando troppo il naso nei nostri acquisti di schiavi e gladiatori, e la cosa urta molto noi romani: come ben sa, l'Africa è il luogo dove la vendita di schiavi è la più florida. Se perdessimo questo attracco, sarebbe una vera catastrofe».
«Immagino di sì» fece Teresia, lanciando un'occhiata al suo schiavo: se ne stava in un angolo della stanza immobile come una statua egizia. «E che mi dice dell'India?»
«Oh, l'India non è un problema» si intromise un senatore, ficcandosi in bocca un pezzo di carne. «L'Imperatore ha mandato loro degli aiuti per risolvere il continuo problema delle ribellioni, e ora sono in debito come non mai. Un solo loro attacco verso Roma e la loro fine sarebbe segnata, maestà».
Le sue parole risuonarono nelle orecchie di Teresia come un confuso trillo.
Sorrise, e tornò a concentrarsi sul suo piatto: piselli, legumi, carne di maiale e patate pressate che i romani chiamavano purè.
«Non ti preoccupare, mia cara» la rassicurò l'Imperatore, guardando uno ad uno le persone nella sala. «Egitto, Regno della Cina e Emirati Arabi sono sotto controllo. Il problema principale è l'Africa, ma si risolverà presto».
L'ultima frase sembrò più una minaccia che altro, ma Teresia si strinse nelle spalle.
«Capisco il vostro disagio, anch'io ho un grande e potente Impero sulle spalle» disse la fanciulla, lanciando un fugace sorriso all'Imperatore.
Quella sera, come era nella tradizione balcana, Teresia aveva indossato un lungo abito azzurro, due bracciali dorati sulle braccia e i capelli scuri sciolti sulle spalla in piccole ma piene onde: il colore azzurro ricordava il mare greco, i bracciali l'oro dell'Impero Ottomano e i capelli sciolti la tradizione vichinga della Scandinavia.
Nel complesso, il suo vestiario significava «amicizia» e «casa in casa straniera». E sperava fosse così.
L'Imperatore le lanciò un'occhiata apprensiva, con una punta di malizia. «Lo so, mia cara, ecco perché è stata una saggia decisione da parte tua scegliere un'unione matrimoniale per unificare i nostri due Imperi».
Teresia annuì.
Era stata una decisione dura da prendere, ed erano stati principalmente i suoi genitori, prima di lasciarle il trono, a firmare la decisione di matrimonio. Teresia, allora bambina, aveva accettato la notizia con i modi tipici di colei che sogna già il trono.
I senatori la guardarono curiosi, come uccelli del malaugurio che si aspettavano di vederla crollare.
La fanciulla sorrise.
«La migliore in assoluto» disse all'Imperatore, poi tornò a riguardare il suo piatto, che al momento sembrava molto più interessante di quella conversazione.

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⏰ Última atualização: Jan 03, 2017 ⏰

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