42) E' qui la festa?

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Dopo avermi scorrazzata da un negozio all'altro per l'acquisto di alcool e cibarie varie, finalmente Noah decide che è giunto il momento di andare alla festa.

Quando mi disse che vive a West London mi aspettavo di ritrovarmi nel famosissimo quartiere colorato di Notting Hill, adatto a dei giovani universitari che hanno il divertimento a portata di mano.

Invece la zona che stiamo attraversando in auto è l'esatto opposto. Il St. John's Wood: il quartiere "in" e più rinomato di Londra, e non solo perché i Beatles decisero anni fa di farsi un giro da questi parti, ma perché è una delle più benestanti, con le case più lussuose e costose del mondo.

Niente a che vedere con quelle a schiera di White City, il mio modesto e umile quartiere.

Sono delle ville a due piani ben distanti l'una dall'altra circondate da giardini ben curati proprio come questa davanti alla quale Noah ha parcheggiato.

Meravigliata e confusa, mi giro verso di lui per controllare se siamo nel posto giusto e a quanto pare, è così. Noah scende dall'auto mentre io osservo decine di ragazzi che sostano in giardino, alle loro spalle un fabbricato moderno composto da un'alternanza di mattoni marroni e muri avorio. La parte sinistra è tondeggiante e sporge verso l'esterno con lunghe vetrate che sicuramente regalano molta luminosità all'interno.

«Resti qui a sorvegliare la macchina?» la voce carica di scherno di Noah mi riscuote dalla momentanea contemplazione. È affianco alla mia portiera con una cassa di birra fra le braccia.

«È qui la festa?»

Lui scuote la testa in segno di assenso e dopodiché mi fa un cenno col capo per invitarmi a scendere.

Obbedisco. «La paga da cuoco deve essere buona se puoi permetterti una casa come questa» commento interessata, mio padre fa questo lavoro da anni e non può né comprarla né pagare l'affitto di questa "reggia"?

«Non posso lamentarmi. E comunque le spese me le divido con Joseph» replica secco, infastidito dalla mia curiosità.

Non ho mica insinuato che sia un delinquente?

Faccio per recuperare qualche sacco della spesa per aiutarlo, ma me lo impedisce e chiama un paio di ragazzi sul prato dicendogli di portare tutto dentro. Obbediscono anche loro senza troppe storie, forse per la prospettiva di mangiare e bere a sbafo, a discapito del portafogli di Noah?

Lui davanti e io dietro, attraversiamo il vialetto. Camminando fra gruppetti di gente ferma a chiacchierare o fumare, noto che nessuno gli fa cenno di saluto, o i tipici scambi di pacche sulle spalle, abbracci violenti, e cose da maschi.

Beh, alle feste non è detto che si conoscano tutti però lui è il padrone di casa.

«Sono tutti tuoi amici?» cerco di spezzare il silenzio che ci divide, ma lui non risponde.

Sulla soglia mi viene una specie di ripensamento, tentenno per qualche secondo mettendo a fuoco che mi sento a disagio, sola perché non conosco nessuno.

Resto a guardare l'ingresso finché il moro, che ha continuato a camminare, si volta e si accorge che mi sono bloccata. Piazza la cassa di birra in mano a un tizio, torna indietro serio e mi prende la mano.

Ancora.

La stessa sensazione di poche ore fa si diffonde come fuoco, le sue dita bruciano a contatto con la mia pelle.

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