7) Ora del decesso: 22.33. Causa: sovraccarico da fascino-Jamie.

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«Rosie» qualcuno urla il mio nome.

«Rosie» questa volta sembra più vicino e mi scuote il braccio.

«Se non apri gli occhi di tua spontanea volontà, ti costringerò io con le maniere forti» mi sfila un cuscino e mi colpisce in faccia. Alzo a fatica le palpebre e maledico il giorno in cui l'ho incontrata.

Quasi tre anni fa. Avevamo quattordici anni e lei entrò nel nostro ristorante cercando un lavoro. Aveva litigato coi genitori e voleva dimostrargli che non aveva bisogno di loro. Naturalmente la sua avventura da teenager ribelle e indipendente non durò a lungo. I genitori sapevano dov'era, avevano anche parlato con mio padre e la stavano tutti assecondando finché non le fosse passato il nervoso. Bastarono pochi giorni, meno di una settimana di duro lavoro per farle cambiare idea.

«Dai Rosie, sono le sette. Quanto tempo dura il tuo pisolino? Ti chiamo da ore» mi scuote di nuovo.

«Mmm, mmm, mmm» grugnisco un discorso incomprensibile a orecchio umano.

Un'altra cuscinata.

«Ok, adesso mi arrabbio. È venerdì, voglio uscire e tu verrai con me.»

Apro gli occhi e la trovo a braccia conserte davanti al mio letto. «Io non voglio. Sto così bene nel calduccio del mio letto. Non vuole lasciarmi andare» mi giro dall'altra parte, dandole le spalle, sperando che si arrenda.

«Dai, è una settimana che non esci con me. Inventi sempre qualche scusa. Ti conosco.»

E' vero, mi conosce molto bene e infatti ci ha visto giusto. È più di una settimana che non esco la sera con lei e Sam. Visto che la maggior parte delle nostre serate le passiamo in locali dove suona Jamie, ho usato una scusa dietro l'altra per non andarci; il lavoro, un malore, le pulizie, un giorno dovevo vedere mia nonna (che non ho), il cane (che non ho) mi ha mangiato i compiti. Diciamo che sono un po' deboli come scuse, ma anche se non se le sono bevute, non hanno obiettato troppo.

«Per favore, Rosie. Andiamo a mangiare qualcosa e poi al Punches da Sam» si siede dietro di me.

Mi dispiace averli evitati per una settimana, soprattutto Sam che mi ha chiesto svariate volte di andare a casa sua, ma dopo l'ultima visita in casa Brown, ho sviato i suoi tentativi con destrezza. Forse sto esagerando. La mia paura mi sta facendo comportare da pessima amica, soprattutto perché loro non conoscono il motivo. Mi sto lasciando condizionare troppo da uno sconosciuto e non va bene. Posso andare dove mi pare e fare quello che ho sempre fatto, evitandolo.

«Allora?» incalza Ginnie.

Comunque, credo di non avere scelta, se conosco bene la mia amica, mi trascinerà fuori da questo letto con la forza, tirandomi per i piedi. Non si arrenderà mai.

«Sto perdendo la pazienza. Non rispondo delle mie azioni» mi giro e non posso fare altro che ridere per la sua determinazione.

«Va bene. Dammi mezz'ora» sorride compiaciuta per essere riuscita a strapparmi dal mio letargo anticipato.

Che pazienza.

~~~~~~

Mezz'ora dopo siamo fuori e stiamo scendendo giù alla metro.

«Mi dici come mai ci hai evitati come la peste in questi giorni? Soprattutto Sam. Ce ne siamo accorti, sai? Quindi non fingere che non sia così e non raccontare frottole perché ti spingo giù dalle scale» minaccia con espressione buffa.

«Credo che dobbiamo fare qualcosa per il tuo continuo uso della violenza per ottenere ciò che vuoi. Non è sano, sai?»

«Non cambiare discorso.»

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