-CAPITOLO 1-

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PRONTI?
3....... 2...... 1.......
SI PARTEEEEEE!!!

Mi sveglio in un bagno di sudore.
Testa, collo, petto, pancia, mani: tutto è bagnato.
Le lenzuola sono aggrovigliate ai miei piedi, la coperta è completamente a terra.
Perfino i pantaloni del mio pigiama sono a terra.
Devo averli sfilati agitandomi nel sonno.
Non è la prima volta che mi ritrovo mezza nuda.
I capelli sono un disastro.
Tutti annodati e bagnati mi ricadono sul viso puzzolenti più che mai.
Anche la mia pelle non emana buon odore.
Sembra che sia passato uno tsunami dalle mie parti.
Mi metto seduta sul letto appoggiando le mani tra la fronte e i capelli.
Lo tsunami che travolge la mia vita si chiama INCUBO.
Anche stanotte, come tutte le notti, esso è venuto a farmi visita.
Sorrido e penso se mi abbandonerà mai. Scuoto la testa. No, non lo farà perché tutto ciò che sogno è accaduto realmente ed è impossibile cancellare dalla pelle qualcosa che ti ha privato della spensieratezza della tua infanzia. Non è un tatuaggio che puoi cancellare, no. È un qualcosa che ti prende l'anima, se ne impossessa, la disintegra e nessuno potrà mai rifartela nuova. È un qualcosa che ti ruba il corpo, non lo senti più tuo.
Ti ruba i pensieri e i sogni.
E ripensi a te bambina, quando cercavi di ricostruire tutto ciò che ti distruggevano con infinita pazienza, incollando i pezzi rotti uno ad uno ed esultando nel saperlo ancora tuo nonostante tutto.
Cerchi di fare uscire fuori dal tuo corpo quella bambina così coraggiosa, quella bambina che è sempre riuscita a rialzarsi.
Glielo devi per rispetto.
Ma non è così facile come potrebbe sembrare.
Non è facile quando la tua autostima è zero, la fiducia negli altri è...zero, gli incubi irrompono ripetutamente nella tua vita tutte le notti e i flashback durante il giorno.
Non è facile quando il tuo cuore straripa di dolore.
Questa è Alexandra Morrison.
Io. Diciotto anni all'anagrafe, quaranta sentiti addosso.
Io, bambina senza infanzia e senza adolescenza.
Io. Un cumulo di macerie.

Vado in bagno e apro l'acqua nella doccia.
Aspetto che si riscaldi poi, nuda, entro dentro e lascio che l'acqua bollente mi scivoli addosso. Mi insapono e sfrego più che posso la spugna sul mio esile corpo. Lo faccio tutte le mattine. È una routine. Strofino all'inverosimile, la mia pelle è rossissima.
Mi sento sempre sporca dopo il risveglio del mattino. L'acqua è sempre più bollente. Sono sicura che nessuno resisterebbe a tanto calore ma io sì. È come se volessi affliggermi una punizione. D'altronde tutto ciò che è successo, tutto ciò che ha stravolto la mia vita è stato per colpa mia. Dovevo stare zitta, subire in silenzio. Ora non starei qui, in questa casa sola con mia nonna.
Sole. Io e lei.
Rinchiuse entrambe nel nostro dolore, nel nostro silenzio. Sette anni fa lei ha perso una figlia, mia madre; io la mia famiglia. E da quel maledetto ventinove giugno la mia vita è cambiata.
Da una parte in meglio, da un'altra in peggio.
Mi manca lei, le sue carezze, i suoi sorrisi e perché no, i suoi mancati rimproveri. Pulisci, rifatti il letto, studia e così via.
I rimproveri che tutte le mamme fanno ai figli la mia non ha potuto mai farmeli perché me l'hanno portata via.
La nonna mi riempie di attenzioni, cerca in ogni modo di farmi stare bene, di non farmi mancare nulla, di farmi dimenticare. Ma è impossibile quando tutte le notti la realtà riaffiora nei tuoi sogni proprio per far sì che nulla venga dimenticato.
Esco dalla doccia, mi avvolgo il grosso asciugamano addosso per asciugarmi, asciugo velocemente i capelli con il phon e vado in camera per vestirmi. Come sempre decido di indossare un paio di jeans neri strappati al ginocchio una felpa e le mie amatissime vans. Ho sempre amato le felpe larghe perché in esse posso nascondere il mio corpo.
Nonna dice che mi devo vestire un po' più femminile e quindi cerca di comprarmi sempre delle gonne o delle magliette eleganti. Quei vestiti non li ho mai messi infatti stanno buttati dentro al mio armadio tutti arrotolati con ancora l'etichetta attaccata.
Una veloce occhiata allo specchio, giusto per verificare il mio aspetto insignificante così vestita e senza un filo di trucco a mettere in risalto i miei grandi occhi verdi, ed esco da lì.
Una volta scesa di sotto vado in cucina dove si trova già mio cugino a fare colazione. È da una settimana che è nostro ospite e non so quanto ancora resisterò prima di mollargli un cazzotto. Starà per qualche mese da noi visto che suo padre è dovuto partire per l'Arabia e la moglie è andata con lui mollandoci il figlio.
"È meglio che continui ad andare a scuola qui" ha spiegato la madre a mia nonna.
Lei, essendo lui un militare ed un bell'uomo, non si fida a lasciarlo partire da solo. La solita gelosia inutile. Come se per tradirti occorre andare fuori. Certe donne non le capisco proprio. I tradimenti avvengono davanti agli occhi e molto spesso non te ne neanche accorgi.
Comunque ora per un po' mi tocca sorbirmi mio cugino che per simpatia fa paura. E comunque non c'è mai. Sempre in giro con gli amici a combinare chissà quanti guai. Si, perché i suoi amici non sono quelli che intimoriscono solo a guardarli, maleducati e fuori di senno. Ma devo ammettere che lui è bravo a nascondere la sua vera identità dietro ad un aspetto pulito, educato, altruista.
Un gran bel falso.
Volete vedere realmente com'è? Con me tira fuori tutta la sua grazia, perché sa che non potrà mai ingannarmi frequentando la stessa scuola.
"Buongiorno" dico mentre metto a riscaldare il latte e guardandolo mentre si mangia tutti i miei cereali.
È un bel ragazzo, il solito stronzo della scuola, quello che corre dietro a tutte le gonne, quello che tutto fa tranne che studiare ma che viene sempre promosso grazie alle conoscenze dei genitori.
Il solito raccomandato.
Non andiamo molto d'accordo, infatti litighiamo ogni secondo, il più delle volte per cavolate.
"Buongiorno" mi risponde con la bocca piena di cereali.
"La nonna?" chiedo.
"È appena uscita per andare al mercato " dice mentre si pulisce il muso.
"Ok" rispondo guardando l'ora dal mio telefono.
Cavolo! È tardi e l'autobus è già passato, non farò mai in tempo ad arrivare in orario a scuola a piedi.
L'unica soluzione è chiedere a questa sottospecie di cugino un passaggio ma tanto già so che farà storie.
"Caro parente, finiscila di scloccare i miei cereali e dammi un passaggio fino a scuola!" dico mostrandogli la scatola vuota.
"Scordatelo! Se sei in ritardo è colpa tua che ci metti tre ore per farti la doccia!" dice mentre si mette lo zaino sulle spalle.
Mi chiedo cosa cavolo lo porta a fare a scuola se tanto li dentro non ci porta nemmeno un libro e una matita.
"Ok! Allora io dico alla nonna che due giorni entri e quattro marini" gli rispondo mentre incrocio le braccia.
"Oh va bene, ti accompagno, però muoviti" dice scoraggiato. Gli faccio un sorrisetto e mi dirigo alla macchina.
Mentre salgo sento che mi da della stronza. Caro cugino lo so che sono stronza, non serviva che me lo ricordassi tu. La vita a volte può costringerti a diventarlo. La mia, quella che mi ha resa così dura e fredda, tu neanche la immagini.

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