05 Chelsea

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05 Chelsea.


L'ultima settimana e mezzo è stata davvero faticosa, ma anche estremamente soddisfacente.

Quello di oggi è stato l'ultimo servizio prima del rientro di Jillian, la cuoca che andrò ad aiutare da ora in poi.

Me ne hanno parlato tutti benissimo, anche se non riesco proprio ad immaginarmela.

Theo mi ha detto che è una donna dolce, ma allo stesso tempo severa. Disponibile, ma che non si fa ingannare facilmente.

Ha una figlia in piena crisi adolescenziale che sta crescendo da sola, anche se non è entrato nei dettagli.

Sono davvero ansiosa di conoscerla, anche perché lavoreremo quasi tutti i giorni gomito a gomito e non vedo l'ora.

Per quanto mi siano piaciuti, questi giorni sono stati anche molto stancanti. Non avevo mai cucinato per così tante ore di seguito e per così tante persone.

Ho scoperto che chi frequenta il locale ama riempirsi lo stomaco, non solo di birra, ma anche e soprattutto di alette di pollo e nachos.

La prima volta che ho visto il contenuto della cella frigorifera, sono rimasta senza parole.

C'erano un numero imprecisato di chili di alette di pollo.

Ho pensato fosse troppa roba, che nemmeno in una settimana sarei riuscita a cucinarle tutte, invece ho scoperto che tutta quella roba non era sufficiente nemmeno per tre sere.

Ho l'impressione che il locale faccia il suo guadagno più con il cibo che con l'alcool e da un pub del genere non me lo sarei mai aspettato.

Pensavo che avrei cucinato con calma, che avrei avuto addirittura dei momenti di stallo, senza nulla da fare, ma mi sbagliavo di grosso.

Se l'ora di pranzo con Theo è stata difficile da gestire, la sera è stata ancora più complicata.

La prima volta è stata davvero dura. Sono arrivata a fine turno esausta, senza nemmeno le forze per alzarmi dalla panca dello spogliatoio.

Lesley mi ha dato una mano ad arrivare alla macchina. Ho guidato come in stato di trance, non so proprio come sia riuscita ad arrivare al dormitorio senza schiantarmi. Ricordo solo che ad un certo punto mi stavo trascinando su per le scale.

Una volta in camera sono andata in bagno, mi sono tolta le lenti a contatto e poi mi sono buttata a letto.

Ho dormito nove ore filate.

La mattina dopo ero uno straccio, ma ugualmente sono andata a cercare Meredith, volevo andare a fare colazione con lei.

Purtroppo non era nella sua stanza, più disordinata e confusionaria del solito. Sembrava che ci fosse passato un tifone o che, semplicemente, non riordinasse da giorni.

Mi sono girata e ho lasciato perdere. Se fossi rimasta ancora un secondo ad osservare quel macello, mi sarei messa a pulire e riordinare.

I giorni successivi sono stati più o meno identici. La mattina mi mettevo a studiare, pranzavo con un panino al volo, e poi andavo al Blue Moon, oppure, se Owen aveva bisogno, andavo ad aiutare Theo per l'ora di pranzo, rimanevo lì nel pomeriggio a studiare, comodamente sdraiata sul divano dell'ufficio di Owen e poi mi mettevo a preparare le cose che mi sarebbero servite per la serata.

Ho scoperto che Theo aveva ragione. Lavorare al Blue Moon è davvero come avere una seconda famiglia e Owen sarebbe il "papà" di tutti. È sempre gentile e disponibile, attento ai bisogni dei sui dipendenti, che tratta davvero come se fossero dei figli.

Assoluta Perfezione. The Colorado Series #4 (COMPLETA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora