-CAPITOLO 5-

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Il mio orsacchiotto stretto nel mio cuoricino.
Il battito del mio cuore sempre più forte.

I suoi passi sempre  più vicini.
Sento già le sue mani pronte a colpirmi.
Una, due, tre volte.
Fino a non capire più niente.
Fino ad allontanare completamente la mia testa dal mio corpo.

Cerco di nascondere la mia Barbie, le ho appena riattaccato la testa che le era stata brutalmente staccata.
Il suo vestitino è stato completamente strappato ma non importa gliene farò uno più bello.

La porta della cameretta si apre lasciando entrare la persona che avrebbe dovuto proteggermi ed invece...

Sbarro gli occhi.
Ho sognato come sempre e come ogni volta sono immersa in un bagno di sudore.
Gli occhi bruciano ma faccio in modo che le lacrime rimangano dentro.
Non ho mai pianto e sicuramente non lo farò ora.

Vado in bagno, apro l'acqua della doccia e la lascio scorrere senza me dentro.
Mi spoglio, apro l'anta dell'armadietto, prendo la lametta e, senza pensarci due volte, infliggo tanti piccoli tagli sulle mia braccia.

Nessuno è a conoscenza di questi miei folli gesti.
Nessuno potrebbe capire il perché.
Passerei per pazza e io non lo sono.

Il sangue inizia a scorrere, lentamente, ed io non ho dolore ma sollievo.
Non lo sento, non puoi sentirlo se il dolore che hai dentro è mille volte più forte.
Il tradimento uccide più di ogni altra cosa soprattutto quando a tradirti è la persona che più amavi al mondo.

Entro dentro e mi lascio avvolgere dal calore dell'acqua bollente che scivola sul mio corpo.

È l'unica ad avere il permesso di toccarlo, sfiorarlo, lavarlo, vederlo nudo.
È l'unica a vedere i segni che mi infliggo, a pulirli senza chiedermi nessun perché, senza provare pietà per una ragazza che ha trovato in tutto ciò il modo con cui punirsi.

Esco e avvolgo il mio corpo in un enorme asciugamano.
Spazzolo i miei lunghi capelli e li asciugo senza perderci molto tempo.
Non m'importa di sembrare bella agli occhi degli altri.

Apro l'armadio e rovisto tra le mie cose in cerca del mio jeans preferito.
Poi trovo una felpa larga della Vans nera e la indosso.
Mi aiuterà a nascondere i tagli e la mia magrezza.
Preparo lo zaino e mi avvio in cucina a salutare la nonna.

"Ciao, io vado" le dico lasciandole un bacio sulla guancia rugosa.
"Non fai colazione?"
"No, sono in ritardo, perderò l'autobus".
"Può accompagnarti Damian".
Guardo mio cugino che sta finendo di fare colazione e dico
"Preferisco di no, ho appuntamento con Charlotte".
"Mangia questa almeno " dice mettendomi una barretta  Kinder in mano.
La prendo per farla contenta ed esco.
Girato l'angolo la butto nel cestino dei rifiuti.

Charlotte è davanti al cancello della scuola che mi aspetta come sempre ma stranamente non c'è Ethan a farle compagnia.

"Ciao, come mai sola?"
Lei invece di rispondermi con le parole mi fa cenno con la testa indicandomi la sua destra.

Mi volto verso il posto che mi sta indicando è noto il famoso quartetto.
Sempre insieme, come sempre.

L'unica cosa strana è che stamattina a parlare con Adam ancora seduto sulla sua moto (quella che tra un mese sarà mia) c'è Ethan.
Più che parlare danno l'impressione che stanno discutendo e non in modo tanto amichevole.

Non faccio in tempo a pensarlo che vedo Adam scendere dalla moto con scatto felino, prendere Ethan per il bavero della maglia, sbatterlo contro il cancello della scuola e dirgli qualcosa che però non riesco a capire.

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